Elezioni Spagna 2015: Partito Popolare è primo ma non basta

Pubblicato il 21 Dicembre 2015 alle 10:49 Autore: Beniamino Valeriano
Elezioni Spagna, Mariano Rajoy, Partito Popolare, il leader del PP mentre batte le mani e dietro il simbolo del Partito Popolare

Risultati Elezioni Spagna 2015. Già con la pubblicazione dei primi exit poll si era intuito che la formazione di un nuovo governo spagnolo non sarebbe stata facile. Ieri i leader dei principali partiti politici gridavano alla vittoria; oggi è il tempo delle negoziazioni e degli accordi. Due parole praticamente sconosciute in una campagna elettorale dai toni accesi, a tratti violenti.

Elezioni Spagna: chi ha vinto?

Con il 28.72% dei voti, il Partido Popular (Pp) di Mariano Rajoy si conferma come prima forza politica del paese. Ma la sua è solo una vittoria di Pirro. Con 123 seggi conquistati, infatti, Rajoy non ha i numeri per formare un governo stabile ed è ben lontano dai 176 deputati necessari per avere la maggioranza assoluta. Vince, ma perde 58 deputati dalle scorse elezioni. Vince, ma è costretto a scendere a compromessi per governare. Il problema, però, è proprio capire con chi.

Anche il Psoe, guidato da Pedro Sánchez, perde consenso e conquista solo 90 seggi. Durante la campagna elettorale, d’altronde, il candidato socialista non ha saputo distinguersi ed è uscito sconfitto da tutti i dibattiti televisivi. Ha avuto la grande occasione di potersi confrontare con il premier uscente lo scorso lunedì, ma ha commesso l’errore di portare il dibattito sulla corruzione (certo non estranea al suo partito), perdendo così una grande opportunità.

Vittoria netta, invece, per Podemos. Le elezioni hanno confermato il partito di Pablo Igesias come terza forza politica del paese con ben 69 deputati. “La Spagna – ha dichiarato subito dopo i risultati definitivi – ha votato un cambio di sistema che implica una serie di richieste imprescindibili e inderogabili”. Sono tre i punti che Iglesias non è disposto a negoziare: una riforma costituzionale che ‹‹blindi›› i diritti sociali, una nuova riforma elettorale e la costatazione che la Spagna è un paese “plurinazionale”. “Siamo disponibili – ha continuato Iglesias – a dialogare con tutte quelle forze politiche disposte a cambiare questi tre punti”.

Infine, Ciudadanos ha conquistato 40 seggi, un ottimo risultato per una forza politica nuova. Il suo leader, Albert Rivera, ha fatto sapere che non è disposto a governare con Podemos, lanciando così un chiaro segnale a Rajoy.

Elezioni Spagna, Mariano Rajoy, Partito Popolare, foto dei leader dei 4 principali partiti spagnoli

Elezioni Spagna: alla ricerca di una coalizione per il Governo

Le elezioni del 20 dicembre non segnano la fine bipartitismo, ma la sua crisi più profonda. Sebbene il Pp e il Psoe abbiano subito una brutale perdita di voti, i principali partiti godono ancora di un vasto consenso e sono gli unici a poter pretendere la guida del nuovo governo. “Al Paese serve un governo stabile, – ha dichiarato Rajoy – cercherò di formare una coalizione”. Rajoy dà per scontata la nuova investitura, ma sa che da solo non può governare e strizza l’occhio a Rivera, l’unico papabile candidato. Ad ogni modo, con i 123 voti del Pp e i 40 di Ciudadanos, il nuovo governo non raggiungerebbe la maggioranza assoluta.

Un possibile accordo tra Psoe, Podemos e Izquierda unida, invece, porterebbe a un governo altrettanto instabile. I tre principali partiti di sinistra raggiungerebbero solo 161 seggi. In questo caso, si dovrebbe allargare la coalizione (o almeno avere l’appoggio) a Izquierda Republicana de Cataluña, il partito indipendentista Catalano, ma il leader del Psoe ha sempre sottolineato che l’unità nazionale non è in discussione. In ogni caso, alleandosi con il Psoe, Podemos  risulterebbe fortemente indebolito in caso di elezioni anticipate.

Una terza possibilità potrebbe essere un governo di larghe intese tra Pp e Psoe. Questa soluzione – che permetterebbe di escludere le nuove forze politiche dal governo – sembra una soluzione poco praticabile. Rajoy e Sánchez, dopo essersi combattuti senza tregua durante le elezioni, perderebbero ulteriormente credibilità, favorendo così la retorica anti-casta di Podemos e Ciudadanos.

In definitiva, è successo quello che tutti si aspettavano: siamo di fronte a un hung parliament, un parlamento “appeso”. I prossimi giorni saranno decisivi per le sorti del paese: ogni partito dovrà cedere qualcosa, sempre se è intenzionato a far partire un nuovo governo. In caso contrario, Felipe IV ha due mesi di tempo per decidere se tornare alle urne già a marzo.

 

 

L'autore: Beniamino Valeriano

Mi sono laureato in Lettere Moderne all'Università degli Studi di Siena. Ho passato un anno a Madrid, ma poi è iniziata la crisi. Tornato in patria, sono ripartito per il Cile e ho (finalmente) capito di voler vivere e lavorare in Italia. Al momento frequento il master della Business School del Sole24Ore in "Giornalismo economico-politico e informazione multimediale". Sono appassionato di geopolitica, America Latina e musica. Speaker per gioco. twitter: @BenValeriano
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