Governo a qualsiasi costo? Ma per fare cosa?

Governo a qualsiasi costo?

Governo a qualsiasi costo? Ma per fare cosa?

In questi giorni concitati vediamo passare davanti tutte le ipotesi possibili e piano piano mentre il cerchio si restringe diventa sempre più probabile un accordo PD-PDL, così come era stato previsto già un una precedente analisi.

Le ragioni sono da ricercare sia in una cultura della politica che è oramai autoreferenziale, e che non ha alcun legame con i risultati reali da ottenere con la politica, ma fa riferimento ad interessi particolari delle persone coinvolte in queste decisioni.

”Faremo una grande coalizione e finalmente faremo le riforme”. Un momento, questa frase l’abbiamo già sentita a novembre 2011. Molti di noi ci hanno sperato, ma poi cosa è stato fatto? Quasi nulla perché il PDL ha bloccato quasi tutte le iniziative (qualcuna è stata bloccata anche dal PD sulla spinta del sindacato, altra forza conservatrice, che guarda caso spinge per avere “un governo a qualsiasi costo” ma che appena qualcuno tocca i suoi privilegi punta i piedi contro le riforme). Non è di molto tempo fa la notizia del processo per corruzione di Senatori che vede coinvolto De Gregorio. La incredibile pagliacciata del caso Terzi, orchestrata chiaramente dal PDL dà il segno ulteriore, qualora ce ne fosse bisogno di quanto sia affidabile e di quanto senso dello stato abbia questa forza politica. Non parleremmo tanto di “impresentabili” come diceva Lucia Annunziata per la “marcia sul tribunale di Milano“, quanto di inaffidabilità politica. Dalla Bicamerale in poi si potrebbe fare un libro di quelli grossi di patti non rispettati da questa parte politica, di trucchi, giochetti, inganni, furbizie, il tutto fatto in maniera spesso spudorata e sfacciata. E qui il punto nodale di tutta la questione: Fare un Governo a qualunque costo, ma per fare cosa?

Sembra la favola della rana e dello scorpione

C’è uno scorpione che chiede a una rana di lasciarlo salire sulla schiena e di trasportarlo dall’altra sponda di un fiume. La rana temendo di essere punta durante il viaggio si rifiuta; tuttavia lo scorpione sostiene che anche lui cadrebbe nel fiume e non sapendo nuotare morirebbe insieme alla rana. Così la rana accetta e inizia a trasportarlo ma a metà strada lo scorpione effettivamente punge la rana condannando a morte entrambi. Quando la rana sente la puntura dello scorpione chiede il perché del suo gesto e lo scorpione risponde: “È la mia natura”.

In realtà nella storia degli ultimi 20 anni lo scorpione non affoga mai e la rana ci casca tutte le volte.

C’è un video che sta tornando alla ribalta in questi giorni, ma pochi hanno capito il senso profondo di quello che viene detto rivediamolo insieme ancora una volta:

La voce che introduce il video è quella di Sabina Guzzanti, come molti sapranno, e il video è un estratto del film “Viva Zapatero!”. Violante all’epoca, siamo nel 2003, era capogruppo alla Camera dei DS (exPDS, exPCI), principale partito della coalizione di centrosinistra in quel momento, poi confluiti nel PD nel 2007.

La dichiarazione di Violante era stata scritta prima, quindi i suoi compagni di partito, e soprattutto Fassino che era li vicino ed era il suo segretario all’epoca, non potevano non sapere che si sarebbe fatto questo discorso e con queste frasi. Lo sapevano ma evidentemente o non si rendevano conto (cosa estremamente improbabile) che un discorso in parlamento ha anche un profondo significato politico, e che prima o poi ne devi dare conto agli elettori dei tuoi atti politici, oppure semplicemente non se ne importavano affatto, ritenendo che gli elettori non debbano porsi domande ma solo votare per loro quando gli viene chiesto, cioè ad ogni tornata elettorale. Sembra che Violante stia parlando in una riunione a porte chiuse insomma, e che qualsiasi cosa dica sia rivolta a chi è dentro quell’aula, mentre chi ne è fuori non conta assolutamente nulla.

Ma entriamo nel merito delle sue frasi. Lui lamenta che Berlusconi non stia rispettando i patti. Eppure loro hanno fatto tutto quello che gli veniva chiesto:

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– non lo hanno dichiarato inelegibile

– non hanno toccato le tv

– hanno permesso a Mediaset di fare salire il proprio fatturato di ben 25 volte

Sabina Guzzanti si chiede alla fine “in nome di quale mandato elettorale” e “nell’interesse di chi?”.

Queste sono due domande retoriche che hanno risposte molto semplici: nessun mandato elettorale e nell’interesse esclusivo di Berlusconi.  La domanda da fare sarebbe stata piuttosto “in cambio di cosa?”. Perché in tutta questa faccenda sfugge quale potesse essere nel 1994 il potere contrattuale di Berlusconi.

Parliamo evidentemente della caduta del Berlusconi I alla fine del 1994 (così dice nel video). Berlusconi non aveva più la maggioranza alla Camera dopo la rottura con la Lega, mentre al Senato la situazione era pure peggiore. Infatti nella “camera alta” la maggioranza non l’aveva mai avuta avendo eletto solo 157 senatori, quindi non aveva né la maggioranza degli eletti (158 su 315) né la maggioranza in aula, visto che all’epoca c’erano ben 11 senatori a vita che portavano il plenum alla ragguardevole cifra di 326 senatori (questo a causa della interpretazione della legge sulla nomina dei senatori a vita fatta da Pertini e Cossiga che a differenza della prassi attuale non prevedeva che ci fossero massimo 5 senatori a vita a nomina presidenziale ma che ogni presidente ne potesse nominare 5 indipendentemente da quanti ce ne fossero già in Senato).

Ottenne quindi l’iniziale fiducia al Senato grazie a dei “transfughi” ed ai senatori a vita, e grazie ad essi fece nominare presidente del Senato Carlo Scognamiglio interrompendo per primo la consuetudine di dare una delle presidenze delle camere all’opposizione. Al destino non manca il senso dell’ironia visto che di tutte queste cose Berlusconi stesso ne ha fatto cavalli di battaglia come cose che lui combatteva: “i ribaltonisti”, “i senatori a vita che tenevano in vita il Governo Prodi II” e il fatto che la maggioranza “pigliatutto” si prendesse sia la presidenza della Camera che quella del Senato.

Tutte cose che ha introdotto lui nel 1994 e tutte cose che gli si sono ritorte contro in qualche modo. Notevole la sua sfacciataggine nel lamentarsi di cose da lui introdotte, ma notevole anche la pazienza dei suoi avversari nel subire questa incredibile ipocrisia senza rinfacciargliela con la stessa forza.

Direbbe il Manzoni “se uno il coraggio non ce l’ha mica se lo può dare!”. Ma qui c’è qualcosa di più perché non basta la codardia a spiegare il comportamento del centrosinistra in quelle circostanze, devono per forza esserci delle altre ragioni che noi non conosciamo per spingere il PDS dell’epoca ad un patto così umiliante ed alla resa incondizionata verso un personaggio che con la rottura con la Lega, non aveva nemmeno lontanamente più la maggioranza, né alla Camera, dove prima era molto forte, né al Senato, dove la maggioranza non c’era mai stata.

La domanda è quindi “in cambio di cosa?”, perché hanno accettato in maniera così succube delle condizioni così umilianti per essere poi trattati in quel modo negli anni successivi. Cioè non solo si erano sottomessi in maniera totale ma venivano pure derisi insultati e umiliati.

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Guardate che quello di Violante è uno sfogo che sembra una caricatura di Corrado Guzzanti che dice “a Berluscò ti abbiamo portato l’acqua con le orecchie cosa vuoi pure una fettina di limone?.

Ma quale è la causa di questa sudditanza psicologica? Sindrome di Stoccolma? Sono stati convertiti e sottomessi mentalmente come in un racconto di fantascienza di Asimov sul ciclo della Fondazione? Oppure ci sono interessi economici e finanziari inconfessabili sotto?

In ognuno di questi casi è anche naturale che da parte di qualsiasi interlocutore ci sia diffidenza rispetto a questa classe dirigente del PD. Non a caso i nomi per il governo che si fanno sono sempre gli stessi: D’Alema, Amato, Violante, Finocchiaro, Rodotà, Marini, Castagnetti tutta gente che quando ci sono stati questi accordi erano ai vertici dell’allora PDS o del Partito Popolare (ex DC). Tutti che hanno dimostrato fedeltà ad un accordo comune nell’arco di questi ultimi 20 anni. C’erano già tutti i nomi che si stanno facendo, e tutti hanno rispettato le loro consegne (Berlusconi non le rispettava ma evidentemente poteva permetterselo essendo in una posizione, chissà perché, di evidente superiorità). Lo stesso Bersani era ministro dell’Industria nel 1997quando veniva approvata la legge Maccanico (Legge n. 249 del 31 luglio 1997sul riordino delle frequenze TV. Legge che non risolveva il problema delle frequenze di Rete4, venutosi a creare con la sentenza della Corte Costituzionale N 420 del 1994. Insomma non era necessaria una legge, bastava mandare i carabinieri o la guardia di finanza a sequestrare le antenne e dare le frequenze a quello che sarebbe diventato il legittimo proprietario ovvero Europa7.

Curioso infine il fatto che Violante nomini per ben due volte “l’onorevole Letta” (che poi non era onorevole ma solo sottosegretario). Che c’entrava Letta? Era evidentemente il garante di questo patto, che forse durava da molto prima visto che già negli anni 80 quando Scalfari portava con se Veltroni per negoziare una tregua sulla “guerra di Segrate” per il controllo della Mondadori e del gruppo l’Espresso”, Berlusconi portava con se Gianni Letta, che ora è ovviamente il suo candidato naturale al Quirinale. Letta è sempre stato il “Richelieu” di Berlusconi, la sua eminenza grigia, ne parlammo un anno fa circa.

Quando i due capigruppo del M5S parlando con Bersani dicono chiaramente che non si fidano del PD hanno in effetti dei validi motivi. Il PD ha un problema enorme di credibilità che deve recuperare con i fatti.

La Lombardi dice: “Abbiamo la credibilità per fare tutto questo, perché non sono 20 anni che promettiamo le stesse cose senza realizzare nulla di quello che è stato promesso durante le svariate competizioni elettorali”

Molto interessante è stata la risposta alla premessa di Bersani che aveva parlato di colloqui con le parti sociali, coi sindacati ecc. Gli è stato praticamente detto che loro non incontrano quelle parti sociali perché loro “sono” quelle parti sociali, esternando il fatto che non è solo il PD (o i partiti in generale) a mancare di credibilità, ma anche i sindacati e le associazioni di categoria, cosa di cui avevamo già parlato in passato.

Questo è senza dubbio il passaggio politico più interessante del colloquio tra Bersani e i rappresentanti del M5S. La sostanza è che il PD deve dimostrare coi fatti e non con le chiacchiere che vuole davvero combattere Berlusconi e il berlusconismo, perché finora non è che abbia proprio fatto molto per dimostrarlo. Anche i casi come quello di MPS ed i rapporti del PD con Verdini non aiutano a rendere più credibile la posizione della coalizione di Bersani.

Tutti hanno paura di nuove elezioni anche perché come abbiamo visto qui su Termometro Politico nessuna legge elettorale garantirebbe la governabilità, nemmeno una legge elettorale maggioritaria a doppio turno come la vorrebbe il PD.

Il problema è politico e non tecnico e si risolve solo con un ritorno di credibilità dei partiti, delle istituzioni, delle parti sociali, di tutto il sistema, che ha fatto strani giochi sottobanco, e si è comportata come se potesse fare qualsiasi cosa, senza dover dar conto a nessuno, per troppo tempo. Fino ad allora non ci resta che un inesorabile ma evitabilissimo declino, che se non fermato in tempo porterà a conseguenze disastrose.

Siamo nel momento in cui ci vuole coraggio coniugato a chiarezza, fra molti anni si parlerà di questo snodo cruciale della nostra vita. Speriamo che se ne parli bene.