Le elezioni in Uganda in una campagna elettorale incandescente

Pubblicato il 14 Gennaio 2021 alle 17:39 Autore: Domenico Schettino

Le modifiche costituzionali, volte ad eliminare limite d’età e limite di mandati, hanno consentito a Musuveni di diventare uno dei presidenti più longevi ancora in carica. L’iniziale impegno verso la costruzione della democrazia ugandese è stata disattesa. La campagna elettorale si sta svolgendo in un clima di tensione crescente.

Il contesto

L’Uganda, ex protettorato britannico, è un paese dell’Est Africa guidato dal presidente Musuveni dal 1986. Ottenuta l’indipendenza nel 1962, il colpo di stato di Milton Obote pose fine al regno tribale ugandese. Nel 1971, il leader militare Idi Amin prese il potere dando inizio ad un regime sanguinario. Portò avanti una violenta persecuzione razziale verso diversi gruppi etnici e religiosi come lango, acholi, indiani, induisti e cristiani. Dopo la pesante sconfitta nella guerra contro la Tanzania, nel 1979 fu costretto all’esilio. Obote tornò al potere nel 1980 ma non riuscì mai a controllare un esercito così profondamente diviso. Nel 1986 la National Resistance Army di Yoweri Musuveni conquistò Kampala e pose fine al colpo di stato dell’anno precedente, guidato dai generali Bazilio Olara-Okello e Tito Lutwa Okello. Da quel momento in poi, Musuveni restò sempre al potere anche grazie a diverse modifiche costituzionali.

Il grande merito di Musuveni è sicuramente stato quello di riportare stabilità e crescita economica. Il paese est-africano, durante gli ultimi due decenni, è riuscito a ridurre notevolmente la povertà soprattutto nella regione settentrionale; la situazione rimane drammatica, però, soprattutto nel Karamoja dove solo il 30% della popolazione ha accesso all’acqua potabile e l’80% si trova in condizioni di insicurezza alimentare.

Nonostante i risultati ottenuti, l’indice di Povertà Multidimensionale resta molto alto e riguardo poco più della metà della popolazione mentre il 41.7% vive sotto la soglia di povertà. L’Uganda occupa il 159° posto nella classifica dello Human Development Index, mostrando una crescita costante ma decisamente molto lenta tra il 1990 e il 2020. Uno dei problemi principali rimane l’istruzione: 11,4 anni rappresentano l’aspettativa di scolarizzazione e solo il 32,2% della popolazione ha completano il ciclo di educazione secondaria. L’abbandono scolastico, dovuto principalmente alla povertà e alla scarsa qualità del sistema d’istruzione, è al 64.5%. La malnutrizione colpisce 1/3 dei bambini sotto l’età di 5 anni mentre la popolazione è in continua crescita; si stima che nel 2050 si arriverà a 100 milioni dagli attuali 42 milioni.

Anche l’economia ha mantenuto una crescita stabile grazie all’agricoltura (caffè, mais, patate), rallentata solo dagli effetti della pandemia di Covid-19, oltre che da un’invasione di locuste e da alluvioni.  Nel 2019 il GDP è cresciuto del 6.1 % con una stima, disattesa per i motivi suddetti, del 6.5% per il 2020. Il paese è classificato a basso reddito dalla Banca Mondiale.

Nonostante la povertà diffusa, l’Uganda è uno dei paesi che accoglie il più alto numero di rifugiati al mondo, in particolare sud sudanesi. Attualmente nei cosiddetti refugee settlements sono circa 1.4 milioni. Una politica di accoglienza tra le più aperte e progressiste che garantisce l’accesso ai servizi essenziali, la possibilità di movimento sul territorio nazionale e la possibilità di lavorare.

 

Le precedenti elezioni

Nel febbraio del 2016 si sono svolte le elezioni generali che hanno confermato come presidente Yoweri Musuveni del National Resistance Movement (NRM). L’attuale presidente ha ottenuto il 60.62% dei voti. Lo sfidante principale, candidato e leader del Forum for Democratic Change (FDC) Kizza Besigye, ha ottenuto il 35.61%.

Il NRM ha ottenuto la maggioranza nel parlamento con 293 seggi mentre l’FDC solo 36. Gli altri partiti rappresentati sono il Democratic Party con 15 seggi, l’Uganda People’s Congress con 6 e l’Uganda People’s Defence Force con 10.

Le elezioni del 2016 non furono le prime in cui Besigye e Musuveni si confrontarono. Già nel 2001, 2006 e 2011 il leader dell’FDC venne sconfitto. Le presidenziali del 2006 furono molto particolari. Nonostante la valutazione positiva da parte degli osservatori internazionali, si arrivò alla Corte Suprema che espresse diversi dubbi sulla regolarità delle elezioni, confermandone però il risultato.

La competizione elettorale

La riforma costituzionale del 2017 ha modificato in maniera importante la costituzione del 1995. Il limite d’età per il presidente, fissato a 75 anni, è stato rimosso. Come fa notare l’UE nel report sul processo elettorale in Uganda dopo la missione del marzo 2018, “the removal of the age limit for the office of president is, from the perspective of international law, not legally objectionable”. Una mossa che però ha consentito a Musuveni di correre nuovamente come candidato presidente per le elezioni del 2021. La precedente riforma del 2005, invece, fu finalizzata ad eliminare il limite dei mandati presidenziali.

Il partito di governo, NRM, ha la maggioranza assoluta nel parlamento e detiene il controllo, di fatto, di tutti gli apparati dello stato. Le opposizioni sono strettamente controllate e marginalizzate. I media tradizionali sono nelle mani del partito di governo ma i social media sono riusciti a dare un’importante voce ai membri dell’opposizione, soprattutto a Wine.

Le notizie che arrivano, nei pochi giorni che ci separano dall’apertura delle urne, sono preoccupanti: l’OHCHR ha riportato numerosi casi di arresti arbitrari, detenzione e tortura. Inoltre, almeno 55 persone sono morte tra il 18 e 20 novembre durante le proteste successive all’arresto di Wine e del leader dell’FDC, Patrick Oboi Amuriat. Inoltre, Wine ha dichiarato di essere stato vittima anche di diversi attentati alla sua vita; uno degli ultimi proprio durante le manifestazioni di fine dicembre in cui la sua macchina è stata colpita da proiettili. È di questi giorni la decisione di Musuveni di bloccare i social network e applicazioni di messagistica; lo strumento principalmente utilizzato dall’opposizione. Una decisione scaturita dalla chiusura di alcuni account, ad opera di Facebook, di profili falsi tutti riconducibili al Ministero dell’Informazione Ugandese che facevano propaganda per Musuveni.

Il sistema elettorale

Per quanto riguarda le presidenziali, il presidente viene eletto per un mandato di 5 anni se ottiene la maggioranza di almeno il 50% al primo turno. Se ciò non avviene, si procede al ballottaggio con i due candidati che hanno ottenuto più voti.

Il parlamento è unicamerale e i membri, eletti direttamente con sistema maggioritario semplice per le costituencies e indirettamente per i restanti componenti, hanno un mandato di 5 anni. L’articolo 78, comma 1 della Costituzione ne descrive la composizione: membri eletti direttamente a rappresentanza delle costituencies (295); una donna per ogni distretto (124); rappresentanti dell’esercito (10), dei giovani (5), dei lavoratori (5), delle persone con disabilità (5) e altri gruppi; vice- presidente e ministri come membri ex-officio (13). Attualmente i membri sono 457.

I candidati in corsa

Yoweni Musuveni guida la classifica dei presidenti più longevi. È il fondatore del National Resistance Movement, protagonista della lotta per spodestare il regime di Obote. Divenuto presidente nel 1986, non ha mai lasciato il potere. Venne confermato nel 1996, nel 2001 e nel 2006 grazie alla riforma costituzionale promossa nel 2005 che eliminò il limite per i mandati presidenziali. Grazie ad un referendum promosso nel 2005, le elezioni del 2006 furono le prime ad essere multipartitiche. Nelle tornate elettorali del 2011 e del 2016 venne confermato l’enorme potere del presidente. Durante il suo lunghissimo governo, Musuveni è stato in grado di dare stabilità all’Uganda, riuscendo ad ottenere importanti risultati dal punto di vista economico. Molto importante è stato l’impegno, e il successo, nella lotta contro l’AIDS oltre alla nota politica di accoglienza. Nella lotta contro il terrorismo islamico ha un ruolo da protagonista. In politica estera, si è sempre mostrato molto attivo. Appoggiò Paul Kagame nella conquista del potere in Ruanda. Intervenne prima a sostegno delle milizie di Laurent Désiré Kabila nella prima guerra del Congo tra il 1996-1997 e in un secondo momento, durante la seconda guerra del Congo tra il 1998-2003, contro Kabila. Sostenne la guerriglia sudsudanese dell’SPLA di John Garang. Uno dei grandi fallimenti riguardò lo scontro con il gruppo ribelle chiamato Lord’s Resistance Army guidato da Joseph Kony. Un conflitto interno che causò più di 500 mila vittime.

Dopo aver posto fine a decenni di oppressione e violenza, Musuveni generò aspettative molte alte sulla tanto agognata svolta democratica. Il percorso intrapreso è proceduto al rilento ed è stato più volte ostacolato dalla modalità di gestione del potere del presidente.

 

Robert Kyagulanyi Ssentamu, meglio conosciuto come Bobi Wine, sarà lo sfidante principale. Musicista molto famoso, ha ottenuto un seggio da parlamentare nel 2017. Rappresenta il partito progressista National Unity Platform (NUP), precedentemente noto come National Unity, Reconciliation and Development Party (NURP). Grazie all’utilizzo dei social media, Wine è riuscito a creare nuovo fermento nelle opposizioni ugandesi. È stato arrestato più volte dalle forze di polizia negli ultimi mesi.

Saranno in tutto 10 i candidati a sfidare Musuveni, tra cui diversi indipendenti oltre a Patrick Oboi Amuriat dell’FDC, Mugisha Muntu dell’Alliance for National Transformation e Norbert Mai del Democratic Party. La vittoria per Musuveni non sembra più così scontata, visto il crescente sentimento di opposizione e sfiducia all’interno del paese.

 

L'autore: Domenico Schettino