Immigrazione: i rifugiati siriani in America Latina

Pubblicato il 10 Settembre 2015 alle 14:18 Autore: Guglielmo Sano

Immigrazione: l’Unione Europea, che continua ad affrontare l’emergenza in primis riflettendo sul sistema delle quote di rifugiati, adesso, potrà contare anche sull’impegno dei paesi latinoamericani.

Immigrazione: lontani dal problema?

Solo in apparenza l’America Latina sembra lontana dai tumulti che attraversano il Medioriente e l’Africa. Da tempo l’Ue sta mostrando tutti i suoi limiti nella gestione dei flussi migratori. Ieri Juncker, presidente della Commissione Europea ha presentato il suo piano per il ricollocamento di 120mila rifugiati, dopo che, a luglio, era già stato approvato un piano per altri 40mila.

Tuttavia, un vero passo avanti consisterebbe nella creazione di un sistema che “automaticamente” prevedesse delle quote di distribuzione, tutte le volte che si verificasse un aumento improvviso degli arrivi. Già lunedì, in occasione di un vertice dei ministri dell’Interno in Lussemburgo, ci potrebbero essere delle novità a tal proposito.

Nel frattempo, anche l’America Latina si è impegnata a fornire accoglienza ai profughi siriani. Diversi leader latinoamericani negli ultimi giorni hanno reso dichiarazioni in questo senso: Dilma Roussef, presidente brasiliano, ha detto che il suo paese accoglierà i rifugiati di Damasco “a braccia aperte”.

Sulla stessa linea Michelle Bachelet, presidente cileno, che ha parlato, invece, di “porte aperte” per siriani e iracheni. Anche Juan Carlos Varela, presidente panamense, allo stesso modo si è detto disponibile ad accogliere profughi da Siria, Iraq e Libia, ricordando il “grande cuore” di Panama.

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Rifugiati siriani protestano davanti al palazzo presidenziale di Montevideo

Immigrazione: gli aspetti controversi dell’accoglienza

Secondo l’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, dall’inizio del conflitto siriano, nel 2011, sono fuggite dal paese circa 4 milioni di persone, la cifra dei rifugiati interni, d’altra parte, si aggira intorno a quota 7,6 milioni.

L’unico leader latinoamericano che ha fornito un numero preciso riguardo all’accoglienza dei siriani è stato Nicolas Maduro, “vecchio amico” del presidente siriano Bashar al Assad. Il presidente venezuelano si è impegnato ad accogliere 20mila siriani.

Non pochi hanno fatto notare che, mentre dice di accogliere i rifugiati siriani, Maduro espelle i colombiani –  circa 18mila, fuggiti o deportati, sono andati via dal paese a partire da metà agosto, cioè dall’inizio di una grave crisi diplomatica cominciata con la chiusura della frontiera tra Venezuela e Colombia  – che a loro volta erano stati accolti come “rifugiati” decenni fa (si sono stabiliti nel territorio di Caracas al momento dell’esplosione della lotta armata in Colombia).

Inoltre, secondo alcuni analisti, anche le dichiarazioni di Dilma Roussef e Michelle Bachelet sarebbero state dettate dalle necessità della “politica interna” e, nello specifico, sarebbero un tentativo di rilanciare i propri consensi dopo alcuni casi di corruzione che hanno colpito le alte sfere brasiliane e cilene. Anche se bisogna notare che il Brasile ha accolto circa 2mila siriani dall’inizio della guerra, mentre il Cile si è impegnato ad accogliere 100 famiglie siriane.

Il Cile su questo punto seguirebbe l’esempio di Buenos Aires. L’Argentina, che conta la più grande comunità siriana in America Latina, ha già varato un programma di “ricongiungimento famigliare” per gli argentino-siriani che, dallo scorso anno, ha portato all’arrivo di 90 rifugiati.

Anche l’Uruguay ha provveduto al reinsediamento di 5 famiglie siriane che, fino al 2014, vivevano in un campo profughi in Giordania; tuttavia, questa settimana le stesse famiglie hanno protestato davanti all’ufficio del presidente uruguaiano: vita troppo cara, difficoltà di inserimento nel contesto sociale e lavorativo, i motivi della manifestazione. D’altra parte, altri 80 rifugiati dovrebbero giungere a Montevideo entro la fine dell’anno.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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