Libia, Pinotti: “Pronti ad inviare almeno 5mila uomini”

Pubblicato il 15 Febbraio 2015 alle 10:43 Autore: Andrea Turco
ministro pinotti terrorismo

La situazione in Libia si fa sempre più difficile. Dalla radio di Sirte, ultima città libica a finire sotto le mani dei miliziani dell’Isis, il Califfo incita la popolazione alla guerra santa. E il ministro degli Esteri Gentiloni viene definito un crociato. Il rischio per l’Italia di avere un nemico a due passi da casa è forte. Per questo il governo studia un intervento armato sotto l’egida delle Nazioni Unite. “L’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente” afferma il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, in un’intervista al Messaggero.

“Ne discutiamo da mesi, ma ora l’intervento è diventato urgente. Mezzi, composizione e regole d’ingaggio li decideremo con gli alleati in base allo spirito e al mandato della missione Onu”, spiega. “In Libia, eliminato il tappo Gheddafi, le tensioni sottostanti sono esplose”, aggiunge, e ora “bisogna fare come nei Balcani, dove per scongiurare la bonifica etnica abbiamo invitato decine di migliaia di uomini e abbiamo contingenti dopo vent’anni per stabilizzare territorio”. Quanto al potenziale del Califfato, qualche mese erano stati stimati 25mila combattenti, ora secondo il ministro “potrebbero essere 30mila o anche più”, e sugli armamenti ricorda “i momenti d’ombra” sulla sorte della armi di Gheddafi. Quindi il ministro precisa che “ogni decisione e passaggio verrà fatto in Parlamento. Giovedì il ministro Gentiloni fornirà informazioni e valutazioni”.

ministro pinotti

L’ex premier Romano Prodi critica la gestione della crisi libica dopo l’intervento del 2011. “Dopo la caduta di Gheddafi bisognava mettere tutti attorno a un tavolo, invece ognuno ha pensato di poter giocare il proprio ruolo” spiega Prodi al Fatto Quotidiano. Se la Libia “è caduta nell’anarchia e nel caos più assoluti è un errore nostro. Delle potenze occidentali”. “La guerra in Libia del 2011 fu voluta dai francesi per scopi che non lo so… certamente accanto al desiderio di ristabilire i diritti umani c’erano anche interessi economici, diciamo così”. E “L’Italia ha addirittura pagato per fare una guerra contro i propri interessi, Berlusconi si è fatto trascinare dalla Francia ed è entrato in guerra”. Ora occorre far “sedere tutti gli interlocutori al tavolo e impegnare in un lavoro comune Egitto e Algeria. Non c’è altra via che non produca una situazione ancora più catastrofica di quella attuale”.

L'autore: Andrea Turco

Classe 1986, dopo alcune esperienze presso le redazioni di Radio Italia, Libero Quotidiano e OmniMilano approda a Termometro Politico.. Dal gennaio 2014 collabora con il portale d'informazione Smartweek. Su Twitter è @andreaturcomi
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