Schiavismo e colonialismo. Ma dove poteva andare l’Africa?

Pubblicato il 10 Marzo 2014 alle 17:51 Autore: Raffaele Masto

I capi di Stato di 15 Paesi dei Caraibi hanno lanciato un piano per la richiesta di riparazioni rivolto a diversi Paesi europei per la tratta degli schiavi condotta fino al 1833 nell’Oceano Atlantico. La richiesta di indennizzi riguarderà Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Norvegia, Svezia e Danimarca. L’organizzazione politica ed economica della regione caraibica prevede, fra l’altro, la richiesta di scuse ufficiali e incondizionate dalle nazioni europee che hanno condotto la tratta e una serie di azioni a sostegno delle comunità povere discendenti dagli schiavi.

Già in passato erano state chieste riparazioni. Nel 2004 i discendenti degli schiavi africani fecero causa ai Lloyds di Londra ma senza successo. Alcuni Paesi dei Caraibi si sono rivolti all’Onu, ottenendo attenzione ma niente di più. Anche questa richiesta probabilmente cadrà nel vuoto. Certamente gli stessi paesi vittime dello schiavismo lo sanno, anzi lo sapevano anche prima di lanciare il piano di richieste di riparazioni e di scuse.

In realtà, seppure queste richieste non hanno nessuna possibilità di ottenere ciò che chiedono, hanno un merito: quello di richiamare l’attenzione sul fatto che i secoli dello schiavismo hanno segnato l’Africa profondamente e che la tratta è uno dei principali motivi del mancato sviluppo del continente.

All’Africa infatti per alcuni secoli sono stati sottratti gli uomini e le donne in età lavorativa, nel momento in cui erano più creativi e più attivi. Che futuro si pensava potesse avere quel continente? Ecco, anche solo riconoscere che il non sviluppo dell’Africa non è il frutto di una “inferiorità” degli africani è importante. Spesso è importante anche per gli africani stessi che non riescono ancora a riconoscere la portata di ciò che è stato lo schiavismo.

E non bisogna dimenticare che dopo lo schiavismo c’è stato il colonialismo che ha sottratto all’Africa ancora forza lavoro e materie prime. Colonialismo che è finito solo negli anni sessanta, cioè un solo istante fa secondo i tempi lunghi della storia.




L'autore: Raffaele Masto

Giornalista di Radio Popolare-Popolare Network. E' stato inviato in Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa dove ha seguito le crisi politiche e i conflitti degli ultimi 25 anni. Per Sperling e Kupfer ha scritto "In Africa", "L'Africa del Tesoro". Sempre per Sperling e Kupfer ha scritto "Io Safiya" la storia di una donna nigeriana condannata alla lapidazione per adulterio. Questo libro è stato tradotto in sedici paesi. L'ultimo suo libro è uscito per per Mondadori: "Buongiorno Africa" (2011). E' inoltre autore del blog Buongiornoafrica.it
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