Riforme, arriva il via libera della Camera Minoranza Pd: “Adesso modificare Italicum”

Pubblicato il 10 Marzo 2015 alle 11:12 Autore: Ludovico Martocchia

Riforme, via libera della Camera al disegno di legge. Su 489 presenti, i voti favorevoli sono stati 357, i contrari 125 e sette gli astenuti. Un voto che non è stato però unanime. Esulta il premier Matteo Renzi: “Voto riforme ok alla Camera. Un paese più semplice e più giusto. Brava Maria Elena Boschi, bravo Emanuele Fiano, bravi tutti i deputati di maggioranza #lavoltabuona”. Gli fa eco il ministro Boschi, madrina delle riforme. “Abbiamo fatto un passo in avanti importante e abbiamo messo un altro tassello”. Boschi ringrazia poi tutti i deputati “per il grande lavoro fatto”.  Non manca l’apertura al confronto con i dirigenti del Pd: “Parleremo con loro”.

Pier Luigi Bersani è però sul piede di guerra: “Il Patto del Nazareno non c’è più, non si dica che non si tocca niente. O si modifica in modo sensato l’Italicum o io non voto più sì sulla legge elettorale e di conseguenza sulle riforme perchè il combinato disposto crea una situazione insostenibile per la democrazia”. Tesi messa nero su bianco in un documento firmato da 24 deputati di Sinistra Dem e sottoscritto da Gianni Cuperlo. “Nel caso in cui il governo rifiutasse di riaprire il confronto sulle ipotesi di miglioramento delle riforme costituzionali e dell’Italicum, ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Da parte nostra ci riserviamo fin da ora la nostra autonomia di giudizio e di azione”. “Il combinato Italicum e riforma istituzionale non sta in piedi – avverte il deputato dissidente Alfredo D’Attorre – se Renzi rifiuterà di modificare la legge elettorale, non darò più il sostegno al governo”.

Duro anche il commento di Nichi Vendola: “La Costituzione è il fondamento della vita democratica. E stravolgerla con la logica dei colpi di mano nella direzione sbagliata è grave. Questa cosiddetta riforma serve a dare sempre più potere a chi il potere ce l’ha, e a rendere il popolo sempre più una comparsa sulla scena della vita pubblica”.

Riforme, i voti mancanti nel Pd

Sul voto al ddl Boschi di riforma costituzionale al Pd sono mancati 18 voti: tre astenuti (Angelo Capodicasa, Carlo Galli e Guglielmo Vaccaro) e 15 deputati che non hanno partecipato al voto. Di questi, in otto sono ‘giustificatì: Maria Chiara Carrozza, Massimo Bray, Ezio Casati, Lorenzo Becattini, Vincenzo Folino, Giovanna Martelli, Demetrio Battaglia e Francantonio Genovese (detenuto con l’accusa di truffa e peculato). Non hanno partecipato al voto, inoltre, Ferdinando Aiello, Francesco Boccia, Paola Bragantini, Pippo Civati, Stefano Fassina, Luca Pastorino e Michele Pelillo.

Riforme, un voto pieno di incognite

Da una parte Matteo Renzi e il governo che combatte con la minoranza dem, contraria nel merito della riforma del Senato, dall’altra Berlusconi, che dopo la rottura del Patto del Nazareno ha perso la bussola di Forza Italia. Si aggiunge anche il MoVimento 5 Stelle pronto ad abbandonare l’aula. Lega, Fratelli d’Italia e Sel voteranno no. Questo è lo stato generale a Montecitorio, dove proprio oggi approderà il ddl Boschi. Diremo addio al bicameralismo perfetto? Di certo non lo scopriremo in questi giorni: l’iter è ancora lunghissimo, si aspetta la navette tra Camera e Senato e un probabile referendum confermativo finale. tabella

La spaccatura interna a Forza Italia. Il documento dei verdiniani

Gli appelli dell’ex-Cavaliere non fanno più breccia nel cuore degli azzurri. La frattura tra falchi e colombe, tra astensionisti, contrari e favorevoli alla riforma è evidente. I verdiniani voteranno  comunque “no” alla Camera al ddl Boschi, come indicato da Silvio Berlusconi. Daniela Santanchè, una delle esponenti azzurre più tentate dal sì, spiega all’Adnkronos le ragioni del passo indietro: “Il presidente Berlusconi ci ha chiesto un atto di fiducia e noi siamo leali. Credo che tutto il gruppo di Fi alla Camera oggi voterà compatto per il no, grazie soprattutto alla nostra buona volontà, perchè noi siamo persone leali, ma faremo un atto pubblico per manifestare tutte le nostre critiche e perplessità a questa riforma”. I filonazareno, 17 in tutto,  hanno poi presentato un documento molto critico nei confronti della riforma renziana e della linea del partito spesso “troppo oscillante”. “Come dimostra questo documento il gruppo non è nè unito nè persuaso dalla linea che è stata scelta. Desideriamo rappresentarti il nostro profondo disagio e dissenso rispetto alla decisione di votare contro le riforme istituzionali all’esame della Camera. Siamo infatti convinti della bontà del percorso che era stato avviato con il cosiddetto ‘patto del Nazareno’, un percorso che ci aveva rimesso al centro della vita politica del Paese e che ci aveva consentito di partecipare ad un processo di riscrittura della Costituzione che per la logica fisiologia della politica non poteva che avere natura ‘compromissoria’”. A loro ha risposto il capogruppo alla Camera di FI, Renato Brunetta. “Di fronte alla notizia che Renzi non ha la maggioranza in Parlamento guardo con tolleranza queste sensibilità diverse emerse in FI, che sono francamente giustificabili dopo un anno sofferto di Patto del Nazareno. Il nostro no è stato un no di libertà”.

Invece è più deciso un altro esponente storico, Gianfranco Rotondi: “Berlusconi si sta facendo sfilare dal piede la palla del gol. E la sua missione non può dirsi compiuta se sciupa l’occasione storica di firmare l’ingresso nella terza repubblica”. A quanto pare l’ex Dc voterà a favore delle riforme proprio per “aiutare” l’ex-Cav e realizzare il sogno del bipolarismo.

Il no compatto di Forza Italia è stato applaudito dal ribelle azzurro, Raffaele Fitto. “Oggi benvenuti tutti all’opposizione. Ora l’essenziale è che non ci sia la riserva mentale, nel prossimo passaggio al Senato, una volta passate le elezioni regionali, di riprendere a fare pasticci come è accaduto fino a quindici giorni fa”. Mara Carfagna attacca invece i verdiniani. “Una parte di Forza Italia è con Renzi? Dovrebbero avere il coraggio di metterci la faccia, di uscire allo scoperto e di dichiarare ufficialmente la loro adesione al premier e al Pd”. “In politica bisogna metterci la faccia credo che sia apprezzabile, è un dovere farlo verso gli elettori”, spiega l’ex ministro per le Pari opportunità.

Sotto sotto c’è l’alleanza con la Lega

La situazione a destra mostra delle crepe profonde. Dietro alle decisioni di voto sulle riforme, si nascondono le elezioni regionali. Berlusconi riabbraccerà Alfano o sarà costretto ad un’alleanza difficile con la Lega lepenista? Molto si deciderà in questi giorni. Intanto i falchi si fanno sentire. Raffaele Fitto ora è soddisfatto per le parole dell’ex-Cavaliere; Brunetta tenta di tenere uniti i cocci del partito, Minzolini è più critico: “Fi si è fatta fregare da Matteo Renzi. Ha rubato le nostre idee e le rielabora in modo abborracciato”.

Da Civati a D’Attore: i contrari della minoranza

“Non darò il mio voto alla riforma costituzionale. Lo faccio in ragione di una posizione di merito che accompagna le mie azioni dal gennaio del 2013”. Queste sono le parole di Pippo Civati, portatore di istanze appunto “di merito” sulla questione delle riforme costituzionali. Il ribelle democrat attacca anche Area Riformista colpevole di “alzare polveroni” salvo poi “ritirare emendamenti e non far niente”. Pier Luigi Bersani oggi ha infatti detto che voterà sì alle Riforme a patto che poi si modifichi l’Italicum. “Se si vota oggi così com’è la riforma costituzionale, poi bisogna cambiare la legge elettorale. Chiedo di modificarla. Altrimenti io non sarei in grado di votarla”.

riforme civati minoranza

Un ragionamento che fa anche il deputato Alfredo D’Attore: “ora che non c’è più Forza Italia non ha senso restare fermi sulle vecchie posizioni”. Il bersaniano si spinge su dei cambiamenti drastici, soprattutto per evitare un parlamento di nominati, come diverrebbe secondo la minoranza con l’Italicum e la riforma costituzionale di Palazzo Madama. A votare contro sarà anche Stefano Fassina, certificando come saranno meno di cinque o sei i voti in dissenso dal gruppo.

D’altronde Delrio e Renzi hanno sempre confermato la forza della maggioranza e del governo. Se Forza Italia si discosta, abbiamo i numeri per andare avanti da soli. Anche se ora il Pd conterà necessariamente – prima di tutto per i prossimi passaggi al Senato – dei voti dei dissidenti di Berlusconi e forse su qualche ex grillino.

I Cinque Stelle usciranno dall’aula

L’atteggiamento dell’opposizione più dura non cambia. Il M5S si è sempre dichiarato contrario sui contenuti della riforma e sui metodi della sua approvazione – per esempio la seduta fiume di qualche settimana fa. Alla decisione estrema ha risposto il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza: “chi rimane fuori si condanna all’inutilità”. A lui ha replicato il deputato M5S Danilo Toninelli: “È davvero doloroso per me essere qui oggi ma lo faccio con l’orgoglio di chi ha il compito di testimoniare la contrarietà al tentativo di rovinare la Costituzione imposto con metodi fascisti”.

L'autore: Ludovico Martocchia

Nato e cresciuto nella periferia romana. Ha frequentato il Liceo Scientifico Francesco D'Assisi, ora studia Scienze Politiche alla Luiss. Da sempre appassionato di politica, scrive anche su Europinione.it. Ma prima di ogni cosa, libero pensatore.
Tutti gli articoli di Ludovico Martocchia →