Saviano: “Per andare avanti mi servono gli psicofarmaci”

Pubblicato il 17 Febbraio 2014 alle 12:15 Autore: Gabriele Maestri
roberto saviano psicofarmaci

Ha raccontato in tutte le maniere la camorra e i suoi risvolti più scomodi, ha venduto cataste di libri da Gomorra in poi, ma è lui stesso a confessare che ora non potrebbe andare avanti senza ricorrere, di quando in quando, agli psicofarmaci. E’ una rivelazione tra lo scioccante e il temporaneamente rassegnato quella di Roberto Saviano, contenuta in un’intervista pubblicata dal quotidiano spagnolo El Pais, in Italia ripresa dal Mattino.

Che lo scrittore e giornalista viva perennemente sotto scorta è cosa nota, che la condizione fosse pesante altrettanto, ma non era mai capitato che raccontasse in modo così “nero” il suo stato: “Non posso fare niente nella mia vita senza chiedere il permesso – ha dichiarato -. Non posso partire quando voglio, non posso uscire con le persone che amo senza che queste debbano nascondersi per il timore di subire ritorsioni”.

roberto saviano psicofarmaci

E’ qui che Saviano racconta il particolare più indigesto, che ha allertato gran parte delle testate: “A volte mi chiedo se finirò in un ospedale psichiatrico. Io ora ho bisogno di psicofarmaci per andare avanti e non ne avevo mai avuto bisogno prima.  Non ne abuso ma di tanto in tanto ne ho bisogno. E questa cosa non mi piace. Quindi speriamo che finirà un giorno”. 

Roberto Saviano

A ben guardare, però, colpisce ulteriormente il modo in cui l’autore parla del suo successo più grande, Gomorra:  “Me he arruinado la vida“. Mi ha rovinato la vita. Difficile avere dubbi sul significato di questa frase, anche se lo stesso Saviano la spiega subito dopo: “Non credo sia nobile aver distrutto la mia vita e quella delle persone che mi circondano per cercare la verità. Avrei potuto fare lo stesso, con lo stesso impegno, con lo stesso coraggio ma con prudenza, senza distruggere tutto. Invece sono stato impetuoso, ambizioso”.

La situazione per Saviano è davvero pesante, al punto che, alla domanda se sia valsa la pena patire ciò che sta soffrendo ora, l’autore oggi risponde: “No. E so che quando lo dico, qualcuno può pensare: che codardo. Vale la pena cercare la verità e vale la pena arrivare fino in fondo, ma proteggendoti“. Con la consapevolezza che voler tornare indietro, una volta ottenuta la notorietà, significa “buttare via tutto quello che hai fatto. E qui la voce di ambizione sale spontanea: come gettare a mare tutto questo lavoro, tutto quello che hai”. In pratica, quasi una condanna a vita.

 



L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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