Equitalia: a Milano le cartelle vanno ritirate al Comune

Pubblicato il 19 Marzo 2014 alle 11:34 Autore: Redazione
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Code ingestibili, lamentele continue per la lentezza della burocrazia, uffici comunali affollatissimi: tutto questo a causa della clamorosa mole di cartelle esattoriali che Equitalia ha depositato al Comune di Milano. Si, quelle che un tempo erano recapitate a casa con una raccomandata, da qualche tempo devono essere ricevute proprio nell’ufficio anagrafe. Con il conseguente caos.

“Scusa, ma la coda sta diventando ingestibile”, si giustifica un funzionario al telefono. Tutto deriva da un cartello all’entrata degli uffici: cita “ritiro atti Equitalia già prenotati”. Già, ritiro. Un tempo erano gli ‘irreperibili’ a finire nei corridoi della burocrazia per trovare la propria cartella. Oggi, invece, anche coloro che hanno una residenza ed un domicilio chiaro. Tra mercoledì 12 e venerdì 14 Equitalia ha lasciato ben 1695 cartelle esattoriali al Comune di Milano. E che code. Poi c’è l’errore umano: come quello di lunedì 10, quando sono state portate dagli archivi le cartelle dei prenotati del giorno dopo. Ritardi, file, code interminabili che fanno perdere la pazienza ai residenti in coda.

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Il Comune si schiera coi suoi cittadini: “anche a tutela dei cittadini, che non possono e non devono subire i disagi legati alle procedure seguite dalla società. Proprio il fatto di non avere il diretto controllo sulla riscossione è uno dei motivi per cui il Comune sta passando in questi mesi alla riscossione in proprio”. Del resto l’atteggiamento di Equitalia è inqualificabile: la società pubblica invia a casa un “avviso di deposito” che informa il cittadino come la sua pendenza si trovi in Comune. Ma, verosimilmente, se Equitalia manda una lettera a casa, il cittadino è tutt’altro che irreperibile. Beffe della burocrazia. Maria Cristina Pustorino parla di inefficienza: “quella in “casa comunale” è una modalità di notifica irregolare e crea un grave disagio sia per i cittadini, sia per l’ente pubblico che si trova a gestire un aggravio di lavoro di cui non dovrebbe farsi carico”.

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