Referendum in Catalogna: braccio di ferro con Madrid

Pubblicato il 30 Settembre 2014 alle 07:24 Autore: Antonio Scafati

Tutto secondo programma: dichiarazioni forti, posizioni nette, muro contro muro. Sabato scorso il premier della regione autonoma della Catalogna, Artur Mas, ha dato il via libera al referendum sull’indipendenza della regione convocato per il 9 novembre. Ieri il governo di Madrid in seduta straordinaria ha risposto facendo ricorso alla Corte costituzionale contro il referendum. E la Corte si è messa subito in moto.

Niente e nessuno può infrangere la sovranità dello stato spagnolo” ha dichiarato il primo ministro Mariano Rajoy, secondo il quale il referendum convocato in Catalogna “non è compatibile con la Costituzione spagnola”, solo il Parlamento può autorizzare consultazioni popolari del genere.

È quasi certo che la Corte costituzionale darà ragione a Madrid. Nel frattempo i giudici hanno accolto il ricorso, una decisione che sospende automaticamente il referendum per cinque mesi: fino alla sentenza, qualsiasi consultazione sarebbe da considerarsi illegittima. La legge referendaria votata dall’Assemblea catalana e il decreto firmato da Mas non potranno avere attuazione.

A questo punto starà alla Catalogna decidere se andare avanti lo stesso oppure no, procedendo in quello che già adesso appare come un braccio di ferro dove le possibilità di dialogo tra le parti sembrano sempre più scarse.

“La Catalogna vuole parlare, vuole essere ascoltata e vuole votare “ ha dichiarato Mas sabato scorso, sostenendo che le leggi locali permettono la convocazione di un referendum del genere. Madrid non la pensa così.

Catalogna 2

Photo by Stasiu TomczakCC BY 2.0

“Ho mantenuto continuamente il dialogo con Artur Mas, sono stato disposto a negoziare, ma la Generalitat (il governo autonomo della comunità autonoma della Catalogna, ndr) va avanti con una politica di fatti consumati e decisioni unilaterali” ha replicato ieri Rajoy: “Il governo è obbligato a presentare il ricorso davanti alla Corte costituzionale, in difesa di tutti gli spagnoli, inclusi i catalani». Madrid del resto teme che assecondare le richieste della Catalogna possa costringerla in futuro a fare altrettanto con altre regioni della Spagna, in particolare con i baschi che da anni covano al proprio interno spinte indipendentiste.

Il governo di Madrid sostiene che la Catalogna ha già sufficiente dose di autonomia: ha una propria polizia, ha un proprio parlamento. Ma a Barcellona sono decisi ad andare avanti. A inizio settembre, uno dei leader di Esquerra Republicana, uno dei partiti più importanti della Catalogna, aveva dichiarato che qualora Madrid non dovesse concedere il referendum, la gente sarebbe pronta ad adottare misure di disobbedienza civile.

Di fronte al congelamento del referendum determinato dalla Corte costituzionale, Artur Mas ha di fronte a sé poche scelte: andare avanti sfidando apertamente Madrid, cosa che potrebbe condurre anche ad arresti; oppure indire elezioni anticipate in Catalogna, provando a trasformare quel voto in una sorta di referendum indiretto.

Ma anche questo è un rischio: la Esquerra Republicana (che oggi fornisce al governo di Mas il fondamentale appoggio per andare avanti) avanza e potrebbe ottenere enormi vantaggi da un voto anticipato. In quel caso, Madrid si ritroverebbe con un governo locale ancor più deciso a sostenere la causa indipendentista.

C’è poi da tener conto del fatto che il 45 per cento dei catalani pensa che sarebbe opportuno non convocare il referendum se la Corte costituzionale dovesse giudicarlo illegale. Secondo un sondaggio del quotidiano El País, solo il 23 per cento pensa che si dovrebbe andare avanti a prescindere.

La Catalogna da sola rappresenta un quinto dell’economia spagnola. Vi risiede il 16 per cento della popolazione. I sondaggi dicono che la maggioranza dei catalani vorrebbe potersi esprimere attraverso un referendum.

Rispetto a qualche settimana fa, però, la percentuale di chi vuole l’indipendenza sembrerebbe essere scesa sotto quota 50 per cento. Resta il fatto che le ricerche degli ultimi anni mostrano come la voglia di indipendenza nella regione sia cresciuta molto negli: nel 2010 solo un quinto dei catalani sosteneva l’idea di staccarsi da Madrid.

Immagine in evidenza: photo by Stasiu TomczakCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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