La Cina spiegata in 5 mappe

Pubblicato il 8 Gennaio 2016 alle 15:32 Autore: Guglielmo Sano
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La Cina in 5 mappe: anche se la Repubblica Popolare Cinese viene considerata un’entità monolitica, in realtà, nasconde anime e sfaccettature molto distanti tra loro. Dopo il recente crollo delle borse asiatiche, nel quale ha giocato un ruolo non indifferente la svalutazione dello yuan nei confronti del dollaro allo 0,51% (il punto più basso toccato dalla valuta sin dal 2011), di certo non miglioreranno i rapporti tra Pechino e l’Occidente. La mossa è stata letta da più parti come il tentativo di rilanciare l’export – sicuramente il “colosso asiatico” sta tentando di evitare il tracollo (tra i vari provvedimenti annunciati è in particolar modo indicativo della situazione quello che proibisce ai grandi azionisti di vendere più dell’1% dei titoli di un’azienda nell’arco di 3 mesi, dando almeno 15 giorni di preavviso). Detto questo, è chiaro che ogni scelta economica cinese ha delle ripercussioni in politica estera come in politica interna. Ma se si sa molto delle relazioni di Pechino con l’estero, non uguale attenzione è rivolta alle vicende che si svolgono sul suo territorio. Insomma, sappiamo cosa è la Cina?

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La Cina in 5 mappe

La Cina che solitamente si vede nelle mappe è molto diversa da quella reale che, invece, è possibile dividere in quattro diverse “nazioni” se si guarda alla provenienza etno-linguistica dei rispettivi abitanti. Il gruppo principale è costituito dai cinesi Han, che occupano una considerevole parte di territorio circondato a sua volta da Tibet, Mongolia Interna, Xinjiang e Manciuria. Le prime tre sono riconosciute da Pechino come regioni autonome, la Manciuria è divisa in tre distretti. Bisogna precisare che la divisione non è granitica –  cioè ci sono cinesi Han che abitano in Mongolia Interna e cinesi mongoli che abitano nella Cina Han – ma, nelle 4 regioni sopra indicate, questo è il punto fondamentale, gli Han non sono l’etnia principale. La Cina Han, quella a cui di solito un occidentale si riferisce parlando della Cina in generale, che equivale a circa la metà del territorio del paese, è sempre impegnata a mantenere il controllo sulle altre regioni: al momento, Manciuria e Mongolia Interna sono abbastanza stabili, il Tibet relativamente tranquillo, mentre lo Xinjang (a maggioranza musulmana) mette spesso e volentieri in discussione la sovranità di Pechino.

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“15-inch Isohyet” è la linea che permette di tracciare su una mappa una porzione di territorio contraddistinto da un tasso di piogge che in media equivalgono a 15 pollici annui, che poi è la soglia necessaria per poter mantenere un’economia agricola. Nel caso della Cina, tale zona è coestesa alla Cina Han e, in parte, alla Manciuria. La forza del settore agricolo è uno dei capisaldi della dominazione Han sulle altre popolazioni cinesi.

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Se si guarda alla mappa del reddito totale per provincia appare chiaro che la parte più ricca del paese corrisponde a quella dove c’è una maggiore concentrazione di piogge, quindi alla parte abitata dall’etnia Han. D’altra parte, è altrettanto evidente una netta divisione all’interno della stessa Cina Han: le zone costiere sono nettamente più ricche di quelle interne. I dati sul reddito pro capite, però, aiutano fino a un certo punto a capire la realtà cinese, vanno meglio a tal proposito quelli sul reddito delle famiglie. La Cina è abitata da 1,4 miliardi di persone: secondo i dati della Banca Mondiale, 650 milioni vivono in famiglie dove si guadagnano meno 4 dollari al giorno, almeno la metà di questi vive in famiglie dove si guadagnano circa mille dollari all’anno. In pratica, la Cina è un paese povero coperto da una patina di prosperità.

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La Cina è delimitata a sud-est da una zona di jungla collinare che, soprattutto, gli Usa conoscono bene, a sud-ovest c’è l’Himalaya, a nord, invece, la Siberia. Questa particolare geografia permette di definirla una vera e propria “isola” dell’Eurasia: se si esclude la costa del Pacifico, infatti, la Cina non può praticamente essere invasa via terra, allo stesso modo è difficile pensare a delle operazioni di terra cinesi verso l’interno del continente. Comunque sia, le 4 regioni di cui si è precedentemente detto, forniscono una “zona cuscinetto” non indifferente per la protezione della Cina Han, per questo l’interesse strategico principale rimane quello di rafforzare l’unità territoriale. Inoltre, se si perdesse il controllo di queste regioni – per la particolare conformazione del territorio – si formerebbe un pericolosissimo “ring”, in cui ciascun contendente avrebbe “le spalle al muro”. Le ultime vicende economiche, hanno messo a dura prova la capacità della costa di spostare ricchezza verso l’interno: rilanciare le esportazioni fa parte di un progetto multi-generazionale per alzare i redditi delle zone senza sbocco sul mare (rendendole il “mercato” di quelle costiere). Se Pechino non avviasse questo processo il prima possibile, la probabilità di vedere esplodere le conflittualità suddette aumenterebbe vertiginosamente, con relativa messa in discussione dell’attuale status quo.

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A questa strategia interna corrisponde il forte interesse cinese ad ampliare il suo raggio di azione commerciale via mare. Il problema è che sia il Mar Cinese Orientale sia quello Meridionale sono circondati da stretti passaggi vicini a Giappone e Singapore: tali passaggi sono, allo stato dei fatti, sotto il controllo della marina americana. L’unica possibilità per Pechino è quella di rafforzare la propria marina, scoraggiando eventuali blocchi statunitensi. Tuttavia, questo progetto – oltre a essere incredibilmente costoso – si andrebbe a scontrare con la scarsa tradizione marittima del paese: puoi avere una portaerei ma devi anche avere un ammiraglio in grado di muoverla in uno scenario di guerra. D’altra parte, le manovre nel Mar Cinese Meridionale testimoniano come i vertici cinesi stiano provando ad affermare la propria capacità navale senza innescare una risposta a stelle e strisce.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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