Liberalizzazioni, per colpa del centrodestra vent’anni di fallimenti

Pubblicato il 22 Febbraio 2015 alle 15:55 Autore: Livio Ricciardelli
berlusconi centrodestra

Dal 1994 la retorica di gran parte del centrodestra italiano è stata improntata al tema della rivoluzione liberale”. In questo senso alcune testimonianze dell’ex ministro forzista Alfredo Biondi sono quanto mai significative: il nucleo centrale ed originario del neo costituito movimento politico Forza Italia apparteneva a vecchi esponenti del liberalismo italiano (basti pensare nell’ordine a Martino, Ciaurro e Urbani) che sognava attraverso Berlusconi ciò che Malagodi non era mai riuscito a realizzare (nemmeno alle politiche del ’63): il Partito Liberale di massa.

Quante le riforme fallite dal centrodestra

Il progetto forzista, soprattutto grazie al vuoto politico post-Tangentopoli, si dimostrò in grado di vincere le elezioni ma non di portare avanti con successo quelle riforme liberali tanto decantate. Pensate al tema delle riforme istituzionali: se escludiamo il primo governo Berlusconi, che durò ben poco, Forza Italia è stato elemento determinate nell’affossare il progetto di riscrittura della Costituzione della Terza Bicamerale (secondo le mitomanie di marca finiana perché il sistema che si stava delineando era analogo al semipresidenzialismo alla francese, da sempre pallino del vecchio Movimento Sociale).

Al tempo stesso la cosiddetta “Devolution” promossa dal centrodestra fu direttamente bocciata dagli elettori nel referendum confermativo del giugno 2006. Insomma, poteva pure essere una riforma liberale. Ma non si dimostrò essere di massa.

Ad oggi l’uomo che rischia di passare alla storia come il padre nobile di un’ipotetica “Terza Repubblica” (ma forse bisognerebbe dire Seconda…) è Matteo Renzi che non ha mai fatto parte di Forza Italia e anzi proviene da uno schieramento politico da sempre osteggiato dal berlusconismo duro e puro. Anche più dei vari Pds-Ds.

Delusioni anche dall’economia

Per quanto riguarda l’aspetto economico il ventennio berlusconiano può dirsi ancor di più fallimentare: in questi anni il debito pubblico in rapporto al Prodotto Interno Lordo è aumentato fino a raggiungere gli oltre 2100 miliardi. Le uniche politiche economiche che il paese è riuscito a controllare sono sul versante del deficit, aspetto da sempre non centrale nel discorso pubblico liberale. Al tempo stesso la pressione fiscale è ha raggiunto la Top 5 europea ed il sistema corporativo nazionale non è riuscito a perdere le rendite posizioni ereditate dal regime fascista.

Si potrebbe arrivare alla conclusione, a dire il vero non inedita, di un Berlusconi grande imprenditore che scende in politica non tanto per garantire il liberismo tanto caro a Biondi e co. ma un sistema protezionistico teso a dar vita ad un monopolio quasi di stampo colbertista. In cui al centro ci sono le aziende del Capo.

alfano fini contro berlusconi

Le contraddizioni di Ncd

In questo senso è paradigmatico l’atteggiamento del Nuovo Centrodestra in merito alle liberalizzazioni promosse dal ministro Guidi nel consiglio dei ministri di venerdì. Per quanto alle origini del movimento si sia teorizzata un’ipotetica linea di frattura secondo cui Ncd era la matrice “cattolica” del centrodestra mentre Forza Italia quella “liberale”, col tempo varie contraddizioni interne hanno smentito questo tipo di teorizzazione.

Resta però il fatto che quella formazione politica costola del berlusconismo e desiderosa di restare al governo “per fare le riforme” (ovviamente) è stata un freno a quelle stesse riforme che sono nell’abc dell’agire politico del centrodestra italiana. E dunque la Lorenzin (tra l’altro anch’ella ex Pli!) ha frenato la possibilità di vendere medicinali di fascia C anche fuori dalle farmacie. Il ciellino Lupi ha fatto di tutto per fermare una seria riforma del sistema portuale italiano che avrebbe reso più agevole il ruolo storicamente marittimo del nostro contesto nazionale. E da qui una serie di misure in cui l’interesse corporativo o per un particolare frammento di società ha avuto la meglio sui principi immortali di Adam Smith e de La Ricchezza delle Nazioni.

Il fatto che Gaetano Quagliariello, nel corso di un dibattito con la Boschi al Sestriere, sottolinei l’importante ruolo di Ncd nel frenare la sinistra dem sulla riforma del mercato del lavoro appartiene alla categoria dei diversivi politici. Perché anche in questo frangente storico la destra italiana, in tutte le sue differenti emanazioni, si è dimostrata forza della conservazione e freno allo sviluppo di un paese da sempre schiavo di interessi, lungaggini burocratiche e imperanti valori improntati al più bieco “tengo famiglia”.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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