Copia privata: l’equo compenso lo pagano i consumatori

Pubblicato il 9 Marzo 2014 alle 15:13 Autore: Guido Scorza
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Nei prossimi giorni – probabilmente già la prossima settimana – Dario Franceschini, neo-Ministro dei beni e delle attività culturali potrebbe decidere di varare l’ormai noto decreto relativo all’adeguamento delle tariffe per il c.d. equo compenso da copia privata.

Si tratta di un provvedimento che vale circa 200 milioni di euro all’anno, soldi che le aziende hi-tech si troverebbero ad anticipare alla SIAE, riaddebitandole, poi ai consumatori italiani che sono, in ultima analisi, i soggetti sui quali grava – e deve gravare per legge – il pagamento del compenso giacché, almeno teoricamente, sono loro a poter beneficiare delle famose “copie private”, ovvero a poter fare una copia in più di musica e film legittimamente acquistati.

Il valore della posta in gioco ha, naturalmente, fatto sì che, in queste ore, il dibattito sul decreto si sia fatto straordinariamente intenso tanto che i titolari dei diritti hanno “scomodato” anche Paolo Sorrentino, appena rientrato dalla notte degli oscar, trasformandolo nel testimonial delle loro rivendicazioni attraverso un apposito sito creato per l’occasione. E’ un dibattito nel quale – come è probabilmente ovvio che sia – ciascuno prova a portare acqua al proprio mulino, talvolta anche dissimulando la realtà o, almeno, piegandola a proprio uso e consumo.

La SIAE, ad esempio, allo scopo di scongiurare il rischio che i consumatori italiani si rendano conto che vorrebbe affondare le mani nelle loro tasche per circa 200 milioni di euro all’anno, continua a ripetere, come una specie di mantra, che l’equo compenso dovranno pagarlo le grandi aziende che producono e vendono smartphone, tablet e pc a cominciare dalla Apple, delle quali snocciolano numeri e dati di fatturato per dimostrare quanto poco, l’equo compenso graverebbe sui loro bilanci. E’ questo, ad esempio, il cuore di una lettera che, nei giorni scorsi, il Direttore Generale della SIAE, Gaetano Blandini ha indirizzato al Corriere della Sera.

“Il compenso non deve essere a carico di chi acquista lo smartphone – scrive Blandini – ma del produttore, che riceve un beneficio dal poter contenere sul proprio supporto un prodotto autorale come una canzone o un film”. Non è chiaro se si tratti di un’affermazione o di una proposta.

Se fosse un’affermazione sarebbe evidentemente falsa giacché, allo stato, in Italia – come, peraltro, nel resto d’Europa – l’equo compenso lo pagano proprio i consumatori ai quali i produttori e distributori di supporti e dispositivi lo riaddebitano nel prezzo di vendita senza neppure che se ne accorgano.

Ma, il punto è, che se pure si trattasse “solo” di una proposta – raccontata con formula ambigua per cercare di far passare il messaggio secondo il quale il problema non sarebbe dei consumatori – sarebbe una proposta in assoluta controtendenza rispetto alle indicazioni che arrivano dall’Unione Europea e rispetto a quanto sta accadendo negli altri Paesi. Vale, dunque, la pena, almeno sul punto, di fugare ogni dubbio e tagliare le gambe in partenza ad ogni genere di propaganda che minaccia di inquinare un dibattito che è sacrosanto vi sia ma alla sola condizione che le tesi che si contrappongono siano obiettive e trasparenti.

A mettere nero su bianco il principio opposto a quello che il Direttore Generale della SIAE – non per primo – ha affermato nei giorni scorsi, è stata addirittura la Commissione Giuridica del Parlamento Europeo in una relazione dello scorso 17 febbraio, peraltro pubblicata proprio sul sito della SIAE.

Ecco quanto scrive la Commissione giuridica, sul punto, nella propria relazione:“considerato che il prelievo per copie private è pagato dai consumatori al momento dell’acquisto di supporti o servizi di registrazione o di stoccaggio e che, a questo titolo, i consumatori hanno diritto di conoscerne l’esistenza e l’importo…ritiene che i consumatori debbano essere informati dell’importo, delle finalità e dell’utilizzo dei prelievi che pagano…e…sollecita pertanto la Commissione e gli Stati membri, a garantire di concerto con i fabbricanti, gli importatori, i dettaglianti e le associazioni di consumatori che tali informazioni siano disponibili in maniera chiara ai consumatori”.

Se non bastasse a fugare ogni dubbio sul fatto che, nel 2014 – e poi negli anni a venire – saranno i consumatori italiani e non l’industria a farsi carico del salasso da copia privata che SIAE chiede al Ministro Franceschini di varare, basta leggere quanto sta accadendo in Francia – Paese al quale i fautori degli aumenti delle tariffe da copia privata hanno ripetutamente dichiarato di ispirarsi – dove, proprio dal prossimo primo aprile, scatterà l’obbligo per chiunque venda supporti, smartphone, tablet e PC, di informare puntualmente i consumatori circa la misura dell’equo compenso da copia privata e le sue finalità.

Discutiamo ancora, quindi, di una questione di straordinario rilievo non solo economico e, naturalmente, ciascuno fornisca al Governo tutti gli elementi necessari a decidere nel modo migliore e, soprattutto, nell’interesse di tutti ma, facciamolo in modo corretto e trasparente, senza creare confusione ed equivoci.