ISTAT: nel 2015 diminuisce la speranza di vita in Italia

Pubblicato il 19 Febbraio 2016 alle 18:41 Autore: Piotr Zygulski
Indici demografici ISTAT per l'anno 2015: speranza di vita in diminuzione, migrazioni, struttura demografica, natalità, fecondità

Speranza di vita in calo in Italia. Oggi lo certifica l’ISTAT, che conferma anche l’aumento della mortalità nel 2015.

L’ISTAT ha diffuso le sue stime degli indicatori demografici per l’anno 2015 appena trascorso. Al 1° gennaio 2016 risultano residenti in Italia circa 60.656.000 abitanti, con un calo della popolazione dello 0,23% rispetto all’anno precedente: nello specifico, ci sono 179.000 cittadini italiani in meno, mentre quelli stranieri regolarmente residenti in Italia sono 39.000 in più rispetto a 12 mesi prima.

2015: l’aumento della mortalità è ufficiale

Significativo è l’aumento della mortalità, che già tempo fa aveva fatto allarmare non poco scienziati, giornalisti e politici. Le ultime stime mostrano che nel 2015 sono morte 653.000 persone, il 9,1% in più rispetto al 2014. Anche il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, a detta dell’istituto nazionale di statistica “è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi”. Indagando meglio, l’ISTAT rileva che l’aumento di mortalità si è concentrato nelle classi di età più anziane, tra i 75 e i 95 anni e sarebbe dovuto sia alla struttura della popolazione che continua ad invecchiare (l’età media della popolazione italiana passa dai 44,4 anni a 44,6) sia al clima. Il 2014 avrebbe avuto meno sbalzi di temperatura, consentendo a molti anziani di sopravvivere ancora un anno; tutti i mesi del 2015 registrano più morti di quelli dei rispettivi periodi dell’anno precedente, ma sono in particolare i mesi di febbraio (+18,9%) e di luglio (+20,3) a mostrare un incremento del numero delle persone decedute. Il fenomeno risulta in tutte le regioni italiane, con intensità nel Nord-Ovest, ad esempio in Valle d’Aosta (+18,7%) e in Lombardia (+10,6%). Inoltre sembra aver colpito maggiormente le donne (+10,9%) che non gli uomini (+7,1%); proprio le donne, nei due anni precedenti, erano quelle che avevano avuto variazioni più marcate di segno opposto. Così commenta l’ISTAT:

Ciò lascerebbe supporre che per le donne il minor numero di morti non avvenute nel 2013 e nel 2014 sembrerebbe parzialmente compensato nel corso del 2015. S’intravede, cioè, un effetto di “rimbalzo” in avanti del numero dei decessi, in particolare perle donne, parzialmente determinato dal recupero delle diminuzioni registrate nei due anni precedenti.

Nell’ultimo biennio rimane stabile l’età modale al decesso: 84 anni per gli uomini e 89 per le donne; proprio i deceduti di queste classi di età sono in aumento in termini assoluti. L’ISTAT poi segnala che un analogo incremento della mortalità nello stesso periodo è stato riscontrato in Gran Bretagna e in Francia.

Diminuisce di tre mesi la speranza di vita

Altro indicatore rilevante è la speranza di vita alla nascita, che risulta anch’essa in decremento: per gli uomini si passa da 80,3 agli 80,1 anni (-0,2) mentre tra le donne scende dagli 85 agli 84,7 anni (-0,3). Il dato è quasi uniforme per l’intero territorio nazionale, eccetto un lievissimi incrementi dello 0,1 per le donne in provincia di Bolzano e per gli uomini in quella di Trento; il Nord-Ovest continua comunque a segnare i cali più evidenti.

Guardando i dati in serie storica (dal 1974, primo anno dal quale l’Istat dispone di una serie continua) non è la prima volta che la speranza di vita alla nascita registra variazioni congiunturali di segno negativo (nel 1975 e nel 1983; nel 1980, nel 2003 e nel 2005 limitatamente alle donne) ma mai di questa intensità, in particolar modo per le donne.

Indici demografici ISTAT per l'anno 2015: speranza di vita in diminuzione, migrazioni, struttura demografica, natalità, fecondità

Il record negativo delle nascite

Il 2015 poi segna un record negativo di nascite, pari a 488 mila unità, mai così basso dall’Unità d’Italia in poi. Rispetto al 2014, record precedente, sono nati 15.000 persone in meno; ciò è dovuto anche alla struttura della popolazione femminile, giungendo al termine la fecondità delle numerose baby-boomers nate tra gli anni ’60 e gli anni ’70. Comunque sia, considerati i 653 mila morti del 2015, il saldo naturale è negativo di 165 mila individui. Il numero medio di figli per donna, aumentato passato dall’1,34 del 2005 all’1,46 del 2010, a partire dall’anno 2011 è tornato a calare e il 2015 ha confermato una andamento in discesa sino a raggiungere l’1,35; se non considerassimo le madri straniere, esso sarebbe pari all’1,28. Sale a 31,6 l’età media delle madri al parto, mentre nel 2014 esse partorivano mediamente a 31 anni e mezzo; anche qui, le madri straniere partoriscono circa 3,5 anni prima rispetto a quelle italiane. Scende all’8 per mille il tasso di natalità, che nel 2014 era all’8,3 per mille; il calo è generalizzato. Il tasso di natalità è mediamente più alto nel Trentino-Alto Adige (circa 9,5 nati per mille residenti), unica regione in cui i nati superano i morti, mentre chiude la classifica la Liguria (6,5 per mille), che tra l’altro è quella con la maggiore decrescita naturale (-7,9 per mille). In calo anche le nascite da madre straniera, che tuttavia costituiscono il 19,2% del totale, con picchi del 30% in Emilia-Romagna e minimi nelle regioni meridionali.

Meno immigrati, più emigrati

Cala a +128 mila unità il saldo migratorio con l’estero, con un tasso del 2,1 per mille. Nel 2007, per fare un paragone, gli immigrati erano quasi mezzo milione in più rispetto agli emigrati e il tasso era pari all’8,4 per mille; rispetto a quell’anno le cose sono cambiate: le immigrazioni si sono dimezzate e le emigrazioni quasi triplicate. Nel 2015 si sono iscritti in Italia 245.000 stranieri e 28.000 italiani che sono ritornati in Patria; al contempo si sono cancellati 45.000 stranieri e 100.000 italiani. In calo del 3% gli trasferimenti all’interno dei confini nazionali, che scendono a quota 1 milione e 300 mila, con flussi prevalenti dalle regioni del sud verso quelle settentrionali. La popolazione in età attiva, tra i 15 e i 64 anni, si contrae a 39 milioni, pari al 64,3% del totale (dal 64,5% del 2014), così come si riduce la quota degli under 14, che costituisce una fetta ampia il 13,7% della popolazione. La Liguria è in assoluto la regione con i più alti indici di dipendenza strutturale, di dipendenza degli anziani e di vecchiaia (ci sono 245,5 anziani ogni 100 giovani); l’età media è di 48 anni e mezzo. Più giovane la popolazione della Campania, dove il rapporto tra anziani e giovani (117,2 ogni 100) è più equilibrato e l’età media è di 41,7 anni.

L'autore: Piotr Zygulski

Piotr Zygulski (Genova, 1993) è giornalista pubblicista. È autore di monografie sui pensatori post-marxisti Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, oltre a pubblicazioni in ambito teologico. Nel 2016 si è laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Genova, proseguendo gli studi magistrali in Filosofia all'Università di Perugia e all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), discutendo una tesi su una lettura trinitaria dell'attualismo di Giovanni Gentile. Attualmente è dottorando all'Istituto Universitario Sophia in Escatologia, con uno sguardo sulla teologia islamica sciita, in collaborazione con il Risalat Institute di Qom, in Iran. Dal 2016 dirige la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Interessato da sempre alla politica e ai suoi rapporti con l’economia e con la filosofia, fa parte di Termometro Politico dal 2014, specializzandosi in sistemi elettorali, modellizzazione dello spazio politico e analisi sondaggi.
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