Salva Banche e risparmio: il salvadanaio italiano tra l’incudine e il martello

Pubblicato il 14 Dicembre 2015 alle 13:51 Autore: Riccardo Piazza
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Salva Banche e risparmio: il salvadanaio italiano tra l’incudine e il martello

La recente questione del salvataggio dei quattro istituti di credito sull’orlo del fallimento ha generato non poche ombre diffuse sul mondo del risparmio italiano. Ha innanzitutto mostrato una preoccupante confusione normativo-legislativa della macchina organizzativa inerente la tutela e il controllo del credito, Consob, Bankitalia e Governo da un lato, Commissione europea dall’altro. Ha inoltre palesato una significativa mancanza di cultura finanziaria di base da parte del tessuto sociale italiano per ciò che riguarda l’investimento, la scelta del titolo e l’acquisizione degli strumenti utili per il mantenimento e la salute del proprio capitale privato.

Tralasciando per un momento il caso estremo del suicidio di Civitavecchia su cui, si spera, le autorità competenti faranno presto luce prendendo i dovuti provvedimenti, i clienti coinvolti nel crack del recente monte titoli obbligazionario, secondo le stime diffuse dalla nuova struttura presieduta da Roberto Nicastro che gestisce le quattro banche rianimate con urgenza, Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti, sarebbero 12500. Il corrispettivo controvalore di tali posizioni si aggirerebbe intorno ai 430 milioni di euro di cui 27 milioni di insolvenze pesanti.

Il Governo italiano ha presentato, in allegato alla legge di Stabilità 2016, un articolato di legge straordinario che prevede l’allestimento di un fondo di solidarietà da 100 milioni di euro, foraggiato interamente dal sistema bancario, a parziale copertura dei clienti più colpiti. Corre l’obbligo di sottolineare che tale fondo coprirà soltanto il 30 per cento del consolidato perduto dai sottoscrittori di obbligazioni subordinate e che l’accesso a tale forziere sarà strettamente regolato da un arbitrato indipendente, il quale dovrebbe sostituire il ruolo fino ad oggi detenuto dalla Consob.

salva banche, pensionato si suicida

Salva banche: fondi pubblici e la questione degli aiuti di Stato

In passato, le maggiori crisi del sistema creditizio del Vecchio continente sono sempre state risolte, o quantomeno lenite, dal corposo utilizzo dei fondi pubblici europei di tutela del credito. In Italia, la corretta, puntuale e trasparente informazione sull’acquisto e la gestione di titoli azionari di un ente creditizio o di obbligazioni subordinate, ibride e ordinarie, da parte del cliente fiduciario, è regolata dalla Consob secondo i parametri della normativa europea Mifid (Direttiva sui servizi di investimento) approvata nel 2004 dal Parlamento europeo.

La Commissione europea vieta gli aiuti di Stato per il salvataggio degli istituti di credito in crisi di liquidità, quantomeno non li considera la medicina principale, deputando alla conversione forzata dei titoli detenuti dai creditori delle banche, parte dell’onere della ricapitalizzazione. Ad oggi, vi è un ordine di priorità da seguire. Nel caso di rischio default vengono chiamati in causa prima gli azionisti ordinari, seguono gli obbligazionisti subordinati, ibridi, dunque ordinari.

Non è tutto: grazie alle nuove norme che entreranno in vigore dal primo gennaio 2016, il cosiddetto bail in, gli investitori che decideranno di acquistare titoli dalla propria banca saranno ancor più responsabilizzati e gli aiuti di Stato definitivamente vietati, salvo casi eccezionali. Resteranno tuttavia tutelati i detentori di conti di deposito al di sotto dei 100 mila euro.

Alla luce di ciò, sarebbe forse il caso di regolamentare, tramite una riforma complessiva, il sistema del credito nazionale arguendo anche ad una implementazione sempre maggiore della cultura finanziaria e di investimento di base. Secondo il direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi, titoli ostici e dai rendimenti non a tutti i privati cittadini immediatamente comprensibili, come le obbligazioni subordinate, andrebbero fortemente depauperati: “È urgente che venga vietata la vendita, per legge, al pubblico, allo sportello, di prodotti come le obbligazioni subordinate”.

All’interno del comunicato stampa diramato dall’autorità di controllo delle quattro banche salvate dal tracollo finanziario, oltre agli ammalianti richiami alla clientela che sottolineano la buona ripresa odierna dei quattro istituti in questione, si fa riferimento ai circa 8000 clienti delle vecchie gestioni bancarie con un tasso di investimento in obbligazioni subordinate inferiore al 30 per cento dei capitali. Di queste, più della metà sarebbero detenute da soggetti con disponibilità di credito superiore ai 250 mila euro.

Riccardo Piazza

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
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