Attentati Parigi: il nuovo alibi di Italia e Francia per non tagliare la spesa

Attentati Parigi, curve dei deficit di Paesi europei

Attentati Parigi: il nuovo alibi di Italia e Francia per non tagliare la spesa

L’uomo, si sa, è abile nel trarre vantaggi dalle situazioni più difficili, per ricavare anche dalle tragedie un motivo di guadagno, volontariamente o involontariamente.

Del resto fu grazie alla Seconda Guerra Mondiale che gli USA uscirono definitivamente dalla Depressione e iniziarono quel dominio dell’economia mondiale che diede nome al secolo, un secolo americano appunto. Gli esempi tuttavia sarebbero molti di più.

Attentati Parigi: la Francia non rispetterà il Patto di Stabilità

Che la Francia non abbia mai sopportato molto il limite del 3% sul PIL al deficit è cosa risaputa. Un Paese che spende il 56% del reddito mentre tutto il resto dell’Europa rimane sotto il 50% e che dell'”eccezione francese” ha fatto un punto di orgoglio. Ovvero di un modello economico fortemente centralizzato, con un intervento statale massiccio che preferisce la protezione del welfare e della produzione nazionale alla libertà di commercio e di fatto anche alla crescita. Da qui l’opposizione a molte parti del TTIP, il Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti tra UE e USA, per paura dell’invasione di prodotti, anche culturali, americani.

Chiaramente è una strategia che sconfina oltre l’ambito economico e raggiunge quello dell’ideologia, la difesa dei “campioni nazionali” contro l’arrivo di multinazionali straniere come una lotta contro barbari non acculturati che privilegiano il profitto. La Francia è anche l’unico Paese in cui i dirigenti d’azienda vengono sequestrati o picchiati se un programma di tagli e risanamento non piace.

Non che tutto ciò però porti molto beneficio alla Francia, almeno a vedere alcuni dati nudi e crudi. Nel 2016 è previsto che il suo PIL salga addirittura meno dell’Italia, al 1,4%.

Cosa molto importante, gli investimenti sono previsti in calo nel 2015 del 1,3% contro un progresso del 6,3% in Spagna e del 1,2% in Italia. E nel 2016 ci sarà un rimbalzo solo dello 0,7% contro una previsione di un +4% in Italia e +5,4% in Spagna.

Il rispetto degli odiati vincoli di Maastricht non sembrano molto un alibi, visto che di fatto non vi è alcun rispetto. Da anni la Francia li ignora, e anzi dal 2008 in poi non ha voluto mettere in atto un risanamento paragonabile a quello italiano o spagnolo e come si vede di seguito nel 2017 sarà il Paese con il deficit maggiore, sopra il 3%, tra quelli più grossi dell’euro.

Anche in un confronto con tutta l’area euro si vede come tra il 2015 e il 2017 la Francia passerebbe a diventare il Paese in maggior disavanzo, mentre ora è superato perlomeno da Spagna e Grecia.

 

Il debito rimarrà così intorno al 97% nei prossimi anni, uno dei quattro peggiori dell’area euro, dietro solo Italia, Grecia e Belgio.

Tutti questi dati saranno però ora da rivedere in peggio. Parlando come se la Francia fosse un Paese che dall’esterno era stato costretto a fare sacrifici di risanamento, il premier socialista Valls ha detto che a causa della maggiore spesa per la sicurezza il proprio Paese non considererà più una priorità il rispetto degli accordi presi con la Commissione Europa.

Del resto si è deciso di assumere 5 mila militari e poliziotti in più nei prossimi 2 anni, e 10 mila entro il 2020.

E nessuno certamente prevede di tagliarne in altri settori dell’immensa spesa pubblica francese, anche considerando la sicurezza un capitolo non comprimibile.

Cosa comporta tutto questo? C’è perlomeno un beneficio in termini di occupazione? No pare perchè è previsto che l’occupazione appunto salga nel 2016 del 0,8%, contro l’1% del nostro Paese e il 2,5% della Spagna, e solo dello 0,3% quest’anno contro l’1% dell’Italia e il 2,8% spagnolo.

E la disoccupazione in Francia rimane stabilmente sul 10%

Attentanti Parigi: Renzi in scia della Francia, fuori le spese per la sicurezza dal Patto di Stabilità

E l’Italia? Troppo forte la tentazione di trovare nuovi espedienti per non essere costretti a ridurre la spesa.

Dopo aver dimezzato la spending review da 10 miliardi a 5,8, o molti meno, intorno ai 3, se consideriamo solo i veri tagli, ovvero non quelli rispetto ad aumenti previsti, l’Italia continua quindi a sbizzarrirsi per trovare nuovi capitoli di spesa da escludere dal Patto di Stabilità.

La tattica italiana è diversa da quella francese, mentre Oltralpe non ci si preoccupa di superare il 3%, l’Italia, che si trova sotto questa soglia e subirebbe irreparabili danni d’immagine superandolo esplicitamente, preferisce considerare via via voci di spesa come particolarmente emergenziali o dei veri e propri investimenti e escluderli da computo. La lista si allunga, si è cominciato provando con le spese nell’istruzione, considerandoli investimenti, poi si è passati alle spese per l’emergenza profughi, ora è il turno delle maggiori spese per la Sicurezza, per un efficientamento maggiore dei Servizi, per la protezione del Giubileo.

La tattica prevede di approfittare delle varie emergenze, quella dei profughi o del terrorismo, sfruttare il momento emozionale, facendo quindi breccia anche in Juncker, non certo insensibile alla politica che va oltre i freddi numeri

Il punto è che l’Italia ha un debito maggiore di quello francese, al 132%, e la legge di Stabilità che dovrebbe contribuire a diminuirlo, oltre che a favorire la crescita del PIL, è stata rimandata dalla Commissione Europea, non a settembre ma a primavera. La Commissione ha stilato delle opinioni sulle varie leggi di Stabilità, dando un giudizio sul rispetto degli accordi presi in precedenza, e i risultati sono nella tabella di seguito

Come si vede l’Italia è indicata come Paese a rischio, con Austria, Lituania e Spagna. In quest’ultimo caso influisce la vicinanza delle elezioni di dicembre e la ritrosia del governo uscente nel fare manovre “pesanti”; la Spagna, come l’Austria e la Lituania, comunque hanno fondamentali migliori di nostri in termini di crescita e/o debito.

Il punto principale è la previsione di un deficit del 2,6% circa, mentre si doveva scendere sotto il 2%, e come si sa la scelta di privilegiare il taglio delle tasse sul patrimonio, sulla casa, a quelle sul lavoro.

Questa opinione che ci fa fare un’ulteriore figuraccia per fortuna del governo è uscita il 17 novembre, il lunedì dopo gli attentati di Parigi, quindi completamente coperta mediaticamente da quegli avvenimenti.

Tuttavia la buona stella non potrà esserci sempre nel lungo periodo, quando come accaduto finora le generazioni più giovani dovranno pagare le spese decise ora dai propri padri.