Democrazia e libertà di espressione

Pubblicato il 25 Febbraio 2012 alle 13:16 Autore: Matteo Patané
democrazia e libertà di espressione

È evidente che ci sia un rapporto molto stretto e spesso conflittuale tra potere politico e mezzi di informazione. In effetti, se da un lato i media hanno la capacità di esercitare un ruolo di supervisione sui tre poteri dello Stato, dall’altro coloro che detengono tali poteri hanno la possibilità di imporre limiti legali alla libertà di informazione. Un esempio recente è costituito dalla proposta di legge sulle intercettazioni in Italia, che nel 2010 ha ricevuto forti critiche dalle Nazioni Unite. Secondo l’opposizione, questa legge, oltre a favorire attività illegali, aveva il reale intento di proteggere gli interessi del Primo Ministro di allora, Silvio Berlusconi, coinvolto in un certo numero di inchieste. Il governo italiano sosteneva invece che lo scopo della legge era quello di proteggere la privacy dei cittadini. In effetti, gli argomenti usati per giustificare misure restrittive come questa riguardano di solito la necessità di prevenire i danni causati dall’abuso della libertà di espressione. Come evidenziato da Mill nel suo saggio del 1859 On Liberty3, alcune limitazioni possono essere imposte per “prevenire danni a terzi”, ed in effetti la diffamazione e l’istigazione all’odio ricadono in questa categoria; quest’ultima in particolar modo, poiché non solo provoca stress psicologico ed emotivo in chi ne è colpito, ma incoraggia anche alla violenza fisica verso tali soggetti.4
Un altro concetto che viene chiamato in causa per sostenere le limitazioni alla libertà di espressione è la moralità: le opinioni immorali o le rappresentazioni del vizio nell’arte possono essere oggetto dell’intervento della censura, che agisce così con scopo educativo. Tuttavia, come evidenziato da Ainis5, la censura non raggiunge tale scopo in quanto è solamente in grado di inibire la rappresentazione dei vizi, e non i vizi stessi.
Una delle questioni più controverse che riguardano il tema della libertà di espressione è il negazionismo. Sebbene la negazione dell’Olocausto sia sanzionata in molte legislazioni dell’Unione Europea, i movimenti antisemiti e i partiti politici ispirati a ideologie simili sono spesso ancora presenti in questi Stati. L’antisemitismo è un fenomeno culturale con radici storiche molto profonde, per cui l’utilità di imporre un mero divieto formale è altamente discutibile6. Ridurre al silenzio i negazionisti può persino avere l’effetto indesiderato di avvantaggiarli, facendoli apparire come martiri o eroi perseguitati7. Inoltre, la ricerca della verità è una responsabilità dell’individuo che non dovrebbe mai essere delegata allo Stato. Proibire il negazionismo significa imporre una verità storica per forza di legge, e quindi non avere fiducia nella capacità della verità di difendersi da sola5. Ma soprattutto, simili provvedimenti possono portare ad una deriva proibizionista, ovvero alla censura di qualsiasi opinione venga considerata socialmente inaccettabile in un dato momento storico6.

In generale, più che gli abusi della libertà di espressione è proprio l’imposizione di vincoli legali a tale libertà che costituisce una minaccia per la democrazia, poiché spesso nasconde la volontà della politica di reprimere il dissenso e occultare di fronte all’opinione pubblica attività di stampo illegale. Le autorità politiche possono mettere a repentaglio l’attività di monitoraggio dei media attraverso la repressione o il controllo.
La prima è usata principalmente da governi autoritari o dalla criminalità organizzata, utilizza strumenti che vanno dalle minacce all’imposizione di sanzioni o l’intervento dell’autorità giudiziaria, specialmente nei confronti della satira e del giornalismo d’inchiesta. Molti giornalisti pagano con la vita l’esercizio della libertà di informazione, uno degli esempi più recenti è la giornalista russa Anna Politkovskaya, nota per la sua opposizione a Vladimir Putin, che era il Presidente della Russia al momento della sua morte. Altri sono costretti a vivere nascosti e sotto scorta, come lo scrittore italiano Roberto Saviano, colpevole di aver rotto il muro di omertà sulla Camorra.
In secondo luogo, i politici possono esercitare un controllo diretto e completo su stampa, radio e tv, così da trasformare l’informazione in propaganda governativa, manipolare l’opinione pubblica ed eliminare ogni forma di dissenso. In questo caso il Paese resta solo formalmente una democrazia, ma di fatto non è molto diverso da una dittatura. Quando in un sistema legale non vi sono leggi contro il conflitto di interessi è molto più alta la probabilità che i politici prendano il controllo dei media, o viceversa, che chi possiede i mezzi di informazione acquisti potere politico.

(per continuare la lettura cliccare su “3”)

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
Tutti gli articoli di Matteo Patané →