All’ 1% il 50% della ricchezza nel 2016, è vero? Una mezza bufala

Pubblicato il 26 Gennaio 2015 alle 08:00 Autore: Gianni Balduzzi

Da dove nascono le previsioni di Oxfam?

Il recente report di Oxfam, una delle maggiori ONG mondiali, sulla disuguaglianza ha avuto probabilmente più eco di molti altri sullo stesso argomento in passato.

Il tema è certamente interessante e attira l’attenzione del pubblico in modo molto facile, in quanto da un lato sembra apparentemente semplice, dall’altro stimola l’indignazione verso il sistema, non identificato con persone precise e quindi piuttosto trasversale.

Il punto è che non è un tema certamente semplice.

Osserviamo da dove nasce l’ipotesi di Oxfam, come vediamo la quota di ricchezza in mano al 1% più ricco è oscillata negli anni 2000, in realtà scendendo fino al 2009, e poi risalendo dal 2010 al 2014

 oxfam sharing global wealth

L’ipotesi di un superamento del 50% per la prima volta, risulta da una banalissima quando piuttosto illegittima operazione di interpolazione lineare basata solo sui dati degli ultimi 4 anni. Con 4 anni se ne vogliono prevedere 6. Tra l’altro ignorando il rallentamento della salita della quota in mano al 1% nel 2014, considerando la quale la data del sorpasso sarebbe perlomeno spostata di circa 3 anni

 oxfam sharing global wealth 2016

Ma c’è molto di più che fa legittimamente alzare un sopracciglio.

Si parla infatti di ricchezza, cosa ben diversa dal reddito, si tratta della somma degli asset, in termini di azioni, obbligazioni, immobili, partecipazioni, ecc, togliendo i debiti naturalmente.

Si tratta di una stima, naturalmente, non è chiaro se coloro che assorbono tali informazioni hanno presente la differenza tra la ricchezza e il reddito.

Richezza e reddito, quali le differenze?

Innanzitutto vi è un problema di effettiva utilizzabilità di tali patrimoni, ovvero vengono valutati per il valore teorico attuale o per quello che avrebbero se fossero venduti effettivamente e liquidati? La domanda non è banale perchè come già altre volte si è sottolineato per esempio l’Italia risulta essere uno dei Paesi con maggiore ricchezza. Il report  del Credit Suisse sul Global Wealth da cui Oxfam ha presto spunto mette il nostro Paese tra quelli con ricchezza mediana maggiore di 130 mila dollari, dopo l’Australia con 225 mila, e il Belgio con 173 mila.

La Germania viene molto dopo con solo 53 mila dollari di patrimonio mediano, mille in meno degli USA a 54 mila.

Tuttavia sappiamo che tale patrimonio deriva dalle altisime percentuali di possesso della prima casa tipiche degli italiani. E’ stato un tema già dibattutto. Si può parlare di ricchezza in questo caso? E’ la prima casa liquidabile facilmente? A che prezzo visto che il valore attribuito oggi è solo ipotetico?

Poichè se è vero che il rapporto Oxfam mette l’accento sulla distribuzione all’interno della ricchezza e sulla disuguaglianza, in realtà il rapporto Credit Suisse in modo più approfondito e competente parla della variazione della ricchezza nel suo totale.

E oltre al caso italiano vi sono altri dati che fanno capire quanto il patrimonio come indice in sè non possa essere indicativo del benessere o malessere economico in sè, e di conseguenza neanche le considerazioni e i calcoli che ne derivano, come quelli sulla disuguaglianza interna.

Vediamo la mappa di seguito sul livello della ricchezza nel mondo.

ricchezza mondo

Apparentemente questa mappa sembra ricalcare quella della distribuzione del reddito, e confermerebbe la validità del metodo di considerare la ricchezza come un indicatore di benessere, ma in realtà ad uno sguardo più attendo emergono delle incongruenze:

La Corea del Sud risulta essere nella categoria inferiore a quella della gran parte dei Paesi europei, quando sappiamo che ha ormai raggiunto l’Italia e la Spagna come reddito procapite e superato la Grecia, ed è in costante crescita, e certo non possiamo affermare ci sia un benessere inferiore a questi Paesi. Così la Polonia o l’Estonia risultano nella stessa categoria coreana, nono stante siano ormai Paesi ad alto reddito.

In realtà già questo è un indizio che la ricchezza ci dice qualcosa sulla storia economica delle nazioni più che sul benessere presente.

Un altro pesante indicatore di quanto detto ci viene dall’esame delle variazioni tra 2013 e 2014 della ricchezza, sia in valore assoluto

ricchezza change assoluto

Che relativo

ricchezza change relativo

Lo stock di ricchezza in Italia sarebbe aumentata più che in Cina, mentre l’Indonesia, che ha avuto una crescita superiore al 5%, ha avuto addirittura una diminuzione. Così in termini percentuali la Grecia e la Spagna sarebbero tra i Paesi in cui la ricchezza è aumentata maggiormente, l’Indonesia e la Turchia, come abbiamo visto in cui è diminuita.

Tra le determinanti della ricchezza vi sono le capitalizzazioni di di valori mobiliari come le azioni o le obbligzioni, che hanno avuto un rimbalzo dopo la crisi, e conta il rapporto di cambio con il dollaro, deterioratosi in alcuni Paesi emergenti come appunto Turchia e Indonesia.

Vediamo quindi le componenti della ricchezza qui sotto:

determinanti ricchezza

Come vediamo l’aumento delle Borse di tutto il mondo nel 2014 ha portato un aumento del valore dei portafgli di coloro che avevano titoli azionari, in misura anche maggiore di quanto la perdita di valore delle case abbia fatto in senso inverso in alcuni Paesi, in primis l’Italia.

La ricchezza, quanto è realmente importante per il benessere di un Paese?

Il punto è che non vi è un reale impatto, nè immediato nè sostanziale, nè positivo dell’aumento delle borse, in realtà un recupero da crolli  avuti nel 2008-2009, nè negativo dal calo del prezzo delle case, in gran parte prime abitazioni.

Il rapporto non certo univoco con il vero determinante del benessere delle persone, il reddito, non era chiaro neanche nei dati precedenti, vediamo che si trovavano insieme a livelli simili di ricchezza, sia come stock che come variazione, sia Paesi con crescita sostenuta sia Paesi in recessione.

Un grafico ci fa capire quanto i calcoli sulla ricchezza vanno presi molto con le pinze, ed è il seguente:

composizione ricchezza regionale

Data la ricchezza divisa in decili, si osserva chi possiede quanto per ogni decile, e risulta quasi risibile leggere che ci sono tanti europei quanti indiani nell’ultimo decile di ricchezza, quello più povero, e che vi sono milioni di europei e Nordamericani più poveri di metà degli abitanti dell’Africa.

In realtà questi dati vengono dal calcolo della ricchezza come valore al netto dei debiti, e quidni è perfettamente possibile ci siano persone con un patrimonio negativo avendo più passività che attività, e soprattutto dopo la grande crisi economica che ha colpito l’Europa.

Tuttavia questa condizione non ha quasi nulla a che fare con il benessere quotidiano di queste persone, che solo in pochi casi finiscono “sulla strada”.

Questo infine è evidente guardando al rapporto tra reddito e ricchezza negli USA in più di un secolo, smepr eper Credite Suisse

rapporto ricchezza reddito

Il picco della Grande Depressione è provocata dal grande calo del reddito dopo il 1929, e poi come si vede c’è stata una stabilità nel corso di diverse vicissitudini, espansioni, recessioni, dell’economia americana. Vi è stato un rally con salite e discese della ricchezza in un periodo con tassi di crescita più moderati, il legame con l’andamento del PIL è flebile, sempre più la ricchezza appare una variabile a se stante.

Appare quindi sempre più urgente capire che è il reddito che deve essere l’obiettivo delle politiche economiche e degli studi, gli sforzi, le azioni dei governi.

E che la ricchezza è più spesso l’effetto e non la causa dell’andamento dei redditi. I redditi e la crescita nel corso degli anni compongono il patrimonio, l’influenza al contrario è più debole.

 

 

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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