La parata del 2 giugno e quelle polemiche da sempre presenti a sinistra

Pubblicato il 4 Giugno 2012 alle 09:49 Autore: Livio Ricciardelli

La parata del 2 giugno e quelle polemiche da sempre presenti a sinistra

 

Verrebbe da chiedersi “perché?”. E soprattutto “perché solo da noi”? In Italia ogni discussione è buona per far riaffiorare ed emergere una forma velata di populismo.

Sia chiaro: si tratta di una caratteristica intrinseca alla vicenda politica. E ogni qual volta si concede, grazie al cielo, pluralismo e libertà di stampa c’è sempre il rischio che riaffiori qualche tribuno capace, solo lui, di ergersi a vera “voce della verità”.
Ma in Italia da sempre, per motivi che si potrebbero analizzare dal punto di vista accademico, esiste una forma di populismo che ogni anno ed in ogni occasione prende di mira alcune celebrazioni nazionali e di stato.

L’ultima polemica è stata quella del 2 giugno: a seguito del sisma che ha colpito l’Emilia in molti si sono interrogati sull’opportunità di celebrare la festa della Repubblica attraverso la consueta parata militare in via dei Fori Imperiali. Un legittimo dubbio che quasi sempre tende ad essere qualcosa che stimola la coscienza e la riflessione sullo stato delle cose.

Il Presidente Napolitano il 2 giugno

Il Presidente Napolitano il 2 giugno

Quello che risulta inaccettabile è però non solo la diatriba politica, all’insegna del tanto agognato populismo, ma le polemiche che sono emerse in questa occasione. E così non solo Lega Nord, Idv e Sel si dichiarano contrari alla parata militare. Ma Di Pietro ribatte a Napolitano attaccando la presunta assenza di sobrietà della parata. Manomettendo dati ed eventi: effettivamente la parata è stata sobria, così come il ricevimento al Quirinale del primo giugno. Nessuno champagne e nessun caviale, ma prodotti di Libera, l’associazione di Don Ciotti che lavora sui terreni confiscati alla mafia. E soprattutto, questo forse il dato più preoccupante, non si sarebbe risparmiato nulla dalla cancellazione della parata. Gran parte dei soldi, comunque meno dell’anno scorso, erano stati già spesi. Non si capisce allora dal punto di vista meramente pratico cosa avrebbe aiutato le popolazioni colpite se non ci fosse stata la parata. Semplicemente avrà aiutato, almeno così credono nelle segreterie di partito, qualche leader nazionale desideroso di trarne profitto elettorale da questa triste vicenda.

Si tratta dunque di un ovvio caso di populismo in cui l’oggettività e la praticabilità delle cose lascia lo spazio allo slogan e alla disinformazione. Che come abbiamo visto il più delle volte è quanto mai deliberata. Del resto siamo nel Paese dove “si vota ogni anno”. E c’è sempre un Maroni, un Di Pietro e un Vendola di turno (per non parlare del sindaco di Roma Alemanno e le sue inedite tendenze grilline) che cerca di capitalizzare la situazione.

Ma c’è anche un problema ideologico purtroppo. E qui torniamo al “perché solo da noi?”. Vi è anche una contrarietà, da parte di alcune forze politiche, nei confronti di qualsiasi momento di celebrazione dell’unità dello stato che poi è alla base del vivere civile e del comune stare insieme. Basti pensare al bailamme dell’anno scorso, quando il Carroccio con la scusa della crisi e dei necessari tagli (sempre presente come argomentazione) chiese di fatto la soppressione delle sacrosante celebrazioni per i 150 anni del nostro Paese.

Ma se ci si può aspettare di tutto da una forza politica che, partendo da una feroce critica nei confronti degli sperperi dello stato centrale, col tempo ha assunto caratteristiche prettamente anti-nazionale, un po’ di coraggio ci sarebbe da aspettarselo dalla sinistra. Che da sempre quando si parla di parate militare o momenti celebrativi analoghi ha sempre qualcosa da ridire. Dal Presidente della Camera Fausto Bertinotti con la spilletta della pace alla parata, alla presunta incompatibilità di quelle marce e quelle fanfare con alcuni valori universali.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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