Berlusconi, la guerra dell’Imu e il governo Letta

Silvio Berlusconi suona la carica, battendo su uno dei temi più cari a lui e al suo partito: l’abolizione dell’imposta sugli immobili.

«L’Imu sulla prima casa e sui terreni e fabbricati funzionali alle attività agricole – dichiara in modo perentorio Berlusconi – non si deve più pagare. Dal 2013 e per tutti gli anni a venire».

La nota dell’ex Presidente del Consiglio arriva puntuale nel giorno in cui il suo successore Enrico Letta, assieme al ministro dell’Economia e del tesoro Fabrizio Saccomanni, ha presentato le possibili alternative in tema di imposizione sugli immobili (con relativi oneri per le casse erariali), presentando l’ipotesi dell’abolizione totale come una delle più costose per il bilancio.

Berlusconi: sull’Imu battaglia di libertà

Il fondatore del Pdl non appare minimamente disposto a cedere sull’abolizione dell’imposta: “E’ un impegno che abbiamo preso nell’ultima campagna elettorale, lo stesso che è alla base del governo di larghe intese. La nostra è una battaglia di libertà: 4 famiglie su 5 sono proprietarie della casa in cui abitano e sulla casa fondano la certezza del loro futuro”.

Per Berlusconi non ci sarebbe solo “un impegno di fondo dell’accordo di governo con il presidente Letta”: l’abolizione dell’imposta sulla prima casa sarebbe soprattutto uno stimolo per far ripartire l’economia. A questo proposito, cita i 150mila posti di lavoro persi nel settore delle costruzioni (mentre la cancellazione dell’Imu rilancerebbe il settore immobiliare), nonché i 4 miliardi di euro in più nelle tasche degli italiani, che “sarebbero portati a spendere di più”.

Sulla stessa lunghezza d’0nda di Berlusconi, peraltro, erano intervenuti esponenti di spicco del Pdl per contrastare l’idea dei tecnici del Ministero del tesoro che sconsigliavano l’abolizione dell’imposta.

“Le analisi, gli scenari e le simulazioni del ministero sono sempre utili per approfondire, ma ora è il tempo delle decisioni. L’Imu sulla prima casa va abolita. Pacta sunt servanda” dichiara definitivo il portavoce del partito Daniele Capezzone, che parla anche di un extragettito fiscale che consentirebbe di togliere di mezzo l’Imu e di fare altri ritocchi al ribasso.

“La decisione di abolire l’Imu sulla prima casa è politica, spetta al governo assumerla e al Parlamento approvarla – aggiunge categorico il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani. Le ipotesi e le valutazioni dei tecnici del ministero dell’Economia, che noi conoscevamo e che oggi vengono rese di dominio pubblico, non spostano di una virgola la nostra posizione».

Di “linea dissennata” parla Fabrizio Cicchitto; Ancora meno tenero Maurizio Gasparri su Twitter: “Letta, di’ a Saccomanni di smetterla. Il governo serve, l’Imu sulla prima casa no. Saccomanni vuole lo sfascio? E’ ingenuo o ha un disegno?” Altrettanto minaccioso nei confronti del governo è il capogruppo alla Camera Renato Brunetta (“L’Imu sulla prima casa va eliminata, cosi’ e’ stato deciso, e cosi’ deve essere: niente furbizie e ipotesi folli. Saccomanni si ricordi che è un ministro tecnico: Il governo rischia? Di Letta mi fido”).

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Le ipotesi del Tesoro

Le polemiche del Pdl arrivano dopo che, in mattinata, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha messo in rete nel sito del suo dicastero un documento, intitolato Ipotesi di revisione del prelievo sugli immobili, nel quale sono contenute nove possibili scenari derivanti da diversi interventi sull’Imu.

Secondo i calcoli effettuati dai tecnici del Dipartimento del Tesoro, l’esenzione totale dall’Imu per l’abitazione principale beneficerebbe 17,8 milioni di contribuenti, ma il loro beneficio aumenterebbe al crescere del reddito complessivo, per cui si parla di “effetto regressivo” e di mossa “non pienamente giustificabile sul piano dell’equità ed efficienza del tributo”. L’abolizione dell’imposta fatta in quel modo (con conseguente necessità di compensare le mancate entrate per comuni) comporterebbe un esborso di 3,4 miliardi di euro per le casse statali.

Il documento del Ministero indica anche altre ipotesi, come l’incremento non selettivo della detrazione di base dell’IMU prevista per l’abitazione principale (costerebbe tra 1,3 e 2.7 miliardi), la rimodulazione selettiva dell’esenzione sulla prima casa (tra 1 e 2,2 miliardi), la riduzione in base all’Isee (2 miliardi, ridotti a 560 milioni se limitata ai disagiati).

Si sono immaginati anche l’intervento sull’Imu contestuale ad altri tributi (in particolare agendo sull’Irpef), la deducibilità dell’Imu per le imprese (costerebbe 1,25 miliardi di euro), la restituzione ai comuni del gettito derivante da capannoni e altri immobili (4,66 miliardi), l’abolizione dell’addizionale comunale Irpef con aumento dell’imposta (3,4 miliardi di euro), nonché l’abolizione del pagamento della prima rata Imu sospeso mesi fa per decreto (richiederebbe 2.4 miliardi).

Vari sindaci (a partire dal genovese Marco Doria e dal bolognese Virginio Merola) hanno concordato con la linea di Saccomanni che punta a una rimodulazione dell’imposta, senza una sua abolizione. Avevano già suscitato scalpore le dichiarazioni del sottosegretario all’economia Stefano Fassina (Pd), il quale aveva ricordato che “Letta non aveva parlato di eliminare del tutto e per tutti l’Imu, ma di un ‘superamento’ dell’attuale sistema di tassazione sulla casa. E poi, mica solo col Pdl sono stati presi impegni. Anche col Pd. Non ci sembra giusto non far pagare l’Imu a chi ha una casa di 400 metri nel centro di Roma, per poi non avere soldi da destinare a cassintegrati, disoccupati ed esodati o per evitare l’aumento dell’Iva”.