L’asse Renzi-Napolitano su referendum e legge elettorale

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Matteo Renzi sta girando le Feste dell’Unità di mezza Italia e nei suoi comizi per il “Sì” al referendum costituzionale di novembre fa sempre e solo un nome: Giorgio Napolitano. Lo ha ribadito anche venerdì alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia: “questa riforma ha un nome e un cognome, quello di Giorgio Napolitano, grazie al quale questo paese è ancora in piedi”. Sebbene ieri l’ex Capo dello Stato abbia cercato di smorzare le personalizzazioni fino a smentire il Presidente del Consiglio (“la riforma non è mia, né di Renzi ma quella nata dall’intesa raggiunta in Parlamento”), i due stanno facendo asse per rafforzare il fronte dei favorevoli alla riforma. Un altro indizio di questo rinnovato rapporto è dato dall’apertura “vera e sincera” di Renzi a modificare l’Italicum, come chiesto a più riprese dallo stesso Napolitano. L’ex inquilino del Quirinale infatti ieri ha detto: “alcuni aspetti dell’Italicum vanno riconsiderati e Renzi dovrebbe promuovere una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno di incontro per apportare modifiche alla legge elettorale”. Subito, dalla Puglia è arrivato il placet del Presidente del Consiglio che in un’intervista a Telenorba ha invitato il Parlamento ad avanzare nuove proposte ma a costo di “fare una legge elettorale migliore di questa” e lo si può fare “in 3 mesi”.

Renzi e l’ipotesi Pronvincellum

Oggi, al comizio conclusivo della Festa nazionale di Catania, il premier potrebbe riaprire definitivamente il dibattito per dare uno scossone al Parlamento che, secondo Napolitano, dovrebbe muoversi autonomamente rispetto alla Corte Costituzionale, chiamata a decidere sulla costituzionalità di premio di maggioranza e capilista bloccati il prossimo 4 ottobre. Il Corriere della Sera parla già di un nuovo modello: il Provincellum. La nuova legge elettorale sul tavolo, simile a quella per le elezioni dei consigli provinciali, manterrebbe intatto il premio di maggioranza e il ballottaggio tanto cari al premier, con l’aggiunta dei collegi uninominali proporzionali per accontentare la minoranza dem. Non è la prima volta che nel Pd si discute di questo sistema elettorale. Lo voleva già Pier Luigi Bersani nel 2012 (alla vigilia delle primarie vinte contro Renzi) in vista delle elezioni del febbraio 2013. Ai tempi, non se ne fece niente. Oggi, invece, qualche spiraglio in più c’è.

Referendum, Napolitano: il “No” mette a rischio il Paese

La campagna referendaria di autunno è stata aperta ufficialmente da Napolitano che ieri ha rilasciato un’intervista particolarmente ricca al direttore di Repubblica Mario Calabresi. Oltre alla “riflessione” sulla legge elettorale, l’ex Capo dello Stato ha anche cercato di smorzare la “guerra” quotidiana sul referendum invitando ad una discussione sul merito della riforma: “Vedo molte smemoratezze tra politici e tra studiosi che sembrano aver dimenticato tutto il lungo iter di riflessioni e di vani tentativi di rivedere la seconda parte della Costituzione. Oggi non si tratta solo di recuperare un abnorme ritardo ma di vedere come è ridotto il nostro quadro istituzionale per non averlo riformato prima. In particolare come è stato mortificato il Parlamento, e stravolto il processo legislativo, da pesanti, croniche forzature. Questa riforma ne può consentire il superamento, e rappresenta oggi, specie per questo, una priorità e un’urgenza”. Poi Napolitano ha anche espresso tutta la sua preoccupazione per una decisione che “mette a rischio la continuità e l’azione del governo” ed “espone il Paese a serie incognite in termini di convulsione politica e istituzionale”. Immediate le repliche piccate dei partiti di opposizione. “L’anziano comunistra, traditore dei cittadini, non conosce vergogna” ha risposto il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, sulla propria pagina facebook.

 

@salvini_giacomo