Russia abbattimento aereo Turchia: Putin non riesce a darsi pace

Pubblicato il 2 Dicembre 2015 alle 14:13 Autore: Redazione
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Russia abbattimento aereo Turchia: questa settimana Vladimir Putin è in visita a Parigi per il Forum climatico COP21, ma sicuramente, al primo posto della sua agenda non ci saranno le questioni ambientali: probabilmente l’unica proposta russa per la produzione dell’energia elettrica sarà d’utilizzare il gas invece che il carbone. Il presidente russo durante il forum elencherà delle promesse per la riduzione delle emissioni del suo paese; anche se, come per i suoi precedenti impegni, basti ricordare quello preso nel recente GECF a Teheran – passare dall’attuale produzione di gas di 578 miliardi di metri cubi a 885 miliardi entro il 2035 – difficilmente verrà ritenuto credibile.

L’importante per il leader russo è essere presente nei corridoi del vertice e poter essere visto assieme agli altri diplomatici – come è avvenuto il mese scorso, in occasione del vertice del G20 a Antalya, in Turchia – in particolare, dovrà avere una significativa copertura mediatica il suo appuntamento di 30 minuti con il presidente americano Barack Obama. Quest’attività di marketing è di fondamentale importanza per lui: il recente abbattimento del bombardiere russo da parte di un caccia turco, viene visto come un colpo diretto al suo prestigio ma, anche se Putin è furioso per l’insulto, resta tuttora alla ricerca di un’adeguata risposta.

Russia abbattimento aereo Turchia: alzare la posta?

Il Cremlino, nella notte di sabato, ha emesso varie sanzioni economiche contro la Turchia, ma il loro impatto immediato sarà inevitabilmente più doloroso per la sua turbata economia, che soffre di una grave inflazione (si sta avvicinando al 20% l’anno), piuttosto che per Ankara. Nel frattempo, la cancellazione del regime senza visti con la Turchia, simbolicamente sembra una decisione piuttosto debole, in termini pratici invece lancia un ennesimo colpo al depresso business del turismo russo. Putin, ha definito l’abbattimento del jet russo Su-24 da un F-16 turco, come una “pugnalata alla schiena”, e mentre Ankara ha ricambiato gli avvertimenti sostenendo che Mosca “gioca con il fuoco”, il governo turco ha anche dimostrato una certa disponibilità a disinnescare la retorica.

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Il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, mostrando durezza, sta cercando di ottenere i massimi dividendi politici in casa mentre, confermando una disponibilità ad incontrare Putin a Parigi, si presenta come un leader ragionevole ai suoi alleati del Trattato del Nord Atlantico (NATO). Il nocciolo della questione è che il litigio con la Russia nella guerra siriana è servito perfettamente a coronare le ambizioni di Erdogan: dimostrare il ruolo chiave turco nella complessa lotta contro lo Stato islamico (IS) e contro il regime di Bashar al-Assad.

Il ruolo russo, d’altro canto, che due settimane fa era apparso così centrale, ora è stato compromesso, e Putin è apparentemente alla ricerca di una risposta militare a questa sfida. Finora, questo atteggiamento ha incluso l’ordine di spostare l’incrociatore Moskva vicino a Latakia, rafforzare il reggimento aereo con ulteriori dieci o dodici jet, Su-27, e Su-30, per accompagnare i bombardieri russi in missione, e inviare il più moderno sistema missilistico terra-aria S-400 alla base aerea Hmeimym. Presumibilmente, il Cremlino è consapevole che qualsiasi mossa aggressiva diretta contro la Turchia potrebbe significare un confronto diretto con la NATO, la quale, pur se estremamente riluttante a combattere con la Russia, non potrebbe lasciare da sola la Turchia in caso di un conflitto caldo. Putin, da parte sua, non può prendere un tale rischio, ma per attenuare la tensione ha delegato le prossime mosse ai piloti dei caccia e agli inesperti operatori del sistema S-400, suggerendo loro che, lungo il serpeggiante e invisibile confine, potrebbero ancora incontrare qualche F-16 turco.

Un altro incidente nei cieli è quindi altamente probabile, ma ci sono anche altri rischi dietro l’intervento russo. L’aumento delle tensioni potrebbe costringere Ankara, in caso di una minaccia militare, a vietare alla marina russa il Bosforo e i Dardanelli, come consentito dalla Convenzione di Montreux del 1936, quindi in definitiva isolare via mare Latakia. E, mentre gli attacchi aerei russi ai villaggi turkmeni in Siria irritano la Turchia, il completo disprezzo di Mosca per le vittime civili, genera indignazione tra i molti gruppi ribelli siriani, trasformando sia la base russa in Siria che i convogli da e per Tartus in prioritari obiettivi terroristici.

Allo stesso tempo, gli arrivi di altri aerei nell’affollata e mal preparata base di Hmeimym, potrebbero influenzare negativamente i programmi di manutenzione rendendo inevitabili i guasti tecnici, soprattutto, alla luce del triste record di “incidenti” di quest’anno delle forze aeree e dell’aviazione civile russa. La scorsa settimana, un elicottero Mi-8 è precipitato a Krasnoyarsk Krai, con la conseguente perdita di dieci vite. Un qualsiasi incidente o battuta d’arresto potrebbe provocare nell’agitato e ossessivo-compulsivo Cremlino, una reazione del tutto sproporzionata. Putin, mentre dimostra durezza e alza il volume della macchina della propaganda contro la Turchia, toglie l’attenzione pubblica dai gravi problemi domestici, recentemente esemplificati dall’inaspettato, ma determinato, movimento di protesta dei camionisti russi. Quello che era iniziato come un attacco contro una nuova tassa di circolazione si è evoluto in un’indignazione di massa contro la corruzione: il governo non ha idea di come gestire il problema. Le autorità, giustificando la necessità di misure repressive all’interno del paese, hanno cercato di rispondere suggerendo che qualsiasi manifestazione di malcontento domestico stesse operando in collusione con il “nemico esterno”.

Putin è totalmente indifferente al danno che le sanzioni contro la Turchia arrecheranno a migliaia di piccole aziende russe, mentre i suoi vertici, usando come principale strumento politico l’applicazione del potere militare, si sentono “liberati” dalle preoccupazioni economiche. La roboante retorica e la mobilitazione sciovinista non possono offuscare per molto tempo le lacune di questo corso, considerando anche che, i partner chiave come la Cina, e i principali antagonisti come l’Europa e gli Stati Uniti stanno mettendo in risalto il declino economico turco e russo.

Le altre nazioni, anche se vivono sempre nella speranza che Mosca prenda in esame almeno i rischi riguardanti la sicurezza, potrebbero comunque rimanere perplesse dall’inadeguatezza della risposta di Putin che, mentre cerca dei punti politici contro l’impenitente Ergodan, tralascia i propri interessi economici. Tuttavia ancora una volta, Putin non ha altra scelta che quella di alzare la posta con un nuovo “pasticcio”, e stavolta ci vorrà un grande sforzo collettivo per controllare questo “rischio calcolato”.

Gabrielis Bedris

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