Ostruzionismo made in Italy: quando la zuffa è una prassi

Pubblicato il 13 Febbraio 2015 alle 12:52 Autore: Antonio Atte

La zuffa da osteria nella quale, stanotte, si sono cimentati alcuni deputati del Pd e di Sel potrebbe apparire ai più come l’ennesima prova del declino irreversibile della dialettica parlamentare; del naufragio della nobile ars oratoria, frequentata un tempo con severa disciplina dai padri della Patria: la resa del dibattito intellettuale alla scazzottata, secondo quella linea involutiva che va da Cicerone a Bud Spencer. Peccato però che la storia dell’agone parlamentare italiano, sin dal post Risorgimento, sia costellata di episodi – più o meno edificanti – di duro ostruzionismo (o, per dirla all’anglosassone, di filibustering), per cui ogni nostalgico sospiro indirizzato ai tempi aurei della parola risulta ingiustificato.

“Lo scontro più drammatico”

Primavera del 1949. In Aula si discuteva se l’Italia dovesse aderire o meno al Patto Atlantico. “Fu, per unanime riconoscimento, il più aspro e drammatico scontro che si sia svolto nelle aule del Parlamento”, scrive Gianni Corbi su La Repubblica il 15 novembre del 1994. Sul Corriere della Sera – riporta sempre Corbi – si poteva leggere: “All’ improvviso ecco balzare alto sulla mischia il comunista Pajetta che, partito come un razzo dal terzo settore, con tre balzi aerei, da un settore all’altro, è piombato a tuffo nel groviglio di teste, braccia, e gambe e in quel groviglio sparisce inghiottito…”.

Ostruzionismo: la legge truffa del ’53

Dopo le barricate alzate da comunisti e socialisti nel 1951 contro il progetto di difesa civile presentato dal ministro dell’interno Scelba, altra tappa significativa dell’ostruzionismo parlamentare italiano fu la discussione sulla legge elettorale di tipo maggioritario del 1953, bollata dalla sinistra come “legge truffa”: l’Aula – riporta lo storico Giuseppe Mammarella, ripreso da Gianni Corbi – si trasformò in un ring di pugilato. Giulio Andreotti descrisse così quei momenti ad Aldo Cazzullo del Corriere della sera: “Io non sono portato a drammatizzare – sorride Andreotti – però quella volta c’era da aver paura. Le provarono tutte per interrompere la seduta; il presidente del Senato, Giuseppe Paratore, resisteva anche al lancio delle tavolette. Io ero rimasto solo al banco del governo e mi infilai in testa un cestino dei rifiuti. Parevo un marziano. Spano fu fermato prima di far precipitare sulla testa di Paratore una poltrona; mi sibilò: ‘Dopo il voto avrete un nuovo piazzale Loreto’. Paratore si dimise”.

Ostruzionismo: il record di Marco Boato

Poi fu la volta, negli anni Settanta, delle aspre bagarre in salsa Dc in occasione delle leggi sul divorzio e sull’aborto. Ma è con i radicali che l’arte dell’ostruzionismo estremo acquista nuova linfa, prima dei sabotaggi leghisti e della cartellonistica grillina con tanto di hashtag. Nel febbraio del 1981, il deputato radicale Marco Boato tenne un discorso di 18 ore e 5’ contro una norma del ddl Cossiga che riguardava il fermo prolungato da parte della polizia: record. Il regolamento vietava di leggere un discorso scritto e proibiva agli oratori di appoggiarsi al banco. Sul sito di Radio Radicale è possibile leggere questa testimonianza: “Il vicepresidente Luigi Preti, trovandosi a presiedere l’Assemblea durante la notte del 10-11 febbraio 1981, occupata da Boato, ricorse al binocolo per verificare se l’oratore si servisse di appoggi o tentasse di sedersi, e gli negò più volte di sorseggiare un cappuccino, attenendosi strettamente al regolamento, che ammette soltanto l’uso di acqua zuccherata”. Nessuna scazzottata in questo caso, ma 18 ore di discorso avrebbero steso anche Mike Tyson.

Antonio Atte

L'autore: Antonio Atte

Classe '90, stabiese, vive a Roma. Laureato al DAMS con 110 e lode, si sta specializzando in Informazione, editoria e giornalismo presso l'Università degli studi Roma Tre. E' appassionato di politica, cinema, letteratura e teatro. Mail: antonio.atte@termometropolitico.it. Su Twitter è @Antonio_Atte
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