Social Media Africa: il continente con il bavaglio

Pubblicato il 9 Dicembre 2015 alle 14:21 Autore: Guglielmo Sano
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Social Media Africa: all’esame dei rami del parlamento nigeriano un controverso disegno di legge che punisce ogni dichiarazione mendace resa su organi di stampa ma anche per mezzo di social e applicazioni di messaggistica istantanea. La proposta del deputato Ibn Na’Allah ha scatenato l’ira dei blogger e delle associazioni per la libertà d’espressione nazionali che hanno lanciato la campagna #NotoSocialMediaBill su Twitter. Tuttavia, ci sono poche possibilità che il “bavaglio” venga infine approvato (almeno nella sua forma attuale), d’altronde, anche il Presidente Buhari ha manifestato la sua contrarietà a ogni proposta che va nella direzione opposta a quella indicata dalla costituzione del paese. Quest’ultima vicenda, però, si inserisce nel più ampio contesto dei tentativi di censura della rete riscontrabile nella maggior parte dei paesi dell’Africa Sub Sahariana. La tendenza all’irrigidimento della legislazione che regola il web, tuttora, si muove insieme al sempre più importante ruolo dei social network nella lotta alla corruzione.

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Grafica sulla libertà di internet elaborata da Freedom House

Social Media Africa: il continente con il bavaglio

Molto probabile che le norme più repressive per quanto riguarda l’uso di internet siano quelle dell’Etiopia. Risale al 2005 la stretta del partito di governo sul web, giusto in coincidenza con una tornata elettorale che vedeva le opposizioni in grado di lanciare un’inedita sfida al Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF). Da quel momento, le autorità etiopi, attraverso un mix di “filtraggio” e “sorveglianza” dei contenuti virtuali, hanno continuato a limitare il dissenso anche attraverso dei provvedimenti anti-terrorismo.

D’altra parte, i legislatori etiopi si sono basati sull’esempio dello Zimbabwe che, già nel 2000, aveva una legge che permetteva al governo di monitorare le comunicazioni di posta elettronica, oltre a obbligare i fornitori di servizi internet a comunicare tutti i dati degli utenti su richiesta delle autorità. Sulla stessa linea, nel 2007, l’Uganda si è dotata di un dispositivo che permette allo Stato di intercettare le comunicazioni virtuali senza dover chiedere l’autorizzazione alla magistratura.

Nel 2013, il 13% degli africani aveva accesso ad Internet, invece, erano 67 milioni gli abitanti del continente in possesso di uno smartphone. Da allora, il loro numero sembra essere decisamente aumentato: il sempre maggiore accesso della popolazione africana alla tecnologia comunicativa sta profondamente modificando l’aspetto della società e minaccia da vicino le forze che dominano il panorama politico. Secondo i dati di Trasparency International il 58% degli africani ritiene che la corruzione sia aumentata nel proprio paese nell’ultimo anno, gli abitanti di 18 dei 28 paesi coinvolti dall’indagine pensano che il proprio governo non stia facendo abbastanza nel contrasto del fenomeno. Da leggere in parallelo a questa statistica, il dato che emerge dal rapporto Freedom on the Net 2015 della Freedom House: solo due paesi africani non hanno messo bavagli alla rete.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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