Francia: il partito dei musulmani democratici in corsa alle amministrative

Pubblicato il 17 Febbraio 2015 alle 11:56 Autore: Niccolò Inches

Tra mille clamori, in occasione delle prossime elezioni dipartimentali la Francia saluta un nuovo soggetto politico: l’Unione dei Democratici Musulmani (UDMF). Il partito, fondato nel 2012 da Nagib Azergui, vanta già un rappresentante nel consiglio comunale di Bobigny, storica roccaforte comunista a nord-est di Parigi ora nelle mani del centrista Stéphane De Paoli.

Proprio quest’ultimo aveva accolto il candidato Hocine Hebbali all’interno della sua lista vincente alle municipali dello scorso anno. L’UDMF si prepara ora all’appuntamento elettorale del 22 e 29 marzo prossimi presentando il proprio simbolo in sette dipartimenti (tra i quali figurano quelli di Strasburgo, Nizza, Lione e Marsiglia) oltre alla Seine-Sainte-Denis, il famigerato “93” finito al centro di dibattiti e studi – primo fra tutti quello dell’Institut Montaigne condotto dal docente di SciencesPo Gilles Kepel – sulla crescita del comunitarismo religioso e delle diseguaglianze.

Nel suo capoluogo Bobigny hanno già depositato la loro candidatura Shérazade Benhaddad e Khalid Majid, promotori di un museo sulla storia coloniale. Il movimento, che conta già circa 900 aderenti, punta a federare la “maggioranza silenziosa dei musulmani” e soprattutto alle 500 firme necessarie per presentarsi alle Elezioni presidenziali.

“Lotta all’oscurantismo laico”

Molti dei nostri detrattori vorrebbero etichettarci come un partito confessionale, ma noi siamo un giovane partito laico e non religioso, aperto a tutti (…). Siamo francesi, di tutte le confessioni, condividiamo gli stessi valori, abbiamo a cuore la convivenza civile e la costruzione di un progetto politico comune. Il nostro obiettivo è lottare contro l’oscurantismo in tutte le sue forme e le derive religiose o laiche che minacciano la convivenza. Occorre ammettere che la Francia è un Paese multiculturale e multiconfessionale”, reca l’ultimo post sulla pagina Facebook dell’UDMF.

Il suo fondatore Azergui, illustrando la ragion d’essere del partito, evocava la necessità dell’impegno politico alla luce di un clima sfavorevole ai musulmani di Francia: “Sono tra quelli che hanno visto l’Islam trasformarsi in un problema per via dell’opera di alcuni personaggi impegnati nella discordia – scrittori, filosofi, giornalisti. Un lavoro regolare sulle coscienze per mostrare l’Islam e la sua cultura come pericolosi e incompatibili con la democrazia”.

“Legittimi come la Cdu della Merkel”

L’UDMF risponde così a chi bolla come provocazione l’iniziativa di correre alle elezioni con un’etichetta politica che rimanda ad un culto religioso: “Molti sono sorpresi del fatto che in uno stato laico come il nostro si possa convalidare un partito sotto la denominazione di Unione dei Democratici Musulmani francesi (…) una Democrazia deve essere costituita dalle diverse sensibilità che compongono la società (…) Christine Boutin, ex ministro sotto Sarkozy e presidente del Partito Cristiano Democratico, fa riferimento all’ideologia cristiana che la anima così come anima Angela Merkel e la sua CDU. Nella diversità sociale e culturale che compone la nostra Nazione, l’Islam, seconda religione del paese, si ritrovava esclusa a causa di tutta una serie di stereotipi che intendiamo spazzare via”.

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Il programma: halal, finanza islamica, velo

Il programma politico dell’UDMF poggia su alcuni pilastri legati all’economia, la società e l’educazione. L’applicazione dei principi della Finanza Islamica (considerata come efficace “scudo” contro la crisi del 2008 in paesi come l’Arabia Saudita e la Malasia) contribuirebbe ad una moralizzazione dei rapporti economici, così come l’implementazione del cosiddetto “business Halal” farebbe da volano al commercio, con la creazione di “un label halal con la qualità dei prodotti del territorio francese, al fine di assumere la leadership mondiale del settore”.

L’UDMF propugna inoltre l’introduzione della lingua araba alle scuole medie e superiori, il diritto di voto a livello locale per i cittadini stranieri ma soprattutto la revisione dell’attuale legislazione sul velo islamico. Più che la legge del 2010 sul “Divieto di dissimulazione del viso” attraverso indumenti come il burqa (velo integrale) o il niqab (che lascia liberi solo gli occhi), nel mirino c’è la norma del 2004 che vieta l’ostentazione di simboli religiosi nelle scuole: “La donna è libera di lavorare, studiare, esprimersi e circolare. Dire questo è di buon senso, ma nonostante questo oggi alcune leggi sono votate per restringere le sue libertà di credo o convinzioni personali (…) Uno stato democratico e laico che impedisce a una studentessa che porta il velo di aver accesso alla conoscenza o a una mamma di accompagnare i figli a scuola non è in contraddizione con i suoi valori presunti?”.

Comunitarismo, Fn e… Houellebecq

Le reazioni alla “discesa in campo” di un partito che si richiama all’identità musulmana dei suoi esponenti sono (com’era prevedibile) discordanti. Mentre il Partito Socialista al governo, per bocca del deputato Malek Boutih, afferma che “Tutti in Francia hanno il diritto di assumere un’iniziativa sul terreno politico e cittadino” e che “è perfettamente legittimo promuovere il commercio halal e una differente legislazione sul velo, proposte che verranno dibattute sul piano del confronto democratico”, il Front National di Marine Le Pen esprime d’altro canto forti preoccupazioni.

Il vice-presidente Florian Philippot ha infatti dichiarato a Le Figaro che “ Non è un buon segno ed è tutto tranne che un’occasione per la Francia e i nostri compatrioti musulmani, perché rafforza le fratture già esistenti. Si realizza una deriva ineluttabile in un paese che diventa sempre di più una repubblica comunitarizzata”.

Come se non bastasse, c’è chi agita lo spettro dello scrittore Michel Houellebecq e delle sue “profezie” contenute nel best-seller fanta-politico “Soumission”, in primis l’avvento all’Eliseo dei Fratelli Musulmani nel 2022. Dopo i fatti di Charlie Hebdo e le “crociate laiche” ingaggiate da una parte del ceto intellettuale transalpino, con l’UDMF si apre un nuovo (interessante) capitolo.

Niccolò Inches

@niccolink

L'autore: Niccolò Inches

Laureato in Scienze Politiche, ho frequentato il Master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la S.I.O.I di Roma. Scrivo per Termometro Politico da Parigi, con un occhio (e anche l'altro) sulla politica dei cugini d'Oltralpe. Su Twitter sono @niccolink
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