Scozia, Cameron a scuola di Gerrymandering in salsa indipendentista

Pubblicato il 15 Ottobre 2012 alle 20:24 Autore: Carlandrea Poli

La Scozia potrebbe diventare indipendente nell’autunno del 2014. Questo pomeriggio a Edimburgo il primo ministro David Cameron e il “first minster” scozzese Alex Salmond hanno sancito un accordo per consentire ai compatrioti di Wallace di stabilire attraverso un referendum la strada da prendere: o l’indipendenza oppure il mantenimento della fedeltà a Londra, ma alle stesse condizioni di devolution di prima. Sulla Scozia incomberà la scelta più delicata per il suo destino politico degli ultimi 300 anni, mentre a Westminster sono i laburisti a rischiare di pagare il prezzo maggiore perdendo di colpo 40 seggi sicuri.

Un accordo che agli scozzesi potrebbe piacere in misura limitata. Salmond avrebbe agognato un incremento dei poteri di devoluzione con l’autonomia fiscale, che renderebbe di fatto la Scozia uno stato-nazione col beneficio di attingere alle casse reali per salvarsi dai debiti. Una costante storica se si pensa che nel 1707 l’atto dell’Unione fra Inghilterra e Scozia sopraggiunse proprio in seguito ad una situazione finanziaria sull’orlo della bancarotta. Anche in quel caso Edimburgo bussò alle porti di Londra per risolvere i suoi problemi contabili. Su una popolazione di 5,4 milioni di abitanti ammonterebbe – secondo uno studio condotto da Taxpayer Scotland – un indebitamento pari a 200 miliardi di sterline, scavalcando di 3 volte il livello di Pil. L’indipendenza farebbe conquistare l’autonomia fiscale senza la protezione economica britannica.

Il fattore convenienza in effetti pesa sui sondaggi e solo uno scozzese su tre avrebbe propensione al momento a separarsi da Londra. Il punto è che per Cameron sancire il divorzio dalla Scozia dopo una campagna in difesa del Regno Unito non sarebbe il peggiore degli scenari possibili da affrontare fra due anni.

Guardiamo ad un futuribile, ma realistico quadro politico. Il malcontento verso il governo lib-cons di Cameron e Clegg è altissimo e fino a quando non ci sarà un barlume di ripresa economica per il tandem sarà molto dura risollevarsi. Questo scarterebbe la possibilità di sciogliere la Camera dei Comuni un anno prima della scadenza naturale com’è buona abitudine fra i primi ministri forti nei sondaggi. Quindi, il referendum scozzese avrà effetto fin dalle prossime elezioni (nella primavera del 2015) sulle sorti della Camera.

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La mappa elettorale della Scozia nelle elezioni del 2010

La storia politica insegna ai conservatori – usciti nel 2010 vittoriosi, ma non abbastanza da evitare l’incubo dell’hung parliament – che avere 59 seggi, 58 dei quali sempre saldamente in mano a laburisti, liberaldemocratici e nazionalisti scozzesi possa essere un grande ostacolo alla formazione di un governo e di una maggioranza monocolori.

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L'autore: Carlandrea Poli

Nato a Prato il 27/06/1987 giornalista pubblicista, ha cominciato a collaborare con alcune testate locali della sua città per poi approdare al Tirreno. Appassionato delle molte sfaccettature della politica, ha una predilezione per la comunicazione, l'economia e il diritto. Adora il neomonetarismo, l'antiautoritarismo della scuola di Francoforte e prova a intonare nel tempo libero con scarso successo le canzoni di Elisa Toffoli. Su Twitter è @CarlandreaAdam
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