Certificato di malattia: quanto tempo si ha per inviarlo e chi deve farlo

Certificato di malattia: quanto tempo si ha per inviarlo e chi deve farlo

Certificato di malattia: quanto tempo si ha per inviarlo e chi deve farlo

Il diritto del lavoro prevede regole rigide ed obblighi anche per il lavoratore che, in un dato momento, non gode di buona salute. Infatti, in ipotesi in cui un lavoratore dipendente si ammali o debba comunque svolgere controlli e visite mediche per l’insorgenza di una patologia, va comunque messo a disposizione del datore di lavoro il cosiddetto certificato medico, detto anche solitamente certificato di malattia. Vediamo di seguito di che si tratta in concreto, chi deve inviarlo ed entro quando. Facciamo chiarezza.

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Certificato di malattia: che cos’è e come viene informato il datore?

Sgomberiamo subito il campo dai dubbi: il certificato di malattia consiste in un semplice certificato emesso dal medico curante, nel quale viene acclarata ed attestata la malattia del lavoratore o comunque viene segnalata l’impossibilità a recarsi sul luogo di lavoro per motivi di salute. Ricordiamo che negli anni il certificato medico per malattia è cambiato soprattutto per quanto attiene alle modalità di presentazione, in quanto è diventato telematico.

Quello del certificato di malattia è un obbligo che si correla a quello – anteriore a livello temporale – di comunicazione, da parte del lavoratore, della ragione che impedisce di andare al lavoro. Quest’ultimo obbligo è assolto anche in via informale, con una semplice telefonata ad esempio. I motivi alla base di questo repentino avviso al datore di lavoro sono dati dal fatto che, per questa via, l’azienda potrà prontamente sostituire il lavoratore, evitando così rallentamenti alla produzione. Ma come avviene di fatto l’invio del certificato di malattia, ovvero con quale meccanism viene reso noto al datore di lavoro?

Ebbene, l’iter è all’incirca il seguente: il lavoratore, dopo aver avvertito il datore di lavoro dell’impossibilità di recarsi sul luogo di lavoro, svolge la visita medica per chiarire il disturbo di salute patito; di seguito, il dottore invia il certificato redatto in modo telematico all’Inps e quest’ultima, a sua volta, invia per conoscenza al datore di lavoro il numero di protocollo in modo che questi possa fare chiarezza sui motivi dell’assenza del dipendente ed eventualmente domandare all’Inps di effettuare la visita medica di controllo, ovvero la visita fiscale. Quindi non è il lavoratore a dover gestire queste pratiche, bensì il medico curante.

Per completezza, ricordiamo che il certificato medico telematico si suddivide in due parti:

Essendo un documento telematico, il lavoratore può leggere i contenuti del certificato direttamente sul sito dell’Inps, ma può anche – in alternativa – domandarne una copia al proprio medico.

Qual è il medico che rilascia il certificato? Entro quando va inviato?

Potrebbero sorgere dei dubbi in merito a quale medico sia competente a redigere il certificato di malattia. Ebbene, di solito il dottore in questione è il medico dell’ASL a cui si è iscritti. Tuttavia, in caso di malattia iniziata in un giorno festivo, è invece la guardia medica a scrivere il certificato citato; in ipotesi invece di visita in pronto soccorso o di ricovero in ospedale per motivi di salute, spetterà alla struttura sanitaria emettere il certificato.

Venendo ora a chiarire entro quanto tempo va inviato detto certificato di malattia, dobbiamo rimarcare che c’è tempo fino al primo giorno dell’assenza, cui si somma quello successivo: sono dunque due i giorni disponibili per l’invio tempestivo.

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Concludendo, domandiamoci però che succede in caso di invio in ritardo, ovvero dopo il secondo giorno utile, dall’inizio del problema di salute. Ebbene, il lavoratore, in queste circostanze, perde il diritto allo stipendio con riferimento a dette giornate, e l’Istituto di previdenza non paga pertanto le giornate anteriori a quella della visita del medico curante.

Vi potrebbero essere rischi sul piano del rapporto di lavoro, in caso di ritardo nell’invio. Infatti, la legge ammette la possibilità del licenziamento per giusta causa, in circostanze di assenza ingiustificata; tuttavia, il comportamento del dipendente deve essere oggettivamente così grave da incrinare in modo irreparabile il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Come chiarito infatti da autorevole giurisprudenza, soltanto casi di consistenti ritardi o di ripetute assenze ingiustificate, anche a distanza di tempo l’una dall’altra, possono essere valida ragione di licenziamento.

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