Fate, il post punk italiano goes fast

Pubblicato il 12 Gennaio 2014 alle 14:59 Autore: Francesca Garrisi

Il destino di un uomo è ciò che risulta unendo come puntini le stelle sopra di lui. Così il disco Fate dei Soviet Soviet , pubblicato dall’etichetta Felte, è il frutto di un percorso fatto di molteplici traguardi intermedi, che sono al tempo stesso altrettante ripartenze.  I Soviet Soviet nascono nel 2008 tra Pesaro e Fano a opera di Alessandro Costantini (voce e chitarra), Alessandro Ferri (batteria) e Andrea Giometti (voce e basso). Il gruppo propone un intrigante post punk, miscela ben calibrata del blu algido di certe rasoiate di basso e del rosa acceso di emozioni tanto intense quanto fugaci.

In un arco di tempo relativamente breve il gruppo ha macinato una quantità impressionante di strada, anche nel senso letterale del termine. Nel 2009 esce il loro primo Ep autoprodotto, registrato presso lo Studio Waves. I live e la diffusione web dei brani mietono numerosi consensi, e  nel settembre dello stesso anno i Soviet Soviet sono recensiti su Pitchfork.

Nel 2010 viene pubblicato il loro secondo Ep per Mannequin rec. insieme ai franco-inglesi Frank (Just Frank), citato in Retromania, il nuovo lavoro di Symon Reynolds, il massimo esperto mondiale in materia di post punk. Intanto s’intensificano i live, il gruppo si esibisce in tutta Europa anche all’interno di numerosi festival. Nel febbraio 2011 l’etichetta veronese Tannen Records cura l’uscita di Nice, che raccoglie i due EP dei Soviet Soviet, nel maggio dello stesso anno il brano Restless viene pubblicato da Discipline nella compilation A Contemporary Picture of the Obscure Italo Music Movement, e in seguito il gruppo approda in otto diversi paesi dell’area est-europea e balcanica con l’ennesimo fitto tour. A questo si aggiunge un tour statunitense che tocca East e West Coast, nonché l’esibizione come opening – act per i Pil di John Lydon.

Fate s’inserisce nel solco tracciato da band seminali come Joy Division e Cure, riecheggiando sapore e atmosfere tipiche dello shoegaze. La voce di Andrea Ferri, estremamente peculiare, rimanda a tratti a Brian Molko dei Placebo, e si colloca a metà strada tra il timbro allucinato e dissacrante di Johnny Rotten/John Lydon dei Pil e quello di Peter Murphy dei Bauhaus.

La band Soviet Soviet

La band Soviet Soviet

Il disco si apre con Ecstasy, che con una batteria febbrile e un basso metallico ci proietta nell’Inghilterra dei primi anni Ottanta. Si continua con 1990, caratterizzato da un basso possente e da un ritmo fulmineo: ci ritroviamo così scaraventati indietro nel tempo, avvolti da un sapore dolce-amaro. Il brano, insieme al luciferino Together, costituisce la parte più oscura e misteriosa del gruppo. Segue Introspective Trip, momentaneo approdo dell’ascoltatore, a cui regala una parentesi d’evasione in una dimensione parallela, onirica e immaginifica. Further dal canto suo ci ferisce piacevolmente, con le sue chitarre affilate come coltelli, per poi farci stregare dal basso di Gone Fast, dalle distorsioni pesanti che si accompagnano a una linea melodica pregevolissima. In un attimo è come ritrovarsi a Middleton al seguito dei Chameleons UK.

No Lesson invece, divisa in due  da un break di chitarre e rumori sospesi nell’aria, ha il profumo agrumato della speranza indomita e combattiva che non teme l’impatto con la realtà. Se Circolo Chiuso fosse un film, il brano sarebbe la colonna sonora ideale della scena in cui i protagonisti manifestano fianco a fianco con gli operai della Rover di Birmingham.  E’ poi la volta di Together  “dove, per un attimo – hanno scritto – pare di sentire gli Stooges che duellano con i Jesus and Mary Chain”. Hidden ci folgora con i suoi bassi corposi e impietosi, facendo spazio a Something You Can’t Forget, scandita da schitarrate garage e da un ritmo incalzante. Si chiude con Around Here, da cui gemma un’utopia nutriente e visionaria.

A proposito di Fate hanno scritto: “Niente di nuovo sotto il sole, i nostri non inventano nulla con questo Fate, ma come i maestri del genere ci accompagnano lontano dalla realtà con la loro musica e allo stesso tempo rimangono incredibilmente ancorati ad essa, perchè – come suggerisce il titolo della canzone – il mondo reale è Something You Can’t Forget”. Insomma, “Fate parla chiaro: si può essere maturi, senza perdere la voglia di infiammarsi”. Un disco indiscutibilmente da consigliare, come pure l’approfondimento dell’intera scena musicale pesarese, prolifica in termini di eccellenze musicali. Per quanto riguarda i nostri intanto, un auspicio, espresso da chi scrive: vederli collaborare quanto prima con i vitaminici Dirtyfake.

 

Tracklist

Side A:
01.Ecstasy
02.1990
03.Introspective Trip
04.Further
05.Gone Fast

Side B:
01.No Lesson
02.Together
03.Hidden
04.Something You Can’t Forget
05.Around Here

L'autore: Francesca Garrisi

31 anni, una laurea in Scienze della Comunicazione e poi un master in comunicazione d’impresa e comunicazione pubblica. Ha collaborato con l’Osservatorio di Comunicazione Politica dell’Università del Salento, e come stagista con il settore Comunicazione Istituzionale della Regione Puglia. Ha scritto per l’mPAZiente, bimestrale d’inchiesta salentino, e a oggi collabora con Termometro Politico e il settimanale salentino Extra Magazine. Un po’ Monty Python un po’ Cuore Selvaggio, è innamorata della lingua tedesca, che ritiene ingiustamente sottovalutata e bistrattata
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