Guerra allo Stato Islamico: sarà la corruzione a distruggerlo?

Pubblicato il 21 Dicembre 2015 alle 17:24 Autore: Guglielmo Sano
guerra allo stato islamico

Guerra allo Stato Islamico: l’Isis è stato in grado di fare ciò che non era mai riuscito a nessuna organizzazione terroristica, impadronirsi di un territorio e cominciare a dettare legge e imporre tasse, proprio come una qualsiasi autorità statale. Nonostante abbia una quantità sorprendente di fonti di finanziamento, tali da rendere la sua economia auto-sufficiente, sembra che il tasso di corruzione di burocrati e soldati stia lentamente, ma inesorabilmente, erodendo  il Califfato dalla base.

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Guerra allo Stato Islamico: sarà la corruzione a distruggerlo?

A sollevare dei dubbi sulla tenuta dell’Is in questo senso, una recente inchiesta del Financial Times. In pratica, l’Isis sta pagando un vero e proprio “esercito fantasma” stando a quanto hanno appreso dal quotidiano britannico che ha raggiunto un ex ufficiale islamista. Omar, nome fittizio, ha testimoniato di come molti comandanti, pur potendo contare – mettiamo caso – su 150 uomini in servizio effettivo, richiedevano il pagamento di 250 stipendi. Le autorità “centrali”, una volta accortesi del magheggio, inviavano dei revisori. Questi ultimi, ha raccontato Omar, si accorgevano della truffa ma, invece di segnalare l’imbroglio, in molti casi si accordavano con i comandanti per “entrare nell’affare”. Secondo le stime, sarebbero circa 50mila gli stipendi pagati a soldati che non esistono.

Il FT, a tal proposito, segnala che in effetti la maggior parte dei burocrati di cui si avvale lo Stato Islamico proviene dagli apparati iracheni e siriani: hanno portato all’interno del Califfato sia lungaggini e scartoffie che malcostume (continuando, almeno per un anno dopo l’espansione dell’Is, a ricevere lo stipendio anche dagli stati per cui lavoravano). Tuttavia, l’Isis ha “intruppato” anche “vecchi arnesi” allontanati per negligenza persino dai porosi apparati di Baghdad e Damasco. Per esempio,  Abu Rasheed, altro nome fittizio, farmacista ospedaliero di Mayadeen, est della Siria, ha raccontato di essersi sorpreso quando, dopo la presa della città da parte degli jihadisti, vide confermare il suo diretto superiore precedentemente licenziato dai funzionari del governo di Assad: sotto l’Isis, ha ricominciato a usare un collaudato sistema di ricette “false”. Un membro di un servizio di intelligence occidentale, sentito dai reporter del giornale finanziario a patto di non veder scritto il suo nome nell’inchiesta, ha notato che più il Califfato si espande, più ha bisogno di burocrati e non ce ne sono molti altri a parte quelli che si sono “riciclati”.

Detto questo, sempre più lo Stato Islamico sta assumendo una forma “corrotta, autocratica”, tuttavia, per ragioni religiose ed etiche, l’Isis non va d’accordo con la corruzione e punisce gravemente chi viene scoperto a truffare: questo è uno dei motivi che convince gli abitanti dei territori controllati a tollerare il gruppo, ha analizzato l’agente segreto. La percezione dei residenti è che ci sia meno corruzione da quando l’Isis è al potere, forse in alcuni casi in qualche modo è vero: Abu Rasheed, però, riferisce un’altra storia. Al suo superiore, una volta scoperto, vennero rasati capelli e barba e gli venne imposto di seguire un corso di legge islamica, “per la loro legge avrebbero dovuto tagliargli una mano”.

Anche Omar ha qualcosa da aggiungere in proposito: è molto facile allungare una “mazzetta” ai miliziani perché chiudano un occhio sui vari generi di contrabbando che al momento si svolgono in Siria e in Iraq. Inoltre, riferisce l’ex comandante, a tutti i livelli esattoriali, è quasi prassi fare la cresta sulla “zakat” (letteralmente “purificazione” della propria ricchezza, uno dei 5 “pilastri” dell’Islam: consiste nel donare il 2,5% dei propri averi a chi persegue una “santa causa”), diventata, ormai, una vera e propria pratica di “estorsione” dalla quale l’Is, dati del centro di ricerca IHS risalenti a inizio dicembre, guadagna circa 80 milioni di dollari al mese.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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