Il progetto antiegemonico del Brasile a un punto di svolta

Pubblicato il 13 Agosto 2016 alle 10:45 Autore: Alessandro Faggiano
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Mentre l’attenzione del mondo intero è concentrata sui giochi della XXXI Olimpiade, nello stesso Brasile è in corso una battaglia politica che sta passando in secondo piano, ma che potrà avere risvolti geopolitici di grande rilevanza.

Nonostante gli ultimi turbolenti avvenimenti abbiano ribaltato i vertici dell’esecutivo del paese carioca, i leader del “Partido dos Trabalhadores” (partito dei lavoratori) – Lula da Silva e l’ ex delfino, Dilma Rousseff – non si arrendono a quello che è stato definito “un golpe senza spargimenti di sangue”. Il carismatico leader del PT è attualmente imputato per la fitta trama di corruzione della PETROBRAS (la maggior compagnia petrolifera del Brasile) e una condanna equivarrebbe a un impedimento definitivo in vista delle elezioni del 2018. La destra brasiliana – attualmente al governo dopo la destituzione per “impeachment” di Dilma – potrebbe mantenere il controllo dell’esecutivo fino alle prossime elezioni, nell’eventualità che il parlamento dovesse confermare la revoca dell’incarico all’ex delfino di Lula. Il paese più ricco e vasto dell’ America Latina si trova ad un punto di svolta della sua traiettoria politica: la visione geopolitica dell’ asse “sud-sud” centrato sulla preponderanza del Brasile è uno dei cardini del “Lulismo” e in caso di vittoria definitiva dello schieramento neoliberista, i codici geopolitici potrebbero cambiare irrimediabilmente e influire sugli gli equilibri all’interno del continente.

L’ascesa di Lula, da sindacalista a eroe contemporaneo

L’ex leader del PT ed ex presidente Lula Da Silva è uno dei massimi referenti politici del continente e tra i più stimati a livello mondiale. Nato da famiglia povera e umile, si afferma come sindacalista e, come tale, è il cofondatore del PT. Dopo quattro candidature consecutive, raggiunge finalmente la presidenza del Brasile, riuscendo a canalizzare il malcontento che proveniva da destra. Nei due mandati di presidenza (dal 2003 al 2010) riesce a riformare le istituzioni e a lanciare definitivamente il Brasile nell’orbita delle grandi potenze in ascesa, attraverso politiche economiche aggressive e di spessore. Il tutto, coadiuvato da politiche sociali innovative, gli permette di mantenere il favore della popolazione anche alla fine del suo secondo e ultimo mandato. Grazie alla sua abilità come politico e al supporto quasi incondizionato (in quegli anni) della popolazione brasiliana, Lula ottiene un gran prestigio internazionale: asso nella manica che utilizzerà per portare avanti un “progetto geopolitico antiegemonico” fondato sulla cooperazione degli stati del sud (prima del continente e, successivamente, del mondo). Il “sud” non è solo un riferimento geografico, quanto più una posizione di subordinazione politica, economica e culturale rispetto al nord. Mentre gli USA rappresentano il baluardo della civilizzazione occidentale e il perno dell’ asse del nord, il Brasile – grazie alla politica estera di Lula – si è confermato come il Paese guida degli stati del sud e punto di riferimento per il sub-continente latinoamericano.

“UNASUR”, un punto di svolta per le ambizioni del Brasile

La “Unión de las Naciones Suramericanas” (UNASUR) è la maggior organizzazione politica di rilievo in America Latina. Ispirata parzialmente nella nostra Unione Europea, è stata creata su spinta del Brasile. Il periodo di gestazione dell’organizzazione (2004-2011) corrisponde a quella della presidenza Lula (2003-2010). L’ UNASUR è un’organizzazione internazionale a carattere regionale, di natura prettamente politica. Ovvero, non vi sono compromessi in merito a politiche economiche e fiscali. Lo sviluppo sostenibile e l’integrazione sono due obiettivi cardine della UNASUR. Per quanto possa vigere un’eguaglianza formale (dettata dal trattato costitutivo del 2008), il paese carioca ha un’influenza decisamente maggiore rispetto agli altri Paesi membri. Considerata la natura dell’organizzazione, il Brasile ha conseguito una legittimazione informale della propria leadership in America Latina. Tale posizione permette al Brasile di proporre il proprio modello economico “ibrido” (né socialista, né neoliberista) basato su “forti investimenti nel pubblico, centralità delle politiche sociali e allo stesso tempo fomento delle esportazioni e del commercio.” La legittimazione della leadership politica sulla regione è condizione necessaria per poter sviluppare un nuovo asse che vada oltre i confini continentali (per poter ascendere da attore regionale a attore globale) e l’UNASUR ha giocato un ruolo centrale per il salto qualitativo del suo Stato cardine.

Il progetto geopolitico dell’asse del sud, da UNASUR all’Instituto Lula

Il progetto geopolitico del Brasile ha avuto, nell’ultima decade, uno sviluppo regolare. Dalla gestazione e costituzione di UNASUR, passando per la fondazione della CELAC (“Comunidad de Estados Latino Americanos y Caribeños”) nel 2010, il Brasile ha contribuito in maniera decisiva alla stabilità dell’area, fomentando la cooperazione interstatale all’interno della regione. Nel frattempo, verso l’inizio del primo mandato di Dilma Rousseff (2011-2014), il suo predecessore fonda l’ “Instituto Lula” : organizzazione teoricamente “apartitica” ma che si pone, come fine ultimo, la prosecuzione degli obiettivi di politica estera proposti durante gli otto anni di governo di Lula. Tra essi, si rimarca l’importanza del potenziamento delle relazioni con i Paesi del continente africano. Anche in questo caso, per quanto non vi sia una gerarchia formalizzata nelle relazioni tra Brasile e paesi africani, questi ultimi sono in una condizione di soggezione (per una chiara disparità politica ed economica). Tanto nell’UNASUR che nelle relazioni perpetrate attraverso l’Instituto Lula, il Brasile non è dotato di una leadership formale e pertanto il processo decisorio (nell’ambito delle relazioni internazionali) è di carattere consultivo e collaborativo. La legittimazione del suo ruolo come attore globale non passa, quindi, attraverso la propria forza economica, bensì attraverso la costruzione di un dialogo e di un consenso generalizzato.

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(EVARISTO SA/AFP/Getty Images)

Rousseff, in attesa del 25 agosto

Attualmente, le ambizioni del Brasile si incontrano a un punto di svolta. Come detto, una possibile svolta neoliberista potrebbe ridefinire drasticamente la politica estera del paese carioca. Il subcontinente latinoamericano vive un periodo di transizione e i governi del “socialismo del XXI secolo” sono in forte crisi, ad appannaggio di una rinata destra neoliberista. La traiettoria stabilita da Lula da Silva più di dieci anni fa potrebbe subire la sua prima grande svolta e cambiare le previsioni sui possibili scenari geopolitici futuri. La conferma o la revoca dell’Impeachment di Dilma (prevista per il 25 agosto) ci potrà dire molto sulla futura traiettoria del Brasile, del continente, e degli equilibri geopolitici mondiali.

Alessandro Faggiano

L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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