Francia: governo Valls II, silurata la fronda socialista

Pubblicato il 27 Agosto 2014 alle 10:21 Autore: Niccolò Inches

Da Parigi – Si è aperto il sipario sul Governo Valls II, precisamente il quarto esecutivo di Francia dalla vittoria del Partito Socialista alle Presidenziali e legislative del 2012. Nel pomeriggio di martedì 26 agosto, l’Eliseo ha ufficializzato i 16 nomi che affiancheranno il Primo Ministro Manuel Valls all’interno della compagine governativa. Una squadra, come ampiamente previsto, di cui non faranno parte i principali esponenti della ‘Fronda’ PS, a cominciare da quell’Arnaud Montebourg che aveva di fatto avviato la crisi di governo con le sue dichiarazioni contro l’austerity e le politiche economiche di François Hollande. Il Valls II, come ha poi specificato lo stesso premier in serata nel corso dell’intervista al telegiornale di France 2, “chiederà la fiducia all’Assemblea Nazionale tra settembre e ottobre”.

In occasione del suo esordio a Palazzo Matignon il 31 marzo scorso, Manuel Valls parlava della necessità di assicurare “la massima coerenza interna” per un “governo di lotta”. Il problema dell’unità d’intenti tra ministri si è riproposta cinque mesi più tardi, con la mina vagante Montebourg (affiancato dai compagni della sinistra socialista Benoit Hamon e Aurélie Filippetti) che viene dunque sostituito al ministero dell’Economia dall’appena 36enne Emmanuel Macron, consigliere economico del Presidente Hollande e suo braccio destro fin dai tempi della candidaura alle Primarie nel 2011.

“Alcuni ministri contestavano la direzione impressa dal Capo dello Stato. I francesi non potevano tollerare questa situazione”, ha affermato Valls, che ha concretizzato la svolta silurando il paladino del ‘made in France’ (primo oppositore, peraltro, dell’inglobamento dell’azienda energetica nazionale Alstom nel colosso americano General Electric) a beneficio dell’uomo uscito dalle grandes écoles SciencesPo ed ENA. L’arrivo a Bercy di Macron sugella, a detta di molti commentatori, il definitivo approdo di Hollande ai lidi del ‘social-liberalismo’. Il giovane Emmanuel agirà come garante del celeberrimo Patto di Responsabilità, concepito per diminuire il carico fiscale sulle imprese e stimolare l’occupazione.

hollande

Photo by Jean-Marc AyraultCC BY 2.0

A fare le valigie, assieme a Montebourg, sono quindi gli altri dissidenti Hamon e Filippetti: il primo, titolare di Scuola e Università, sarà rimpiazzato da Najat Vallaud-Belkacem, già ministro delle Pari opportunità con Jean-Marc Ayrault e responsabile delle politiche giovanili nel Valls I. L’ex portavoce del governo, simbolo della crociata femminista contro la prostituzione e primo sponsor della ‘Teoria di Genere’ nel PS, diventa la prima donna al vertice dell’Educazione nazionale.

Avvicendamento tutto al femminile, invece, al ministero della Cultura e della Comunicazione: la recalcitrante Filippetti passerà il testimone a Fleur Pellerin, che torna alla guida di un dicastero dopo aver ricoperto l’incarico di Segretario di Stato con delega al turismo.

Confermati, al contrario, gli altri big: il veterano Laurent Fabius agli Esteri, Christiane Taubira alla Giustizia (nonostante i malumori del suo Parti de Gauche sulla nuova composizione dell’esecutivo), Stéphane Le Foll all’agricoltura e l’ex compagna del Presidente Ségolène Royal all’Ecologia. Torna a dirigere un ministero economico anche Michel Sapin, responsabile del Lavoro sotto Ayrault, dirottato alle Finanze.

Ad eccezione della presenza di Taubira e di Sylvia Pinel (ministro della Casa per il Parti Radical de Gauche), il rimpasto di Manuel Valls dà sostanzialmente luogo ad un monocolore socialista: non v’è traccia dei Verdi di Europe Ecologie Les Verts, critici con l’ex titolare degli Interni da tempi non sospetti, né dei centristi del Modem, il cui leader François Bayrou (autore di una sorta di endorsement a destra per Alain Juppé, in vista delle Primarie UMP) era stato accostato negli ultimi giorni alle trattative per la formazione del nuovo governo.

La scelta di Valls di affidare l’Economia a Emmanuel Macron, tuttavia, resta il nodo centrale dell’intero remaniement. A destra come a sinistra, l’ascesa dell’ex banchiere Rothschild, espressione della Francia delle élite, viene salutata con un coro di critiche: “Non cambierà nulla nella politica del governo. Macron è un uomo di destra”, è stato il commento del segretario del Parti de Gauche Alexis Corbière, mentre il vice-presidente del Front National Florian Philippot ha parlato addirittura di “sottomissione” nei confronti della finanza e delle politiche dell’Unione Europea. Alcuni esponenti della fronda socialista, come Laurent Baumel, l’hanno definita senza mezzi termini “una provocazione”. Al momento del voto di fiducia per il nuovo esecutivo sarà proprio l’atteggiamento della minoranza PS a finire sotto la lente di ingrandimento, all’interno della quale figurano i parlamentari fedeli all’attuale sindaco di Lille (nonché vecchia avversaria di Hollande alle Primarie) Martine Aubry, figlia di Jacques Delors e figura di spicco dell’apparato socialista.

In ogni caso, lo ‘schiaffo’ a Montebourg e all’ala sinistra del partito, come titola il settimanale ‘Marianne’, è stato sferrato. Il celebre discorso dell’allora candidato all’Eliseo François Hollande su “la finanza mio primo nemico” sembra ormai un pallido ricordo nelle teste di esponenti e simpatizzanti del maggior soggetto progressista transalpino, dopo la nomina di Macron. La riduzione del deficit rappresenta, per stessa ammissione del Primo Ministro Valls, uno step ineludibile per ridare competitività all’economia francese: “La Francia vive al di sopra delle proprie possibilità da 40 anni (…) il nostro debito pubblico corrisponde al 57% del prodotto interno lordo”.

Alla luce della virata verso destra del Partito Socialista, in seno alla Gauche la spaccatura si fa sempre più profonda. La crisi di governo e l’esilio dei dissidenti giungono quasi all’unisono con le dimissioni dell’ex candidato alle Presidenziali Jean-Luc Mélénchon da leader del Front de Gauche. Nella provvisoria uscita di scena dell’europarlamentare, oltre che una certa rassegnazione indotta dall’irrompere di Marine Le Pen presso l’elettorato tradizionale della sinistra radicale, va letta la volontà di preparare il terreno per un futuro soggetto federatore di post-comunisti e anti-capitalisti d’Oltralpe. Non è dato sapere, tuttavia, se personalità come Aranaud Montebourg (ora più che mai con le mani libere dopo lo strappo del tandem Valls-Hollande) finiranno per confluire in un ipotetico Cartello delle Sinistre 2.0.

Niccolò Inches
@niccolink

Immagine in evidenza: photo by DenisDenisCC BY 2.0

L'autore: Niccolò Inches

Laureato in Scienze Politiche, ho frequentato il Master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la S.I.O.I di Roma. Scrivo per Termometro Politico da Parigi, con un occhio (e anche l'altro) sulla politica dei cugini d'Oltralpe. Su Twitter sono @niccolink
Tutti gli articoli di Niccolò Inches →