The Stock of NBA

Pubblicato il 12 Settembre 2013 alle 09:37 Autore: Redazione

Siamo alla fine del ventesimo secolo, e il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni… no, tranquilli, non atomiche prospettate da un celebre manga di quegli anni, bensì quelle atletiche di una nuova generazione di fenomeni del parquet capitanata da più celebre 23 in maglia rossonera di sempre. Sono anni in cui il basket NBA compie un salto in avanti clamoroso, aggiungendo ad un già immenso livello di tecnica anche un potenziale fisico inarrivabile per le persone normali.

Sono gli anni, come detto, di Michael Jordan, ma anche di Drexler, di Barkley, di Wilkins, giusto per citarne alcuni, perché l’elenco sarebbe lunghetto e probabilmente anche barboso. Tutta gente che, letteralmente, vola. Le immagini parlano da sole.

Tuttavia, e  per riprendere il preambolo del fumetto di cui sopra, la razza umana era sopravvissuta. Si aggirava infatti tra questi superman della palla a spicchi un ragazzetto bianco da Washington, 185 centimetri con probabilmente le scarpe addosso, 75 chili prima di andare in bagno la mattina, la faccia e l’aspetto di chi ti aspetteresti di trovare dietro una scrivania o allo sportello della banca e non a far la figura dell’agnello sacrificale in mezzo ai leoni della lega più forte del mondo.  Peccato che questo “agnellino” in mezzo ai leoni era solito banchettare. Nel vero senso della parola.

Facciamo un passo indietro. E’ il 1984 e per entrare in una NBA a 23 squadre (Dallas è l’ultima arrivata nel 1980) devi saper giocare per davvero. I riflettori sono tutti puntati sugli arrivi al draft dei vari Olajuwon, Barkley e Jordan, solo per dirne tre che la storia l’hanno scritta sul serio. Quando alla 16 a Salt Lake City chiamano il nostro scricciolo bianco, dalla gente davanti ai maxischermi partono fischi, di quelli potenti. La nostra storia inizia così.

Carattere schivo, timido e riservato, sotto i riflettori ci finisce  soltanto quando si trova sul parquet e lì la timidezza, come per incanto, svanisce. L’anno successivo gli scelgono un altro bravino, tale Malone Karl, un altro che due o tre pagine di questo gioco le ha scarabocchiate, diciamo così. I due si sposano cestisticamente alla perfezione, ma pure fuori dal campo il binomio diventa inossidabile, tanto da rendere difficoltoso il giudizio su dove terminasse la grandezza dell’uno e iniziasse quella dell’altro. Importa poco a dire il vero, soprattutto per chi vuole continuare a leggere la nostra storia.

John Stockton e Karl Malone

John Stockton e Karl Malone

Intanto il piccoletto in campo banchetta, dominando in una maniera che sta iniziando a vedersi sempre meno. Mentre tutto intorno è un crescendo di elevazione, velocità e atletismo il piccolo play bianco dimostra una visione di gioco, una gestione della squadra e un’ intelligenza cestistica a tratti clamorose. Sul parquet non è quasi mai appariscente e difficilmente lo si vede nelle 10 miglior azioni della serata, ma la sua squadra inizia a vincere e, tra un assist e una palla recuperata, anche i non addetti ai lavori iniziano ad accorgersi di lui. E ci mancherebbe.

John (potevamo trovare un nome meno comune o meno adatto a lui? Difficile..) però non è solo fosforo e tecnica. A qualche malcapitato l’idea di dominarlo fisicamente o di provare a metterla giù dura era anche balenata, salvo ritrovarsi ben presto ad assaggiare i suoi affilatissimi gomiti al primo pick ‘n roll disponibile. Sì perché sotto il finto mantello da agnellino John è anche un duro vero.

Tra le varie, innumerevoli statistiche che potreste trovare su di lui ve ne sono alcune totalmente irreali. Per esempio le 609 partite consecutive giocate senza mai saltarne una. Fermatevi un secondo a riflettere su questo numero. Seicentonove. Fanno circa sette anni consecutivi. Play off compresi. Se siete già increduli, a questo punto vi consiglio di non continuare la lettura. Eh sì perché poi trovare spiegazioni al fatto che detenga quattro record Nba di ogni epoca comincia a diventare difficoltoso sul serio.

Va beh, direte,  saranno record secondari. Buonanotte. Primo per assist (15,806-17,645 includendo i play off). Primo per palle recuperate (3,265-3603 play off compresi). Primo per vittorie consecutive della classifica degli assist (9). E per finire primo per percentuale dal campo fra le guardie. La media non ve la dico altrimenti rischiate di dover correre in bagno con nausea e vertigini. Va beh dai eccola: 51,5% in carriera. Ora correte pure a prendere un secchio.

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L'autore: Redazione

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