La vita dei civili nella Donetsk assediata

Pubblicato il 25 Agosto 2014 alle 10:56 Autore: Antonio Scafati

Tra l’esercito ucraino che avanza e i ribelli filorussi asserragliati a Donetsk ci sono i civili. La popolazione è lì in mezzo. La vita in città è fatta di rifugi sotterranei, persone che spariscono, gente che non sa più dove andare.

La CNN ha raccolto l’esperienza diretta di Jonathan Alpeyrie, fotoreporter di guerra tornato a Donetsk poche settimane fa, e per la seconda volta. Le sue fotografie raccontano il dramma di una popolazione stretta in una morsa: da una parte l’esercito regolare ucraino che cinge d’assedio la città, dall’altra le truppe separatiste decise a resistere. Il risultato è l’atmosfera spettrale di una città sotto i colpi della guerra.

Molte persone hanno ormai perso tutto. Senza più un posto dove andare, si riparano nei vecchi rifugi sotterranei costruiti negli anni della Seconda Guerra Mondiale. C’è chi vive nelle cantine. Gran parte del centro città è deserto. Manca l’acqua. Camminare all’aperto è rischioso. Non è insolito vedere cadaveri sul ciglio della strada.

I quartieri settentrionali della città sono terra di nessuno: una zona bombardata quotidianamente, ha raccontato Alpeyrie. Rimangono a vivere lì solo gli anziani decisi a non lasciare le loro case, o chi non ha denaro a sufficienza per scappare. Metà della popolazione di Donetsk, vale a dire mezzo milione di persone, ha lasciato la città in un esodo durato settimane. In molti cercano di raggiungere la Russia e per farlo sono disposti a passare per i territori di Lugansk: altra roccaforte dei ribelli sotto assedio, altra zona dove i combattimenti infuriano da giorni.

donetsk

Photo by dasjoCC BY 2.0

Ma c’è anche altro. Tanya Lokshina, di Human Rights Watch, un’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, ha documentato diversi casi di sparizione. I civili possono essere portati via da uomini della Repubblica Popolare di Donetsk: basta essere sospettati di fornire informazioni all’esercito ucraino, aver espresso simpatie politiche per Kiev, oppure semplicemente aver violato il coprifuoco.

Le persone vengono tenute rinchiuse in alcuni edifici della città: all’esterno si radunano mogli e figli in cerca di informazioni. Non sempre per i parenti è facile avere la certezza che i loro cari sono effettivamente nelle mani dei ribelli. Human Rights Watch ha raccontato storie di donne che sono tornate a casa e semplicemente non hanno più trovato i loro mariti.

I detenuti vengono spediti a scavare trincee in prima linea. Si tratta a tutti gli effetti di lavori forzati, scrive Tanya Lokshina: “Chiunque sia passato per i posti di blocco gestiti dai ribelli intorno a Donetsk li ha visti”.

Immagine in evidenza: photo by U.S. Army Europe imagesCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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