Elezioni 2018: frattura Lega-Fi, Berlusconi teme accordo Salvini-M5S

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Elezioni 2018: frattura Lega-Fi, Berlusconi teme accordo Salvini-M5S

L’unico governo che vedo possibile e’ quello del centrodestra unito con i 5 Stelle“. Sono le ultime dichiarazioni di Matteo Salvini. Bisogna partire da qui per capire che cosa sta succedendo sul fronte del centrodestra nelle ultime ore. Soprattutto, per chiarire quali siano le ipotesi più plausibili di formare un esecutivo che regga ai contraccolpi della prima fiducia.

Elezioni 2018: E’ tensione Berlusconi – Salvini su Cinque Stelle

La coalizione di centrodestra, che unita ha di fatto vinto le elezioni del 4 marzo, al termine del primo giro di consultazioni al Colle appare invece profondamente divisa. Il leader di Fi chiude ai grillini (‘‘no ai pauperisti a palazzo Chigi”) e apre invece alle forze responsabili, incluso il Pd: un governo per le urgenze, un ‘governo del presidente’ insomma, con tutti dentro fuorché i Cinque Stelle.

Perfettamente ricambiato da Luigi Di Maio, tra l’altro, che infatti continua a tenere fuori Berlusconi. Di segno opposto rispetto a Forza Italia la linea del ‘Capitano’ del Carroccio, che non vuole fare a meno di Luigi Di Maio e preferisce trattare con M5S, escludendo il coinvolgimento dei Dem. Divergenze di non poco conto, ed è proprio su questa frattura interna che Di Maio punta per disorientare gli alleati del centrodestra: accusato di voler spaccare il fronte opposto, ha infatti dichiarato di “non riconoscere una coalizione di centrodestra” e rivolgersi alla sola Lega.

Che ciascuno stia giocando una partita nella partita va da sé. L’attesa è per chi scoprirà le carte per primo e chi ha il jolly ma, soprattutto, qual è realmente il jolly.

Strategie e numeri, le ipotesi di governo dopo le elezioni 2018

Lega-Cinque Stelle, fuori FI?

Lo scenario che ormai va delineandosi accredita come maggiormente plausibili alcune ipotesi di esecutivo.

Prima. Lega e Cinque Stelle: una maggioranza di 347 seggi alla Camera e 167 al Senato. Discretamente sopra il minimo necessario, comunque al netto di alcune condizioni non di poco conto. Anzitutto, Di Maio dovrebbe riuscire a rompere l’alleanza di centrodestra, dividere Forza Italia dalla Lega. Da Via Bellerio, rassicurano che non vi sia alcuna volontà di rottura, anzi. Salvini spererebbe in un passo indietro di Berlusconi. L’ex premier di fronte al ‘niet’ di Di Maio a dialogare con FI ha deciso di ergere un muro.

Elezioni 2018: la situazione della Lega

Nel Carroccio la tesi è che sia Berlusconi in questo modo a rompere, ad uscire dalla partita. Il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, ha infatti dichiarato che “Berlusconi tatticamente ha sbagliato“, in riferimento alla chiusura nei confronti di un accordo con i grillini. Una provocazione non raccolta dal leader di FI, che intanto è tornato a Milano. Arroccandosi nel suo ruolo, ribadito a margine delle consultazioni, di garante della stabilità e dei conti pubblici, invocando per questo un governo di responsabilità, al suo posto manda avanti l’europeissimo Antonio Tajani: ”Non siamo disposti a subire umiliazioni da parte di chicchessia”.  Il timore che l’asse M5S-Lega sia più forte del previsto, fra gli azzurri, c’è. E c’è chi guarda alla prossima scadenza delle amministrative come a un banco di prova per un connubio che esautorerebbe Forza Italia.

Il sospetto sotto traccia in realtà è che il leader della Lega e il candidato premier dei pentastellati abbiano in tasca un accordo per un esecutivo. Con la mossa di marginalizzare FI, logorarla, metterla all’angolo, tra l’altro contando su un gruppo di parlamentari azzurri (voce prontamente smentita da Toti). Un esecutivo a tempo, insomma, da far partire dopo le elezioni in Friuli e Molise che preveda un taglio dei vitalizi per gli ex parlamentari e una legge elettorale ad hoc o, come piano B, tornare ad elezioni.

Elezioni 2018: Forza Italia guarda a PD, governo responsabile

Anche in virtù di questo rischio, il Cav sceglie la strada di restare all’opposizione e rimanere “credibili” di fronte all’Europa: rivendica legittimità, ribadisce nessuna partecipazione ad un ingresso in un governo da una porta di servizio. La strategia, di fronte ai tiri di Di Maio, è non lasciare tutto il potere di contrattazione nelle mani del segretario leghista, che in queste ore si affanna nei tentativi di mediazione per ricomporre il quadro nel perimetro del centrodestra a partire dalla propria leadership.

Berlusconi ha esplicitamente evocato una convergenza con il PD, magari per un governo istituzionale che tenga fuori M5s; il che potrebbe rappresentare l’unico argine per aggirare un accordo Di Maio-Salvini e delegittimare il leader leghista, che a quel punto si troverebbe a dover scegliere su quale fronte stare.

Elezioni 2018: Apparentamento M5s, PD, LeU

Se giocare d’anticipo è la strategia condivisa, a guardare al PD è anche il capo politico dei Cinque stelle che rilancia la sua proposta di contratto di governo alla ‘tedesca’. A qualche ora dal colloquio col Capo dello Stato, Di Maio ha annunciato che inviterà ad un incontro il segretario reggente del Pd Maurizio Martina (oltre che il leader della Lega, Matteo Salvini) con ogni probabilità ad inizio della prossima settimana, prima del secondo giro al Quirinale. Il Pd e il Carroccio restano di fatto, al momento, gli unici interlocutori dei Cinque Stelle. Nel dubbio, però, se Salvini possa mai cedere effettivamente alle lusinghe di Di Maio e accettare il suo aut-aut nei confronti di Berlusconi tenendo così fuori Forza Italia, il capo politico dei grillini corre ai ripari.

A cosa punta Di Maio

Io non ho mai voluto spaccare il Pd, mi rivolgo al Pd nella sua interezza“, ha dichiarato nelle ultime ore Di Maio, probabilmente tenendo conto, nei suoi calcoli, delle indiscrezioni che non escluderebbero una “fronda” renziana, variabile di complicazione nella matematica parlamentare. Di Maio potrebbe puntare su un apparentamento fra M5s, PD e LeU (in occasione delle consultazioni Grasso ha aperto alla possibilità di dialogo con i Cinque Stelle). Insieme, le tre formazioni conterebbero su una maggioranza di 347 seggi alla Camera (praticamente identico a Lega+M5S) e 165 al Senato. Poco, troppo poco margine per un governo che partirebbe già instabile, senza contare come detto le eventuali complicazioni, ovvero defezioni, sul versante renziano.

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Le alternative sul piatto, numericamente, pressoché si equivalgono il che complica ulteriormente gli equilibri politici che nelle prossime ore saranno più chiari. L’attenzione, adesso, è puntata ai contatti fra i leader dei partiti, prima del secondo giro di consultazioni al Quirinale. Al momento, per il centrodestra, non è ancora esplicito l’orientamento di andare insieme al Colle; ma si capirà nei prossimi giorni se i due schemi presentati, con Berlusconi che guarda al Pd mentre la Lega a M5s, possano trovare un punto di sintesi per sbloccare l’empasse di governo.

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