Chi è Giovanni Brusca: il boss di Cosa Nostra rilasciato dopo 25 anni

Chi è Giovanni Brusca: il boss di Cosa Nostra rilasciato dopo 25 anni di carcere

Chi è Giovanni Brusca: il boss di Cosa Nostra rilasciato dopo 25 anni

Chi è Giovanni Brusca, il boss di Cosa Nostra che dopo 25 anni di reclusione è tornato libero? Arrestato a metà anni 90 dopo una breve latitanza, ha avuto un ruolo chiave nell’omicidio del giudice Falcone. A inizio anni 2000 ha cominciato a collaborare con la giustizia.  

Chi è Giovanni Brusca: il boss di Cosa Nostra rilasciato dopo 25 anni

Il noto boss di Cosa Nostra Giovanni Brusca ha lasciato il carcere romano di Rebibbia, dove era recluso da 25 anni, nella giornata di oggi. Lo aspettano altri 4 anni di libertà vigilata, però, prima di tornare definitivamente libero cittadino. Uno dei maggiori esponenti del clan dei corleonesi è stato scarcerato per effetto della legge 13 febbraio 2001 che permette, a chi collabora con lo Stato (i cosiddetti “pentiti”) di usufruire di determinanti sconti rispetto alla pena detentiva stabilita al momento della condanna.

“Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata” ha commentato la notizia Maria Falcone, sorella di Giovanni Falcone, magistrato anti-mafia che ha trovato la morte in un mostruoso attentato, l’attentato di Capaci (provincia di Palermo), il 23 maggio 1992. Ad azionare l’esplosivo che uccise il giudice, sua moglie e gli uomini della scorta fu proprio Giovanni Brusca.

Dall’attentato di Capaci al pentimento

Giovanni Brusca è stato arrestato nella serata del 20 maggio 1996, ad Agrigento: la caccia al latitante guidata dall’ex vicecapo di Polizia Luigi Savina, all’epoca dirigente del Reparto Mobile di Palermo, vide coinvolti circa 200 uomini delle Forze dell’Ordine. Brusca è stato uno dei protagonisti più sanguinari della stagione stragista dei Corleonesi.

Dopo aver preso il posto del padre Bernardo a capo del mandamento di San Giuseppe Jato (provincia di Palermo), entrò a far parte della cerchia stretta del Capo dei Capi Totò Riina. Diventato collaboratore di giustizia fu lui stesso a confessare centinaio di omicidi: uno dei più odiosi quello del giovane figlio del pentito Santino di Matteo, Giuseppe, di soli 11 anni, tenuto in ostaggio per anni prima, poi strangolato e sciolto nell’acido.

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