Lavoro, la Commissione approva la delega. Dibattito nella maggioranza su art.18, Bersani: “Intenzioni surreali”
Continua a tenere banco la questione dell’articolo 18. Con le posizioni all’interno della maggioranza che si fanno sempre più distanti. L’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, ad esempio, non molla e ribadisce la sua assoluta contrarietà all’abolizione. “L’idea che sembra avere Renzi di cancellare l’articolo 18 non coincide con la mia. Alla direzione del Pd che sarà convocata a fine mese dovrà essere chiarita qual è la posizione del partito. Ritengo sbagliato che in questo momento di massima disoccupazione si voglia lasciare la libertà di licenziare alle imprese. Si può andare allo scontro o cercare un compromesso. Da parte mia, sposo in toto il modello tedesco sui licenziamenti, fonte di ispirazione due anni fa delle modifiche all’articolo 18 del governo Monti”.
L’emendamento “può essere interpretato come un superamento dell’articolo 18 o come una sospensione temporanea. Io propendo per questa seconda interpretazione“, dice Damiano. “Con i decreti attuativi si capirà chi ha ragione. Da parte nostra non ci sarà alcuna delega in bianco”.
Un duro attacco arriva anche dall’ex segretario Pierluigi Bersani: “Io mi ritengo una persona di sinistra liberale, penso che ci sia assolutamente la necessità di modernizzare le regole del lavoro dal lato dei contratti e dei servizi. Ma leggo oggi sui giornali, come attribuite al governo, delle intenzioni ai miei occhi surreali. In alcuni casi si descrive un’italia come vista da Marte”. A questo punto, “è assolutamente indispensabile che il governo dica al parlamento cosa intende fare nel decreto delegato sul lavoro, perché si parla di cose serie”.
“E’ ora di poter discutere con precisione cosa intendiamo quando diciamo che bisogna superare il dualismo e l’apartheid nel mercato del lavoro – continua Bersani – quando diciamo che bisogna estendere le tutele universalistiche, quando diciamo che bisogna tenere, nella crisi, in equilibrio i rapporti di forza tra capitale e lavoro. Quando diciamo queste che sono cose basiche per un paese”.
Meno duro ma ugualmente secco il giudizio del presidente del Pd, Matteo Orfini: “I titoli del job act sono condivisibili. Lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione, ma servono correzioni importanti al testo”.
Di tutt’altro tenore le dichiarazioni che provengono dal Nuovo centrodestra, per bocca dell’ex ministro Maurizio Sacconi: “Il Jobs act, come emendato dal governo, consegna ad esso la possibilità di scrivere quel testo unico semplificato, la riforma dello Statuto dei lavoratori, che avevamo auspicato, cambiando tre articoli chiave: il 4, il 13 e il 18. Un terno secco”.
Il presidente della commissione Lavoro al Senato, intervistato dal Corriere della Sera, esprime soddisfazione: “E’ la migliore soluzione che io potessi auspicare. L’indennizzo in caso di licenziamento sarà proporzionato all’anzianità di servizio. Sparisce il reintegro”. “La delega ora è molto chiara. Certo il diavolo può stare nei particolari, e il diavolo qui sono i decreti legislativi che seguiranno, ma io mi fido di Renzi”, dice Sacconi.
“In un’intervista disse che riformare l’articolo 18 è la direzione di marcia, nel discorso sui Mille giorni alle Camere è stato esplicito. E mi fido anche perchè tutte le istituzioni sovranazionali attendono dall’Italia questo cambiamento di verso: Bce, commissione Ue, Ocse, Fmi”.
Dal governo arrivano anche le parole del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che parla dell’emendamento sul Jobs Act e del licenziamento discriminatorio. “Non è mai stata in discussione la questione del reintegro per il licenziamento discriminatorio, l’emendamento non ne parla” è l’opinione del ministro, a margine della presentazione di ‘Alliance for youth’ organizzato da Nestlè. E poi stoppa eventuali modifiche al testo, considerate “non previste, adesso c’è il lavoro parlamentare”.
Nel pomeriggio è arrivata l’approvazione della delega lavoro da parte della Commissione Lavoro del Senato. Ora tocca all’Aula, dove il Jobs Act approderà martedì prossimo. Soddisfazione da parte del presidente della Commissione, Maurizio Sacconi, che vede l’accordo come “l’incontro tra due riformismi”. Le delegazioni di 5 Stelle e di Sel hanno invece abbandonato la Commissione, in aperta polemica come sottolineato dalla 5S Sara Paglini: “Si discute di una delega in bianco, di fatto si modifica lo Statuto del lavoratori, non è accettabile”.