L’evasione fiscale e quelle stime che non vanno mai d’accordo

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L’evasione fiscale e quelle stime che non vanno mai d’accordo

E’ stato il passaggio più riportato e commentato del primo discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella di fine anno, per il resto non particolarmente memorabile. E naturalmente ha scatenato polemiche.

Soprattutto da coloro che contestano che l’argomento di quel passaggio – cioè l’evasione fiscale – sia effettivamente un problema, e che pensano anzi esso costituisca una “difesa” dall’invadenza e dall’eccessiva presenza dello Stato.

Sono 122 i miliardi di evasione fiscale per Confindustria

A prescindere da queste valutazioni di merito, quanto si evade in Italia?

Ne avevamo già parlato, ma gli ultimi dati più affidabili sono appunto quelli da cui Mattarella ha preso spunto: in Italia è presente un’evasione fiscale di più di 122 miliardi di euro, il 7,5% del PIL.

Al primo posto vi è l’evasione dell’IVA, di quasi 40 miliardi, seguita da quella dei contributi (34,4 miliardi) e da   quella relativa all’IRPEF (23,4 miliardi).

In particolare, è calcolato che in Italia si evade un terzo dell’IVA, più del doppio della media europea e il doppio di quanto avviene in Spagna. Solo la Grecia ci supera in questa classifica disonorevole.

Confindustria nel cercare le cause indaga le maggiori correlazioni con alcune caratteristiche strutturali dell’economia che sembrino più collegate a un’ampia evasione: naturalmente la prima è con una pressione fiscale eccessiva, ma in realtà questa appare essere la correlazione meno forte – seppur presente.

Invece, come si vede, c’è una corrispondenza quasi perfetta tra Paesi con maggiore evasione (misurata qui con il gap IVA), la percezione della diffusione di corruzione e tangenti e con una fiducia nei politici molto bassa, in cui l’Italia certamente primeggia in Europa.

Naturalmente c’è il rischio che si tratti di un rapporto di causa effetto bidirezionale, ovvero che ci sia poca fiducia nei politici perché c’è evasione, ma l’ipotesi è anche che avvenga il contrario, ovvero che la poca fiducia porti a evadere.

Chi evade? Evidentemente c’è un’altra forte correlazione tra alta presenza di lavoratori autonomi ed evasione, così come tra prevalenza di piccole aziende ed evasione. I settori in cui la gran parte del valore aggiunto, come anche dei dipendenti, si ha in aziende con meno di 20 lavoratori, sono quelli in cui si trova anche maggiore evasione, quindi quello delle costruzioni, del commercio, dei trasporti, nella ristorazione.

Così è più facile trovare evasione fiscale in quelle aziende che non esportano, e che si rivolgono praticamente solo al mercato interno, e sono sempre le stesse tra l’altro, che hanno pochi dipendenti.

Da queste considerazioni e questi calcoli emerge la stima di quanto riportato anche dal presidente Mattarella nel suo discorso, ovvero cosa si otterrebbe dimezzando l’evasione attuale. Secondo Confindustria il Pil aumenterebbe del 3,1%, ma di più i consumi (del 5,2%) e gli investimenti (del 5,9%); e soprattutto l’occupazione, che aumenterebbe di 355 mila unità, quindi molto di più rispetto all’aumento avuto finora con la nostra timida ripresa.

Evasione fiscale, le altre stime

Naturalmente dopo il dettagliato report del Centro Studi di Confindustra è questa la fonte più autorevole, ma questi temi si prestano sempre a una guerra di cifre,  che possono variare anche di molto, è sempre stato così.

Per esempio per Banca d’Italia, come riporta il Sole 24 Ore, l’evasione è molto più alta, almeno per il recente passato, tra il 16,5% e il 18,5% del Pil, più del doppio che per Confindustria.

Per Foreexinfo invece si va dai 150 ai 200 miliardi – anche qui più che per Confindustria – con un’incidenza del 10% e una diffusione però molto disomogenea, massima al Sud e nelle grandi città come Roma e Milano, dove del resto sono più diffuse quelle attività di cui prima si diceva: costruzioni, commercio, ristorazione e settore alberghiero.

In rosato e viola le province con evasione fiscale maggiore.

Secondo la stessa fonte ad evadere sarebbe il 20% dei contribuenti, e il 50% delle ditte individuali.

In base poi alle stime fatte dal governo con il DEF di aprile 2015 le imposte sottratte al fisco sarebbero circa 90 miliardi, quindi una stima molto prudenziale, più bassa anche di quella di Confindustria, derivante da un’economia sommersa valutata in circa 190 miliardi.

Insomma, non c’è accordo sulle cifre ma vi è sulle cause e le correlazioni, con un peso fiscale tra i più alti in Europa, una struttura economica arretrata, fatta di piccole imprese, partite IVA spesso impoverite, piccole attività commerciali poco controllabili, una sfiducia verso lo Stato e la sua onestà ed autorevolezza.

Tutto alla fine lì ritorna, all’esigenza di riforme profondissime.