Referendum, minoranza Pd verso il “No”

bersani scuola

La minoranza del Partito Democratico voterà “No” al referendum sulla riforma costituzionale del prossimo 4 dicembre. I primi annunci sono arrivati tra ieri e oggi con interviste e iniziative di peso che potrebbero portare ad una rottura post-referendaria. Al “No” di ieri annunciato dal governatore della Puglia Michele Emiliano, si sono uniti l’ex capogruppo dem alla Camera Roberto Speranza e, soprattutto, l’ex segretario Pier Luigi Bersani che in un’intervista al Corriere della Sera dice: “in combinazione con la legge elettorale la riforma costituzionale cambia radicalmente la forma di governo. Si va verso il governo di un capo, che nomina sostanzialmente un Parlamento che decide tutto, anche con il 25% dei voti”. Per domani è convocata la direzione Pd che sarà dedicata interamente a legge elettorale e campagna referendaria. A meno di una mossa a sorpresa di Renzi (che non ci dovrebbe essere perché ormai ritiene la battaglia della minoranza puramente strumentale), il risultato è scontato: il partito andrà diviso verso il referendum di dicembre.

Referendum, nascono i “Democratici per il No”

La prima crepa nel fronte democratico è stata aperta ieri con l’istituzione dei “Democratici per il No” da parte dell’ex portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia, e dal consigliere regionale del Lazio, Riccardo Agostini. La decisione è stata presa ieri “con un nutrito gruppo di iscritti, militanti ed elettori del Pd e del centrosinistra” presso il circolo Pd di Testaccio. “Sono sempre di più gli elettori del Pd e del centrosinistra che stanno manifestando l’intenzione di votare No – si legge in una nota –. Pensiamo sia giusto rappresentare e sostenere le loro argomentazioni”. Il concetto è ripreso anche dall’ex Presidente dei deputati Pd, Roberto Speranza, in un colloquio con Repubblica: “Non neghiamo la realtà, una parte significativa degli elettori del centrosinistra è già sul No. Sono nostri elettori. E c’è un quel pezzo della comunità dem che purtroppo si sente già fuori dal Pd”. Speranza annuncia anche che “con l’Italicum, il nostro voto è No” e solo un’iniziativa del governo per cambiare la legge elettorale – ma non “con annunci generici” – potrebbe cambiare le cose.

Referendum, Emiliano: riforma invotabile

Nella giornata di ieri era arrivata anche l’ufficialità del “No” di Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia già in rotta di collisione con il premier sul referendum trivelle dello scorso 17 aprile. Nel primo pomeriggio, il governatore tuìtta un articolo scritto sul Manifesto dal costituzionalista Massimo Villone, dal titolo: “come smontare le Ragioni del Sì”. Dopo poco lo incalza il fuoriuscito Pippo Civati: “caro Michele, quindi, se ho capito bene, hai deciso di votare no?”. Risposta: “la riforma costituzionale è pessima, anche tecnicamente, e più la leggo più mi sembra invotabile”. A chi gli chiede chiarimenti, poi Emiliano specifica: “ho detto che la riforma è invotabile. Mi pare chiaro cosa farò” ma “non faró campagna referendaria per evitare divisioni insanabili nel partito”. Il governatore della Puglia respinge al mittente anche le accuse di voler “scalare il partito”: “la cosa non mi riguarda. Ho da fare il presidente della Puglia per altri quattro anni”.

Ora, la palla passa al premier/segretario Matteo Renzi. Se vuole evitare davvero una campagna fatta di veleni e scontri duri con la minoranza interna al suo partito, domani (o già oggi pomeriggio all’Arena di Massimo Giletti) dovrà fare delle aperture chiare sulla legge elettorale. Anche se l’idea è quella di non muoversi fino al referendum del 4 dicembre perché, sotto sotto, a Renzi l’Italicum piace così com’è.

@salvini_giacomo