Intrecci di governo, congressi e serrate: la settimana scandinava

Prossimo Governo in Norvegia. Secondo tutti i sondaggi, La Destra vincerà le elezioni norvegesi del prossimo 9 settembre. Ma con chi governerà Erna Solberg?

Ecco, questo ancora non è dato saperlo. Solberg ha detto spesso di voler dar vita a un esecutivo che raggruppi i quattro partiti oggi all’opposizione: Destra, Partito del Progresso, Partito Popolare Cristiano e Liberali – elencati in rigoroso ordine di grandezza. Ma più che una precisa rotta politica, quella di Solberg è prudenza strategica: a cinque mesi dal voto, la leader della Destra non esclude nessuno scenario pre-elettorale né post-elettorale.

Considerate le differenze tra i quattro partiti di centrodestra (su ambiente, tasse, immigrazione: e si potrebbe continuare) la tattica di Solberg è quasi obbligata. La possibilità di formare governi di minoranza lascia inoltre aperti molti scenari. Qualche paletto però cominciano a piantarlo gli altri.

In questi giorni a parlare è stata la leader dei Liberali, Trine Skei Grande: il suo partito non farà parte di un governo nel quale non sia presente anche il Partito Popolare Cristiano. “Non vogliamo un governo blu scuro” ha dichiarato: “Abbiamo bisogno anche del Partito Popolare Cristiano”.

Parole che piacciono ai diretti interessati visto che gli obiettivi sono i medesimi. Liberali e Partito Popolare Cristiano rischiano infatti di rimanere schiacciati tra Destra e Partito del Progresso, entrambi molto più forti elettoralmente.

Se uno solo dei due piccoli partiti dovesse diventare parte del futuro esecutivo norvegese, il pericolo sarebbe quello di diventare l’anello debole, avere poca voce in capitolo e pagare tutto in termini di consenso. A Erna Solberg non dispiacerebbe dar vita a un gabinetto con il Partito Popolare Cristiano e i Liberali, tenendo così fuori il Partito del Progresso – molto più scomodo, considerata anche la sua grandezza. Ma tutto dipenderà dai risultati del voto.

Intanto nella vicina Svezia si è chiuso il congresso dei socialdemocratici, principale partito di opposizione nel paese. Un appuntamento, quello dei laburisti, costantemente in equilibrio tra i problemi di oggi e l’inseguimento di un passato glorioso.

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Il leader Stefan Löfven ha dichiarato che l’obiettivo del suo partito sarà costruire una società che funzioni come una famiglia felice, dove ogni membro fa la sua parte. Göran Eriksson, analista dello Svenska Dagbladet, ha sottolineato come siano le stesse parole utilizzate nel 1928 da Per-Albin Hansson, primo ministro laburista negli anni ’30 e ‘40.

Eguaglianza, lavoro, partecipazione: sono questi i pilastri su cui Löfven dice di voler edificare la nuova Svezia, ammesso che riesca a vincere le elezioni del 2014. Nel frattempo un risultato sembra averlo portato a casa. Il congresso dei laburisti era atteso anche per valutare i rapporti di forza all’interno del partito. C’erano infatti da assegnare diverse poltrone nei ruoli nevralgici. Non è stato facile. Una situazione insolita nella storia dei laburisti, ha scritto il quotidiano Aftonbladet sabato mattina. Alla fine un accordo c’è stato. Ma per capire quanto sia stabile occorrerà del tempo.

La Danimarca invece è ancora alle prese con lo stallo nelle trattative tra sindacati degli insegnanti e Associazione dei comuni. In vecchio contratto di lavoro è scaduto a Pasqua e un nuovo accordo ancora non c’è. Le aule delle scuole restano deserte: centinaia di migliaia di studenti a casa e decine di migliaia di docenti in piazza a formare catene umane. Alcuni esperti di diritto hanno sottolineto come gli insegnanti non abbiano mai avuto una chance di spuntarla nel conflitto con i datori di lavoro.

Un esito annunciato, in pratica, e non è la prima volta che sui giornali danesi lo si scrive. Inoltre sembra che  governo e Associazione dei comuni avessero già stabilito mesi fa i nuovi parametri economici da adottare, molto prima che le trattative incominciassero. La politica per ora resta al di fuori dello scontro. I partiti continuano a dire che insegnanti e comuni devono trovare tra di loro una soluzione, nel pieno rispetto del sistema danese di risoluzione dei conflitti tra le parti.

Qualcosa però scricchiola e non da questi giorni: l’Alleanza Rosso-Verde, che appoggia dall’esterno il governo guidato dai laburisti, potrebbe fare pressioni affinché l’esecutivo intervenga per facilitare un’intesa. Per ora nessun intervento esplicito è stato annunciato. Quella che si sta combattendo nel piccolo paese scandinavo, del resto, non è solo una battaglia tra insegnanti e datori di lavoro: in gioco ci sono anche le future relazioni sociali, e il modo di risolvere le controversie. La strada che prenderà la Danimarca nei prossimi anni passa per le decisioni che verranno prese nei prossimi giorni.