Pensioni, Boeri: per i trentenni di oggi pensioni più basse, serve un reddito minimo

Pubblicato il 1 Dicembre 2015 alle 19:22 Autore: Giacomo Salvini
riforma delle pensioni, tito boeri nel corso di un suo intervento durante un convegno

Nel 2050 “ipotizzando un tasso di crescita del Pil dell’1%” molti dei trentenni di oggi “dovranno lavorare anche fino a 75 anni, per andare in pensione, e avranno prestazioni mediamente del 25% più basse”. A dirlo è Tito Boeri, presidente dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (Inps) da un anno esatto, durante il convegno ‘Pensioni e povertà oggi e domani‘ organizzato dall’Istituto nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica. E il tutto potrebbe essere amplificato in negativo se “la crescita dovesse essere minore”. A questo proposito Boeri ha invitato Governo e Parlamento ad “affrontare molto seriamente il problema di introdurre strumenti forti di contrasto alla povertà”, tesi già sostenuta a più riprese dal Presidente dell’Inps soprattutto per chi degli attuali trentenni “potrebbe perdere il lavoro sotto i 70 anni”. Una soluzione secondo Boeri potrebbe essere quella del “reddito minimo” già inserito all’interno di un disegno di legge presentato dall’Inps lo scorso 5 novembre.

riforma delle pensioni, tito boeri nel corso di un suo intervento durante un convegno

Pensioni più basse del 25%

Secondo le simulazioni dell’Inps, svolte su 5.000 lavoratori nati nel 1980, chi oggi ha trentacinque anni nel 2050 potrà riscuotere una pensione mediamente pari a 1.593 euro, cioè 110 euro in meno rispetto alla media dei settantenni di oggi (classe 1945) che è di 1.703 euro. L’importo complessivo, sempre secondo le proiezioni Inps, sarà quindi del 25% inferiore. Inoltre, ha sottolineato lo stesso Boeri, “bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati percepiti”. E quindi i pensionati di oggi, riscuotendo l’assegno da più tempo rispetto a chi lo farà in futuro, possono contare su un “importo medio contabile” di 2.106 euro.

Reddito minimo per gli over 55

“Con le regole del contributivo – aggiunge Boeri – le persone che non raggiungono un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile rischiano di non avere alcun reddito. Si apre perciò il tema di una assistenza di base che protegga queste persone contro il rischio povertà. E’ un problema molto serio che riguarda i giovani”. Nei 16 articoli del disegno di legge che Boeri ha proposto al governo Renzi in estate rientra anche il “reddito minimo” di 500 euro per gli over 55 a partire dal 2018, con un assegno di 400 euro nel 2016 e nel 2017. Il governo ha risposto picche decidendo di rinviare la questione pensioni al 2016 senza intervenire nella Legge di Stabilità.

Ocse: Italia al 2° posto per spesa previdenziale

A sostegno dell’allarmismo di lunga data di Boeri – che molti all’interno dell’esecutivo ritengono esagerato o addirittura ingiustificato – sono arrivati in giornata i dati dell’Ocse che in un report dal titolo “Pensions at a glance 2015” fa un quadro tutt’altro che rassicurante del nostro sistema previdenziale. L’Italia risulta seconda (dopo la Grecia) nell’area Ocse per spesa pubblica in materia di pensioni (15,7% del Pil) con un livello quasi doppio rispetto alla media (8,4%). Il gradino più alto, invece, il Belpaese lo conquista riguardo all’aliquota contributiva più alta sul lavoro dipendente (33%). L’assegno pensionistico è pari al 79,7% del salario medio, contro una media Ocse del 63%.

Sulla stessa scia del Presidente dell’Inps l’Organizzazione per lo Sviluppo Economico mostra preoccupazione riguardo alla disoccupazione giovanile che riguarda circa un ragazzo italiano su quattro: “tempo via dal lavoro significa tempo via dal sistema pensionistico – si legge nel rapporto – sebbene molti Paesi forniscano contributi figurativi durante periodi di disoccupazione, maternità o assenza per malattia, in futuro i trattamenti pensionistici saranno più bassi per molti lavoratori e per i più sfortunati tra i pensionati di domani, ovvero quei giovani che non riescono a entrare nel mercato del lavoro, le prospettive sono ancora più fosche”. Qualche barlume di speranza però secondo l’organizzazione parigina potrebbe arrivare dal jobs act che quantomeno “dovrebbe garantire una maggiore stabilità alle carriere lavorative” eliminando tutte le forme di contratto precario.

Quindi, conclude l’Ocse, nonostante le riforme degli ultimi anni “la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico richiede ulteriori sforzi negli anni a venire”.

E dire che proprio due giorni fa il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva provato a smorzare i toni: “Il nostro sistema pensionistico è molto solido. Si può migliorare e io sono aperto a ogni discussione. Ma stiamo attenti a non indebolirlo anche perché il nostro debito pubblico, come ci ricordano ogni cinque minuti, è molto elevato”.

Giacomo Salvini

Twitter @salvini_giacomo

L'autore: Giacomo Salvini

Studente di Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze. 20 anni, nato a Livorno. Mi occupo di politica e tutto ciò che ci gira intorno. Collaboro con Termometro Politico dal 2013. Su Twitter @salvini_giacomo
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