Contributi Inps: prescrizione se non pagati dal datore, come evitarla

Pubblicato il 2 Maggio 2019 alle 06:11 Autore: Daniele Sforza

I contributi Inps non versati dal datore di lavoro possono cadere in prescrizione dopo un certo lasso di tempo. Ecco cosa fare per evitarla.

Contributi Inps prescrizione
Contributi Inps: prescrizione se non pagati dal datore, come evitarla

Prescrizione contributi Inps, quando non paga il datore


Un giorno entriamo nell’area riservata sul sito dell’Inps e consultiamo l’estratto conto contributivo. E purtroppo scopriamo che manca qualcosa tra i contributi Inps che dovrebbero essere effettivamente accreditati. La mancanza potrebbe essere dovuta a un errore dell’Inps. In questo caso sarà possibile far presente il disguido all’Istituto tramite l’apposita funzione Ricorsi Online nella categoria Servizi per il Cittadino. Sarà necessario avere a portata di mano apposita documentazione relativa al rapporto lavorativo in oggetto che comprovi la nostra tesi.

La seconda opzione, ben più frustrante, è che il datore di lavoro non abbia versato quei contributi, nonostante fosse tenuto. In questo caso bisogna agire presto al fine di recuperare quanto dovuto prima che scadano i termini previsti per la prescrizione.

Contributi Inps: quando cadono in prescrizione

I termini di prescrizione non sono uguali per tutti i tipi di contributi. Per quelli previdenziali i tempi di prescrizione ammontano a 5 anni. Superato questo termine i contributi non accreditati e non richiesti non saranno più utili ai fini previdenziali. Questo lasso di tempo potrebbe essere prolungato fino a 10 anni nel caso in cui il lavoratore dipendente abbia denunciato il proprio datore di lavoro proprio per l’inadempienza. Oppure se è messa in atto una procedura interruttiva della prescrizione stessa.

Contributi Inps: come recuperarli quando sono caduti in prescrizione

Anche se i contributi Inps sono caduti in prescrizione sarà comunque possibile recuperarli tramite la costituzione della rendita vitalizia, o più semplicemente tramite riscatto. Come scrive l’Inps la richiesta di riscatto per contribuzione omessa può essere presentata:

  • Senza limiti di tempo;
  • Per omissioni parziali, in caso di versamento dei contributi ridotto;
  • A copertura parziale del periodo di omissione contributiva (ovvero per le settimane necessarie ai fini del perfezionamento dei requisiti pensionistici).

L’Istituto precisa che l’accredito dei contributi omessi è consentito solo previo pagamento di un onere di riscatto. I contributi tornano così utili per il diritto e per la misura di tutte le pensioni. Inoltre il riscatto può essere richiesto sia dal datore di lavoro che ha omesso il versamento dei contributi e che quindi intende rimettersi in regola con il lavoratore, sia dal lavoratore stesso. Nel primo caso andrà presentato il modello RVR/1, nel secondo bisognerà presentare il modulo RVR/1Bis. Inoltre è specificato che il lavoratore ha diritto a rivalersi sul datore di lavoro a titolo di risarcimento, “chiamandolo in giudizio per la restituzione della somma pagata per il riscatto”.

Estratto contributivo errato: cosa si rischia

Recupero contributi Inps non versati da azienda in fallimento

Un altro caso di mancato versamento dei contributi può avvenire nell’eventualità in cui il datore di lavoro è soggetto a procedura fallimentare. In questo caso il lavoratore può ricorrere alla cosiddetta automaticità delle prestazioni previdenziali. Sostanzialmente si tratta di un principio finalizzato a tutelare il lavoratore da eventualità del genere ed è regolamentato dal regio DL n. 636/38 (articolo 27) modificato poi dalla Legge 153/69 (articolo 40), nonché dal Codice Civile (articolo 2116). Qui si afferma che le forme di assistenza e previdenza obbligatorie e le contribuzioni e prestazioni relative “sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza”.

Inoltre, nei casi in cui queste ultime, “per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro”. L’articolo 40 della Legge del ’69 recita invece quanto segue. “Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da documenti o prove certe”. Condizione fondamentale è che tali contributi da recuperare non siano già caduti in prescrizione. In quest’ultimo caso bisogna rifarsi al sopraccitato articolo del Codice Civile che qualifica il datore di lavoro responsabile del danno procurato al lavoratore.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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