Dopo la Brexit il Regno Unito punta al Pacifico con il CPTPP

Pubblicato il 5 Febbraio 2021 alle 14:23 Autore: Francesco Giannelli

Lo scorso 1 febbraio la Segretaria britannica per il commercio internazionale, Liz Truss, ha annunciato l’invio della formale richiesta da parte del Regno Unito per entrare a far parte del Partenariato transpacifico globale e progressivo (Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership, CPTPP).

Cos’è il CPTPP

Si tratta di un trattato multilaterale di libero scambio che coinvolge al momento undici Paesi americani e asiatici. Nello specifico ne fanno parte: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Il partenariato nasce nel 2018 dalla volontà di questi Paesi di allearsi dopo che gli Stati Uniti erano usciti dal Partenariato Transpacifico (TPP) nel 2017.

Per quanto sia meno ambizioso rispetto all’iniziale progetto del TPP, esso copre un mercato di circa 500 milioni di persone, che rappresenta il 13% del PIL mondale. L’obiettivo principale è un maggiore accesso ai reciproci mercati, attraverso l’impegno a eliminare o ridurre il 95% dei dazi doganali o delle tariffe. Alcune di queste vengono, tuttavia, conservate al fine di proteggere industrie domestiche sensibili, come la coltivazione del riso giapponese e l’industria lattiero-casearia canadese.

Alcuni dei vantaggi del CPTPP

Inoltre, ci sono diversi benefici legati alle “regole di origine”. I produttori che acquistano le componenti da più Stati possono richiedere che i loro prodotti ricevano un trattamento doganale preferenziale. Questo a condizione che almeno il 70% di tali componenti provenga da uno qualsiasi degli undici Paesi compresi nel trattato. Questo significherebbe, ad esempio, che le auto prodotte nel Regno Unito potrebbero utilizzare più parti di automobili di origine giapponese, come le batterie.

In cambio, i Paesi sono obbligati a cooperare sulle normative, come gli standard alimentari. A differenza dell’Unione Europea, il CPTPP non è né un mercato unico né un’unione doganale. Quindi i Paesi non sono tenuti ad avere normative e standard identici. Gli Stati partecipanti, possono inoltre concludere i propri accordi commerciali con altri Paesi esterni. Ovvero quello che il Regno Unito ha fatto con l’UE per il post-Brexit e come sta cercando di fare con gli Stati Uniti).

Cosa comporta per il Regno Unito

Dal punto di vista britannico, entrare a far parte del CPTPP porterebbe marginali guadagni immediati per imprese e famiglie. Infatti, Londra come Stato membro dell’UE aveva già accordi commerciali con la maggior parte delle nazioni del “club pacifico”, peraltro già rinnovati non appena formalizzata la Brexit. Inoltre il Regno Unito aveva già intavolato nei mesi scorsi trattative per raggiungere accordi commerciali con Australia e Nuova Zelanda. Questo lasciava “scoperti” soltanto Malesia e Brunei degli undici Stati parte del CPTPP.

Il governo britannico non ha ancora delineato esattamente l’entità del guadagno economico previsto a seguito dell’adesione. Ha però affermato che un report dettagliato sarà presentato entro la primavera. In totale le nazioni del CPTPP rappresentano al momento circa il 9% delle esportazioni del Regno Unito, un dato di per sé inferiore rispetto a quello che i britannici esportano ad esempio verso la sola Germania.

L’opinione del Governo Johnson

Downing Street ha sottolineato in particolare la valenza politica di tale gesto in relazione all’uscita dall’Unione Europea e alle nuove prospettive globali del Regno Unito. Il Primo ministro Boris Johnson  ha infatti dichiarato: “Un anno dopo la nostra partenza dall’UE stiamo forgiando nuove partnership che porteranno enormi benefici economici al popolo britannico. Candidarsi per essere il primo nuovo Paese ad aderire al CPTPP dimostra la nostra ambizione di fare affari nei migliori termini con i nostri amici e partner in tutto il mondo ed essere un entusiasta sostenitore del libero commercio globale”.

La Segretaria per il commercio internazionale Liz Truss ha invece sottolineato come l’adesione “creerà enormi opportunità per le imprese britanniche che semplicemente non erano presenti quando eravamo parte dell’UE e rafforzerà i nostri legami con alcuni dei mercati in più rapida crescita al mondo”.

Dubbi e critiche

Non sono, però, mancate le critiche da parte dell’opposizione: Emily Thornberry, Segretaria ombra per il commercio internazionale del Labour Party, ha evidenziato in particolare la mancanza di trasparenza da parte del governo nel richiedere di entrare a far parte del CPTPP. Il timore è quello che la mancanza di un serio dibattito pubblico porti a critiche dai cittadini britannici. Come chiedersi “perché attraversare cinque anni di divisione e rancore in questo Paese per aver lasciato un blocco commerciale con i nostri vicini più vicini (l’UE) solo per unirci a un altro dall’altra parte del mondo senza alcun dibattito pubblico?”.

La Thornberry ha accusato la Truss di non essere al momento in grado di offrire alcuna rassicurazione sul fatto che il Regno Unito, una volta unitosi al partenariato, avrà il diritto di porre il proprio veto su un’eventuale richiesta di adesione della Cina (che non pare così remota).

Una fonte governativa citata da Reuters ha respinto le accuse, garantendo che prima dell’inizio delle formali negoziazioni verrà pubblicato un documento sull’impatto economico del CPTPP sull’economia del Regno Unito e che parlamentari, cittadini e imprese verranno coinvolti.

Un investimento di lungo termine

Secondo diversi osservatori, i benefici che Londra otterrebbe nel breve periodo dall’entrare a far parte del partenariato sarebbero minimi. Specie se confrontati con quelli che aveva facendo parte dell’Unione Europea. Inoltre, molti sono i dubbi sull’avventatezza del gesto, considerandolo più politico che commerciale. Tuttavia, l’endgame britannico potrebbe essere un altro. Non vi è alcun dubbio che alcuni degli Stati partner del trattato abbiano alti potenziali di crescita nel futuro prossimo. Questo, come afferma il governo, porterebbe il Regno Unito “al centro di una rete moderna e progressista di accordi di libero scambio con nazioni dinamiche”. Inoltre, l’accordo allenterà le restrizioni sui servizi e sul commercio digitale, che corrisponde alle ambizioni di Londra.

La possibilità di riavvicinarsi agli USA

Ma la vera spinta alle ambizioni britanniche arriverebbe se anche gli Stati Uniti entrassero a far parte del CPTPP. C’è, infatti, la volontà nell’amministrazione Biden di tenere un approccio maggiormente multilaterale alle relazioni internazionali e rientrare negli accordi internazionali abbandonati dal governo Trump. Anche l’accordo di libero scambio trans-pacifico rientra tra i progetti multilaterali abbandonati dal tycoon newyorkese e Biden, quando interpellato sul caso, aveva affermato che il TPP (predecessore del CPTPP), per quanto perfettibile, rappresentava una seria opportunità di “unire i Paesi attorno a standard elevati per i lavoratori, l’ambiente, la proprietà intellettuale e la trasparenza e utilizzare il nostro peso collettivo per frenare gli eccessi della Cina”.

In conclusione

Entrare a far parte del CPTPP per il Regno Unito potrebbe rappresentare un’opportunità per raggiungere il tanto auspicato accordo commerciale con l’America. Diverse fonti dell’amministrazione Biden hanno, però, voluto sottolineare come il nuovo Presidente ha promesso di migliorare l’economia del proprio Paese prima di firmare nuovi accordi commerciali, quindi né un accordo tra Regno Unito e Stati Uniti né l’adesione al CPTPP sono considerati delle priorità.

L'autore: Francesco Giannelli