Notizie dal mondo: il Medioriente spiegato con 3 fatti

Pubblicato il 11 Marzo 2017 alle 18:28 Autore: Redazione
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Notizie dal mondo: il Medioriente spiegato con 3 fatti

La legge israeliana che silenzia i minareti, la triplice intesa Turchia -Stati Uniti-Russia sul Medio Oriente e lo sforzo americano in Siria. Le tre notizie dal Medio Oriente selezionate per voi.

Notizie dal mondo: Israele, il silenzio dei minareti

La legge che proibisce alle moschee di chiamare a raccolta i fedeli in Israele è stata approvata al primo passaggio in parlamento. Alla fine della sessione di mercoledì, giorno della discussione del decreto, i rappresentanti della minoranza musulmana hanno denunciato la misura “razzista”. I sostenitori del testo legislativo hanno difeso la proposta. La legge andrebbe a implementare la qualità della vita delle persone che vivono nei dintorni delle moschee.

La replica delle opposizioni non si è fatta attendere. Il disegno di legge, sostenuto dai partiti di destra, limita fortemente la libertà di culto della minoranza musulmana. Secondo i dati ufficiali si attesta intorno al 20% della popolazione israeliana. “Avete votato una legge razzista”, le parole di Ahmed Tibi, deputato arabo, durante la discussione parlamentare. Il decreto vieta ai muezzin di chiamare alla preghiera tramite i megafoni dei minareti dalle ore 23 alle 7 del mattino. Viene silenziata una delle cinque chiamate giornaliere alla preghiera.

Le sanzioni per i trasgressori partono da 2700 dollari. “Questo è un decreto che protegge il sonno dei cittadini”, così Motti Yogev, uno dei principali promotori del decreto. Contrario alla proposta è invece Tzipi Livni, leader del maggiore partito di centro sinistra. “Aumenta l’odio e le tensioni tra ebrei e musulmani” ha detto. La legge si estende anche a Gerusalemme Est. La zona ancora non è riconosciuta dalla comunità internazionale a causa dell’occupazione del 1967.

Notizie dal mondo: Turchia, Russia e Usa contro l’Isis

I generali di Stati Uniti, Russia e Turchia si sono incontrati per discutere sugli sviluppi in Siria e in Iraq. Oltre che per scongiurare il “rischio di entrare in contatto” durante la battaglia finale contro l’Isis. L’incontro tra Hulusi Akar, Joseph Dunford e Valery Gerasimov è avvenuto giovedì nella città di Antalya. Sud ovest della Turchia.  “I comuni interessi relativi alla sicurezza della regione, in particolare Siria e Iraq, sono stati al centro dei colloqui”. La conferma arriva dal rappresentante al meeting di Ankara.

Anche Mosca ha avvalorato l’indiscrezione trapelata dall’incontro. In un’intervista ad alcune agenzie di stampa, il ministro della Difesa ha affermato che c’è affinità di vedute. “C’è bisogno di un ottimo coordinamento per ripulire la Siria dai gruppi terroristici; ci sono molti paesi coinvolti – le parole del Premier turco Binali Yildirim – Se non riusciamo a stabilire una tattica comune, il rischio di un conflitto che non desideriamo potrebbe emergere. Questo è il reale obiettivo del meeting”.

La situazione in Siria è particolarmente delicata. La Turchia con i suoi alleati siriani. Gli Stati Uniti a fianco dell’YPG. La Russia solida alleata dell’esercito regolare. Stanno tutti compiendo una rincorsa alla liberazione Raqqa. La capitale de facto dello Stato Islamico. Ankara, membro Nato, vorrebbe scongiurare l’avanzata delle forze curde, ma il supporto americano all’YPG è completo. A conferma della stima di Washington, oltre ad armi e mezzi, le YPG saranno supportate da oltre 900 marines già stanziati nel Nord della Siria.

Un’operazione che tende una mano anche verso la Turchia. Erdogan ha ribadito più volte la necessità che le forze curde lasciassero Manbij e ripiegassero su posizioni ad est dell’Eufrate. La manovra statunitense volta a rafforzare il presidio nel Nord del paese ha convinto le YPG a consegnare alcuni territori adiacenti allo “scudo dell’Eufrate” a truppe regolari dell’esercito siriano e a posizionare i marines intorno a Manbij. In modo da scongiurare un’ulteriore escalation di violenze.

Notizie dal mondo: Siria, aumenta lo sforzo americano

La conferma è arrivata nella giornata di giovedì 9 marzo da un rappresentante del Pentagono. Centinaia di marines sono sbarcati nel Nord della Siria. Lo sforzo è parte del piano finale per far capitolare la capitale del sedicente Stato Islamico Raqqa. I militari inviati da Washington affiancheranno le forze locali dell’YPG nella riconquista della città. La decisione, per quanto temporanea, sembra essere un chiaro segnale di svolta.

La Casa Bianca, stando ad alcune indiscrezioni, avrebbe lasciato molta flessibilità di azione al Pentagono sulle operazioni in Siria contro l’IS. Flessibilità sinonimo di velocità. La libertà di decisione dei comandanti sul campo è la necessità di rispondere ai mutamenti della battaglia. In aggiunta alle forze già presenti in Siria, gli Stati Uniti avrebbero già pronti altri 1000 uomini, ora nel Kuwait, da inviare qualora si presentasse la necessità. L’ultimo movimento di truppe americane registrato è avvenuto nei pressi di Manbij. Cuscinetto tra le forze dello scudo dell’Eufrate e gli uomini dell’YPG.

Se da una parte Washington sembra decisa ad assistere gli alleati nella lotta all’Isis, dall’altra non ha intenzione che la Turchia entri in contatto con le forze curdo siriane. I massimi rappresentanti del Pentagono, secondo alcune indiscrezioni, avrebbero inviato alla Casa Bianca un nuovo piano di azione. La nuova strategia vorrebbe più uomini sul campo e l’invio di artiglieria e elicotteri Apache.

Un ufficiale dell’esercito americano ha affermato durante una conferenza stampa che la futura battaglia di Raqqa avrà connotati molto simili all’operazione per la liberazione di Mosul. I militari americani nel caso della città irachena fungono da supporto logistico nelle retrovie, mentre l’esercito regolare procede alla riconquista. Ma la libertà accordata al Pentagono dalla Casa Bianca potrebbe lasciare ai comandati sul terreno la possibilità di intervenire direttamente nel conflitto.

Davide Lemmi

L'autore: Redazione

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