Rimborsopoli: Cota restituisce 32mila euro alla regione Piemonte

Pubblicato il 10 Aprile 2014 alle 16:39 Autore: Carmela Adinolfi

Il leghista Roberto Cota, ex presidente della Regione Piemonte, ha restituito circa 32 mila euro, soldi che, gli contestano i magistrati, avrebbe sottratto alle casse della regione fra il 2010 e il 2012, spendendoli in mutande e ristoranti.

Questo è quanto emerso ieri, a margine della prima udienza per il processo sulle spese pazze del consiglio regionale del Piemonte. Per un’altra vicenda, legata alle firme false nella lista Pensionati per Cota, all’inizio di quest’anno il Tar aveva invalidato le elezioni del 2010 che, 3 anni e mezzo fa, avevano permesso all’esponente del Carroccio di imporsi sulla piddina Mercedes Bresso.

Il nome di Cota figura tra quelli dei 39 consiglieri regionali indagati dalla procura di Torino per peculato e truffa nell’ambito delle indagini sulla Rimborsopoli piemontese. L’inchiesta, che nel 2012 interessò l’intero consiglio regionale, i cui componenti furono accusati di aver speso denaro pubblico per comprarsi capi firmati, elettrodomestici, campanacci per mucche fino all’intimo del colore del partito, è giunta ieri mattina nelle aule del tribunale di Torino, dove si è tenuta l’udienza preliminare davanti al gup Roberto Ruscello.

Grande assente proprio l’ex governatore che ha visto accolta la richiesta di rito abbreviato presentata dai suoi legali: il processo, con giudizio immediato, si terrà il prossimo 21 Ottobre. Cota sarà giudicato da solo.

L’ex presidente non è il solo ad aver restituito quanto contestato dai magistrati di Torino. Altri 15 politici hanno versato nelle casse della regione una cifra pari a 300mila euro per le false fatturazioni. Un ammontare il cui valore è calcolato sulla base della somma contestata dalla procura più il trenta per cento del danno d’immagine provocato all’ente di cui gli imputati facevano parte. Solo una parte, comunque, del milione e mezzo di euro che i giudici contestano agli ex-componenti dell’assemblea piemontese.

“Cota, pur ribadendo la correttezza del proprio comportamento e la propria assoluta innocenza rispetto alle accuse mosse dalla procura di Torino – ha detto il suo avvocato Domenico Aiello – ha deciso di agire in questo modo in un’ottica di trasparenza” ma, in realtà, questa mossa più che un’ammissione di colpa o un atto di pentimento sembra configurarsi come il tentativo da parte della difesa di ammorbidire le posizioni dei giudici, avere degli sconti di pena nel processo e superare così l’incandidabilità imposta dalla legge Severino. Questa norma, fra le altre cose, disciplina anche  sui criteri, sulla  sospensione e la decadenza di diritto per incandidabilità alle cariche regionali. Il patteggiamento porterebbe a comminare pene non superiori a un anno e mezzo, evitando così la non eleggibilità imposta dalla norma per gli imputati.

Oltre a Cota e ad altri leghisti, nel processo sono coinvolti, fra gli altri, anche gli ex Pdl  Marco botta e Francesco Toselli, oltre a Rosa Anna Costa, in quota Ncd, unica presente ieri all’udienza.

 

L'autore: Carmela Adinolfi

Classe '89. Una laurea triennale in comunicazione e una specializzazione in Semiotica all'Alma Mater Studiorum. Da Salerno a Perugia, passando per Bologna. Esperta in comunicazione politica, ha approfondito l'ascesa al potere di Matteo Renzi. Interessi: dal marketing alla comunicazione politica fino alle nuove forme di giornalismo digitale. Scrive per Termometro Politico e si allena per diventare giornalista.
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