Quella satira senza volto che sbeffeggia l’ingenuità della Rete

Pubblicato il 18 Gennaio 2016 alle 17:05
Aggiornato il: 20 Gennaio 2016 alle 13:04
Autore: Redazione
satira, Vergogna Finiamola Fate Girare

Quella satira senza volto che sbeffeggia l’ingenuità della Rete

I dati parlano chiaro. Secondo l’Osservatorio sui Social Media Vincos Blog, sarebbero 28 milioni al momento gli account facebook attivi in Italia, ridimensionabili a 25 se si tiene conto di doppi profili, account fake e similari. Tra questi, ben 16 milioni di utenti “always-on”, cioè connessi quotidianamente anche su supporti di tipo mobile, quali tablet e cellulari. Più contenuta, ma comunque rilevante, la quota di iscritti a Twitter, che sfiora i 5 milioni.

Conseguentemente, la rapidissima diffusione delle tecnologie digitali nell’ultimo quindicennio ha fatto sì che anche lo scontro politico possa oggi esprimersi e svilupparsi costantemente attraverso gli strumenti del web. D’altra parte, poter contare su un bacino di utenza così trasversale e immediato rappresenta un’occasione troppo ghiotta per non poterne approfittare. Emergono, dunque, una serie di figure semiprofessionali che – per vocazione o per mestiere – studiano gli umori della Rete, cercando di veicolarli e di alterarne le tendenze. E se opinion leaders e influencer vari costituiscono la manifestazione più visibile del fenomeno, non manca chi agisce nell’ombra e nel totale anonimato.

Sono gli “admin” che gestiscono alcuni siti, blog o pagine facebook ben poco credibili, seguiti da decine di migliaia di utenti, quasi sempre incentrati sull’attualità e sulla polemica politica. Vagando per la Rete, è possibile individuare numerosi esempi in tal senso, riconoscibili piuttosto facilmente da una serie di elementi comuni: enormi titoli sensazionalistici, grafiche da principianti, richiami al complottismo, terminologia volutamente aggressiva, uso spasmodico di maisucole, sintassi tutt’altro che esemplare. Immancabile corollario è poi il riferimento a imminenti imbavagliamenti che da un momento all’altro potrebbero colpire i post, da cui la preghiera a condividere e a far girare, “prima che censurino”.

Carta dei Diritti di Internet

Siamo in presenza, dunque, di una forma di pericolosa destabilizzazione psicologica che miete inconsapevoli vittime, e lo fa trasversalmente, tanto a destra quanto a sinistra, grazie al dilagante cyber-utopismo,  vale a dire una fiducia estrema ed incondizionata verso le potenzialità di Internet, considerato come una sorta di nuova frontiera dell’uguaglianza, fucina di verità incontrovertibili. “Una fiducia ingenua nel potenziale liberatorio della comunicazione online, che si basa sul rifiuto ostinato di riconoscerne gli aspetti negativi”, come ha scritto Evgeny Morozov, giovane studioso dei media bielorusso, in un suo saggio del 2011 emblematicamente intitolato “The Net Delusion. The Dark Side of Internet Freedom”.

Satira e pagine social

E degli aspetti negativi dai quali Morozov mette in guardia Internet è pieno, altroché. Uno di questi è proprio la facile appetibilità di certe notizie, fuorvianti e incomplete, prive di riscontro e costruite ad hoc dai suddetti siti di (dis)informazione al fine di cavalcare demagogicamente il malcontento dilagante. Si tratta di una pratica che, non a caso, trova terreno fertile soprattutto fra le fasce più deboli della popolazione digitale, nella maggior parte dei casi scarsamente istruite e, per abitudine, non certo inclini a verificare l’attendibilità delle notizie. D’altra parte, è quanto volle far intendere anche Umberto Eco con quella dichiarazione (“I social media danno diritto di parola a milioni di imbecilli”) che lo scorso giugno scatenò una pluralità di polemiche e dibattiti all’interno della comunità internettiana. Quest’ultima, però, è popolata – grazie a Dio – non solo da imbecilli. Tutt’altro che tali sono sicuramente i creatori della pagina satirica “Vergogna Finiamola Fate Girare”, nata probabilmente per spirito goliardico e diventata in pochi giorni un fenomeno virale.

L’account facebook è specializzato nel pubblicare fotografie di personaggi famosi, spacciandoli per stranieri criminali o malintenzionati che vogliono attentare all’italianità, il tutto condito dal solito linguaggio allarmista e volutamente sgrammaticato. Ed ecco che il ministro Angelino Alfano si trasforma Malak Al-Saghir Al-Fan, ex capo della polizia di Gheddafi rifugiato in Italia, mentre una foto in abito elegante dell’attore Morgan Freeman (per l’occasione ribattezzato “Mbutu Dugongo”) diventa l’occasione per urlare allo scandalo nei confronti dello Stato italiano, che gli garantisce quei 95,48 € giornalieri grazie ai quali può sfoggiare vestiti d’alta moda. Non può mancare, poi, il confronto tra il povero italiano Angelo Rossi (che non può permettersi neppure il barbiere) e l’immigrato Ali Abdul (al quale Laura Boldrini va a tagliare i baffi con l’aereo di Stato). In entrambi i casi, però, si tratta di Saddam Hussein, ritratto prima nell’aspetto trasandato in cui destava dopo la sua cattura (qui associato al Rossi) e poi in una classica fotografia ufficiale risalente agli anni del regime (qui diventa Abdul). E così, ogni giorno questi anonimi ragazzi giocano a capovolgere identità ironizzando sul “Becero populismo dei link di FB”, come titola un’altra pagina satirica facebookiana.

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Il post “incriminato”, in cui Gasparri non ha riconosciuto Jim Morrison

La svolta vera è arrivata quando un seguace della pagina “Vergogna Finiamola Fate Girare” ha messo alla prova il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, postandogli su twitter un’immagine del cantante Jim Morrison volutamente scambiato per Goran Hadzic, un fantomatico rapinatore seriale che terrorizza il Nord-Est ma viene puntualmente rilasciato dal solito Stato corrotto e incapace. Gasparri, molto attivo su twitter, ha risposto con un laconico “Che vergogna!”. Tanto è bastato per scatenare l’ironia del web, facendo rimbalzare la notizia anche sui siti dei giornali. Così, “Vergogna Finiamola Fate Girare” ha visto in poche ore crescere a dismisura i propri affiliati, che ormai ammontano a oltre 48mila. L’incremento dell’utenza comporta, ovviamente, anche la crescita di fruitori potenziali della stessa, grazie allo strumento della condivisione di post. Ne deriva, pertanto, la paradossale conseguenza che i meno informati, non riconoscendo alcuni soggetti in questione, arrivano a prendere sul serio i link, condividendo bufale convinti della loro veridicità. Senza contare gli utenti che invece, ignari del carattere ironico della pagina, si precipitano a rassicurare gli altri che quello nella foto è Roger Waters dei Pink Floyd, e non lo sfortunato muratore Ruggiero Bagni, licenziato dalla ditta di demolizioni (godibilissimo l’espediente della storpiatura del nome e il riferimento a “The Wall”) e abbandonato dallo Stato.

È così che il crescente spirito critico stante alla base di quella che il politologo francese Pierre Rosanvallon chiama “controdemocrazia” fa sì che l’attività di sorveglianza posta in essere dal “cittadino monitorante”  possa esprimersi anche attraverso una chiave satirica. A conferma, pertanto, di uno dei vantaggi indiscussi della democrazia digitale, quello cioè che anche una pagina facebook può diventare oggetto di indagine sociologica.

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