Voto di scambio approvazione rinviata a lunedì Pd: «Ci saranno correzioni».

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Voto di scambio, approvazione rinviata a lunedì Il Pd: «Ci saranno correzioni». Proteste del M5S

È polemica sul testo che modifica l’articolo 406 ter del codice di procedura penale, riguardante lo «scambio elettorale politico-mafioso».

Dopo l’approvazione della scorsa settimana alla Camera, frutto di un accordo fra i partiti che compongono il governo di “larghe intese” (Pd, Pdl e Scelta Civica), la questione è arrivata in Commissione Giustizia al Senato, che ha però rinviato l’esame del testo.

Lo stesso Partito democratico, per bocca di Giuseppe Lumia (numero uno della Commissione Giustizia di Palazzo Madama), ha formalmente chiesto la riapertura dei termini per la presentazione di emendamenti migliorativi.

Circostanza che ha portato alla convocazione di un ufficio di presidenza con i rappresentanti dei gruppi che si riunirà – secondo le prime indicazioni – all’inizio della prossima settimana.

La causa scatenante il rinvio è la polemica scoppiata in queste ore sulla composizione del testo stesso, che recita: «Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. La stessa pena si applica a chi procaccia voti con le modalità indicate dal primo comma».

Una formulazione che, secondo Repubblica, ha provocato i malumori dei pm.

Tre i nodi da sciogliere. Primo: quell’avverbio, «consapevolmente», la cui presenza comporta il fatto che l’inchiesta debba forzatamente accertare la reale consapevolezza del fatto; secondo: la parola «procacciamento» che va a sostituire l’altro termine iniziale, «promessa», che meglio rendeva il significato dello scambio; terzo: i 10 anni previsti che sostituiscono i 12, particolare che potrebbe “colpire” i processi in corso per reati associativi (fra cui quelli di Cosentino, Ferraro e Fabozzi) portando gli avvocati a chiedere una riqualificazione del reato con effetti negativi sulla prescrizione.

Così com’è formulato – è, in sostanza, il timore dei magistrati – il rischio è quello di fare un favore alla mafia.

I senatori del Pd, Luigi Zanda e Anna Finocchiaro, hanno assicurato che saranno apportate delle correzioni. «È  necessario che un testo così importante e utile non metta in discussione alcuni processi in corso e non vanifichi la sua efficacia per alcune imperfezioni», ha spiegato Finocchiaro.

Critiche nei confronti dell’impostazione del testo arrivano anche dal Movimento 5 Stelle. Gli esponenti del partito di Beppe Grillo chiedono che il ddl venga esaminato in aula. «Il testo – spiega il senatore pentastellato Michele Giarrusso – risulta inaccettabile e noi abbiamo presentato degli emendamenti che chiederemo di votare».

Eppure per il presidente del Senato, Piero Grasso, non c’è la necessità che il testo venga esaminato in aula, anche se – argomenta – «il regolamento prevede che alcuni senatori possono chiedere che passi all’esame dell’aula».

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Sulla vicenda si sono espressi anche due illustri esponenti della società civile, Roberto Saviano e don Luigi Ciotti.

«La riforma della legge sul voto di scambio così com’è stata approvata alla Camera dei deputati – ha scritto l’autore dei “Gomorra” – non sembra affatto utile a disarticolare i rapporti tra mafia e politica: anzi rischia di essere solo poco più di una messa in scena».

Questo perché le mafie, ha aggiunto Saviano, «sono avanguardia economica e hanno meccanismi d’operatività ben più complessi che la semplice intimidazione. (…) Il voto di scambio è un sistema criminale che uccide la democrazia al suo più importante livello, nel suo luogo più importante: e cioè nella libertà del seggio elettorale. Abbiamo aspettato 20 anni per una legge efficace. Facciamo in modo di non sprecare questa occasione».

Secondo il fondatore di “Libera” è «necessario che venga affrontato tutto il meccanismo della lotta alla corruzione, che attualmente non c’è. La politica ha una grande responsabilità, legata alla coerenza e all’impegno profuso, ma soprattutto bisogna evitare che le parole diventino retorica. La lotta alla mafia non si fa solo in Campania, in Calabria, in Sicilia, ma si fa soprattutto a Roma in Parlamento con le leggi giuste, che oggi non riesco a vedere», ha concluso don Ciotti.