Pagella Politica: Il fact-checking del confronto Bersani-Renzi

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Ormai ci stiamo avvicinando alla fine della grande contesa: chi guiderà il centrosinistra alle prossime elezioni? Dello sfavillante quintetto di due settimane fa, visto in azione nel primo dibattito televisivo su Sky, ne sono rimasti solo due. Da un lato il rottamatore Renzi, dall’altro l’usato sicuro Bersani, nomignolo da lui stesso affibbiatosi nel delizioso gioco di “specchio riflesso” ormai ingaggiato per affrontare il “parvenu” fiorentino. Il primo all’attacco, beffardo e sfuggevole, a tratti rispettoso del segretario (un po’ come si potrebbe rispettare un nonno, a prescindere da quello che dice). Il secondo ecumenico, una specie di quercia che, a braccia aperte, tollera con pazienza le bizze del discolo che scalcia ai suoi piedi.

Parafrasando Highlander, “ne sarebbero rimasti soltanto due”: il Sindaco e il Segretario, le anime del centrosinistra più rappresentative che sembrano ormai aver spazzato via, nella furia della loro contesa, l’intera panoplia di dalemiani, bindiani e veltroniani, in una turbolenta e sorprendente ricomposizione dell’intera area politica a cui appartengono. Neanche l’esercito dei “Marxisti per Tabacci” avrebbe potuto impedire questa resa dei conti.

E allora vediamoli in azione, Renzi e Bersani.  Ieri, giovedì 29 novembre, si sono sfidati in un dibattito sulla rete ammiraglia, Rai 1, e hanno risposto alle domande di Monica Maggioni. Il fact checking di Pagella Politica era ovviamente presente, pronta a raccogliere e verificare le dichiarazioni più significative dei due candidati.

Come in occasione del precedente dibattito, i due contendenti si sono dimostrati particolarmente preparati, ben di più delle rispettive performance medie. Sarà che i due sfidanti, sapendo che sarebbero stati scrutati attentamente da intere redazioni di fact-checker schierate in assetto di battaglia, avranno fatto i compiti a casa.

Come era ovvio aspettarsi in tempi di forte crisi economica, la moderatrice ha cominciato con il tema che, più di tutti, assilla gli italiani: il livello delle tasse. Renzi ha avuto buon gioco a prendere le distanze dalle politiche dell’attuale Governo tecnico, suggerendo un innalzamento delle imposte sul gioco d’azzardo (a suo dire diminuite negli anni) per alleviare la pressione fiscale sui redditi delle famiglie. Peccato, però, che i numeri menzionati dal Sindaco si riferissero non tanto alla tassazione, bensì all’utile erariale, e che per questo svarione si sia beccato, grazie al beneficio del dubbio, un “C’eri quasi”.

Poco male, perché lo stesso Renzi, sempre spavaldo e ridanciano durante tutto il dibattito, ha poi infilato una serie ininterrotta di verità, dall’entità del fatturato annuale generato dalle attività mafiose alla composizione di genere della sua giunta comunale, passando per gli spasmi politici del passato Governo Berlusconi (quando, evidentemente, si riteneva opportuno che il capo della Consob votasse una mozione di fiducia parlamentare). Ciliegina sulla torta l’ammonizione a carico di un contrito Bersani sull’entità dei rimborsi elettorali intascati dai partiti negli ultimi 18 anni; stonatura finale, un fantomatico “secondo posto” dell’Italia nelle classifiche mondiali sull’aspettativa di vita. In realtà, indagando un po’ di più, abbiamo scoperto che il sindaco aveva spinto un po’ sulla graduatoria schiccherando fuori qualche fastidioso ed innocuo “microstato”; non importa, a meno che gli abitanti di San Marino o del Liechtenstein non se la prendano. In generale, un’ottima performance.

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Come se l’è cavata invece l’usato sicuro di fronte ad una tale, rottamante furia? Placido e sicuro della propria esperienza, tra una metafora ed un proverbio, Bersani ha imbastito la propria difesa spaziando dal pauroso calo del reddito reale negli ultimi cinque anni al disgraziato numero di donne uccise in tutto il Paese durante il 2011, per poi riagganciarsi, col piglio dell’ex-ministro per lo sviluppo economico, al dibattito precedente e concludere, quindi, con i dati più recenti sulla produzione industriale. Infine, di fronte all’impeto giovanile di Renzi, Bersani ha opposto la precedente esperienza da politico navigato, affermando chiaramente come il centrosinistra sarebbe quasi arrivato al fatidico dimezzamento dei parlamentari se il centrodestra non avesse fatto naufragare il progetto. Anche il segretario se l’è cavata egregiamente e ha confermato quello che sembra possibile notare in questo genere di dibattiti televisivi, cioè uno spiccato livello di preparazione da parte dei contendenti.

Uno scontro leale e rispettoso, quindi, conclusosi con un abbraccio ed il sornione accento emiliano di Bersani che, dando pacche sulla spalla dello sfidante, gli ha sussurrato: “Bravo Matteo”, conscio probabilmente del proprio vantaggio nei sondaggi. Avrà però convinto tutti questo dibattito? Lo sapremo fra qualche giorno, in occasione del ballottaggio, se avrà avuto la meglio la tattica aggressiva di Renzi o la placida difesa di Bersani. Di una cosa siamo certi, però: saranno in molti a non aver capito niente della metafora bersaniana sul passerotto nella mano o il tacchino sul tetto… Noi, almeno, siamo rimasti talmente interdetti dall’uscita del segretario, non nuovo all’utilizzo di arditi voli pindarici, che abbiamo voluto verificare anche questa. Abbiamo scoperto, quindi, che Bersani ha malamente citato un proverbio di origine tedesca, l’equivalente teutonico del nostro “meglio un uovo oggi che una gallina domani”. L’originale fa “Lieber den Spatz in der Hand als die Taube auf dem Dach” e in italiano suonerebbe con un “Meglio un passero nella mano che un piccione sul tetto”. Resta solo da capire perché Bersani abbia messo sul tetto un pasciuto tacchino piuttosto che un anonimo piccione: forse, inconsciamente, per ricordare ad un Paese ormai stremato da anni di crisi che, purtroppo, i tempi delle vacche grasse sono finiti.