Mafia, pentito: “Berlusconi pedina di Dell’Utri, Alfano portato da Cosa Nostra”

Pubblicato il 17 Aprile 2015 alle 17:33 Autore: Alessandro Genovesi

Berlusconi, Alfano, Schifani, Dell’Utri. Mezza Forza Italia finisce nelle dichiarazioni del super pentito di mafia Carmelo D’Amico. Killer di Cosa Nostra originario di Barcellona Pozzo di Gotto, nel corso della sua “carriera mafiosa” D’Amico ha ucciso più di trenta persone. Davanti ai pm della Procura di Palermo, tra cui Nino Di Matteo, il collaboratore di giustizia, ritenuto altamente credibile (come sottolinea il Fatto Quotidiano), sviscera i rapporti tra la criminalità e politica.

“Angelino Alfano – ha spiegato D’Amico collegato in videoconferenza con l’aula bunker del carcere Ucciardone– è stato portato da Cosa nostra che lo ha prima votato ad Agrigento, ma anche dopo. Poi Alfano ha voltato le spalle ai boss facendo leggi come il 41 bis e sulla confisca dei beni”. L’attuale ministro degli Interni non è l’unico politico di razza ad essere tirato in ballo da D’Amico. Anche l’attuale capogruppo al Senato del Nuovo centrodestra, Renato Schifani, parrebbe in passato essere stato “vicino” alle cosche: “Cosa Nostra ha votato anche Schifani, poi hanno voltato le spalle, e la mafia non ha votato più Forza Italia”.

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I boss votavano Forza Italia

Già. Perché anche il partito di Silvio Berlusconi viene tirato in ballo più volte: tutto ruoterebbe attorno alla figura di Marcello Dell’Utri, gran capo di Publitalia ’80 e poi fautore della discesa in campo. “I boss votavano tutti Forza Italia, perché Berlusconi era una pedina di Dell’Utri, Riina, Provenzano e dei Servizi. Forza Italia è nata perché l’hanno voluta loro”.

Un feeling che però si sarebbe interrotto dopo qualche anno. “All’epoca i politici hanno fatto accordi con Cosa nostra, poi quando hanno visto che tutti i collaboratori di giustizia che sapevano non hanno parlato, si sono messi contro Cosa nostra, facendo leggi speciali, dicendo che volevano distruggere la mafia”.

Vogliono uccidere Di Matteo

“Era stabilito che il dottor Di Matteo doveva morire – ha aggiunto D’Amico – Rotolo (boss fedelissimo di Riina e Provenzano) mi ha raccontato che i servizi segreti volevano morto prima il dottor Antonio Ingroia, poi Di Matteo. E siccome Provenzano non voleva più le bombe, dovevamo morire con un agguato. A volere la morte di Di Matteo erano sia Cosa Nostra che i Servizi perché stava arrivando a svelare i rapporti dei Servizi come fece a suo tempo il dottor Giovanni Falcone”.

L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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