Il Giappone verso il riarmo

Pubblicato il 18 Dicembre 2013 alle 18:50 Autore: Guglielmo Sano

Il Giappone verso il riarmo: il premier Abe inaugura la strategia del “pacifismo positivo e attivo”

La crisi delle isole Senkaku-Diaoyu è cominciata a metà ‘800, nel 2012 è nuovamente salita onori della cronaca, negli ultimi mesi la situazione si è ulteriormente riscaldata: queste 4 piccole isole, ricche di gas e petrolio e circondate da acque pescose, sono di “proprietà” del Giappone ma vengono, sempre più spesso, rivendicate da Pechino.

L’11 settembre del 2012, il governo centrale giapponese acquistò 3 delle isolette contese dal privato che le possedeva: per scongiurare le continue rivendicazioni cinesi da una parte, per combattere contro un certo “nazionalismo” interno, a quei tempi rappresentato dal Sindaco di Tokio Shintaro Ishihara, che da solo voleva farsi carico della spesa per l’acquisto delle Senkaku, mettendo così in difficoltà il governo centrale stesso.

Intorno alla fine di ottobre di quest’anno, invece, è scattata la mossa della Cina che ha allargato la sua Air defense identification zone (ADIZ): la nuova “zona di difesa aerea”, non casualmente, comprendeva anche il territorio conteso con Tokio. Solo pochi giorni dopo non solo i giapponesi ma anche i loro alleati, in primis Usa ma anche la Corea del Sud, hanno operato una serie di sorvoli nell’area di difesa cinese: per giorni abbiamo assistito a una versione in scala ridotta di “guerra fredda” che non è arrivata a concretizzarsi in conflitto armato.

Giappone

Il Premier Abe, di fonte a questi “tentativi di destabilizzare lo status quo del Pacifico” da parte della Cina e per consolidare la propria leadership all’interno del paese del Sol Levante, ha annunciato di aumentare del 5% le spese militari per il prossimo quinquennio. Saranno investiti nell’acquisto di droni, caccia F35 e aerei a decollo verticale Osphrey, mezzi anfibi, elicotteri, sottomarini, oltre che nella creazione di un corpo di “marines” stile Usa ben 24.700 miliardi di yen, ovvero 175 miliardi di dollari.

Il Primo Ministro giapponese ha, in pratica, bypassato quell’articolo della “pacifica” costituzione voluta dagli alleati dopo il secondo conflitto mondiale e che prevede la costituzione di forze armate – che in Giappone non sono formalmente un esercito – esclusivamente per esigenze difensive. Abe, inoltre, ha già messo in conto di eliminare il divieto di esportare armi da parte delle aziende giapponesi, tra tutte Mitsubishi e Kawasaki.

Abe è pronto a ritagliare un nuovo ruolo internazionale al suo paese attraverso una strategia che, lui stesso, ha definito “pacifismo positivo e attivo”: diventare “potenza militare” del Pacifico, per contrastare l’aggressività crescente negli affari regionali espressa dalla Cina e dalla Corea del Nord, e nello stesso tempo consolidare i rapporti con Usa e Corea del Sud ma anche con India e Australia. Mentre l’opposizione giapponese critica la svolta “guerrafondaia e pericolosa”, la situazione in estremo oriente torna a essere bollente.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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