Ecco perché l’Italicum rischia la bocciatura

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Ecco perché l’Italicum rischia la bocciatura

La nuova legge elettorale dell’Italicum, entrata in vigore presso Montecitorio il primo di luglio, si trova adesso a dover fare i conti con l’importante verdetto della Corte costituzionale, previsto per il 4 di ottobre, circa la liceità dei ricorsi presentati da alcuni Tribunali, nella fattispecie quelli di Messina e di Torino.

Il sistema d’elezione rischia dunque d’essere tacciato di incostituzionalità e di essere, almeno in parte, bocciato e rispedito al mittente.

Italicum: i nodi critici all’esame della Suprema corte

Sono tre i punti dirimenti della legge elettorale che rischiano di inficiare considerevolmente, qualora dichiarati incostituzionali, la struttura dell’Italicum. All’interno dell’ordinanza presentata dal Tribunale di Torino, in tempo utile rispetto all’entrata in vigore della legge, i capitolati che più fanno tremare i polsi dell’esecutivo sono quelli riguardanti rispettivamente il premio di maggioranza, il divieto di alleanza tra partiti al ballottaggio e le candidature plurime. Tali appunti sono denominati quali “Quinto motivo”, “Sesto Motivo” e “Ottavo motivo”. Così, mentre nei corridoi di Montecitorio e di Palazzo Madama alcuni cantori di oscuri presagi già invocano i demoni della sonora bocciatura occorsa nella recente storia parlamentare ai danni del Porcellum, le toghe della Consulta dovranno esprimere un parere decisivo circa una legge, di fatto, ancora senza esempio di applicazione.

Proprio in virtù di tale differente approccio, le linee guida dell’istruttoria che l’Alta corte sta valutando ricalcano in parte quelle intraprese per la valutazione del Porcellum, ma stante la peculiarità dell’Italicum, si fa notare dagli ambienti giuridici, è in corso una “attenta disamina più critica che consuetudinaria”. Il fascicolo dell’istruttoria si trova ad oggi nelle mani di Nicolò Zanon, giudice nominato nel 2014 dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Nel merito, le preoccupazioni maggiori dei giureconsulti si incentrano sul premio di maggioranza (il “Quinto motivo”) assegnato al partito vincitore al primo turno elettorale, grazie al conseguimento di una quota maggiore del 40% dei voti, oppure preferito al ballottaggio. Si fa notare la mancanza di una soglia di consenso per l’accesso al secondo turno. Senza tale limite minimo, si legge negli atti, “il premio di maggioranza non garantisce l’effettiva valenza rappresentativa del corpo elettorale”. Le attenzioni dei giudicanti si incentrano poi sul divieto di alleanza tra partiti e sulla conseguente vittoria della lista. Tale preclusione, costituente il “Sesto motivo” delle valutazioni giudiziarie piemontesi, risulta “irrazionale”. Dovessero essere accolte entrambe le eccezioni in questione, le fondamenta dell’Italicum, premio di maggioranza e preminenza delle liste, così come le strategie politiche del governo, ne uscirebbero totalmente stravolte.

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Meno allarmante seppur non meno incerta è la querelle legata alle candidature plurime, in altre parole la possibilità di potersi presentare in più collegi. Circa tale problema, leggasi “Ottavo motivo”, fonti governative escludono una bocciatura totale da parte della Consulta in favore di una soluzione di compromesso. Potrebbero essere stabiliti dei criteri minimi per la scelta dei collegi ripristinando dunque, per l’elettore, la lesa rappresentanza: una ipotesi sarebbe quella di imporre una prescrizione che sancisca, in base al numero maggiore di preferenze raggiunte dal candidato, il suo collegio d’adozione.

Riccardo Piazza